Roma: nel canile della Marino i cani non costano ma il sistema sì

L’Assessore Estella Marino aveva promesso molto, sui rifiuti e la raccolta differenziata fino al benessere degli animali

L’Assessore Estella Marino, aveva promesso tuoni e fulmini. A partire dai rifiuti e dalla raccolta differenziata fino al verde e al benessere degli animali. C’era tutto da riordinare e riordino sarebbe stato, senza se e senza ma. Poi sono arrivati – come poteva essere diversamente? – i problemi veri, cioè quelli della gestione concreta della città e sono iniziati i “se”, i “ma”, i “forse” e i “vedremo”. Ci si aspettava molto da una donna che, preceduta dall’altisonante titolo di Ingegnere Ambientale, avrebbe potuto aggiungere esperienza e conoscenza tecnica al suo ruolo politico di amministratore dell’ambiente. Invece i promessi tuoni e fulmini si sono rapidamente ridotti a petardi bagnati. Un bagno che è diventato diluvio quando si è scoperta la “Mafia Capitale” che si è portata via, stavolta davvero senza discutere, i funzionari del suo Dipartimento che riempivano le intercapedini di casa di banconote.

Estella Marino, chiariamolo subito, finora è risultata estranea alle vicende dei mafiosi romani, ma così non è stato per il direttore, che la Marino aveva fortemente voluto a capo del Dipartimento ambiente, arrestato per i suoi sospetti rapporti con Buzzi. L’unico successo di Ignazio ed Estella Marino, è stata la chiusura di Malagrotta, annunciata da tempo e finalmente attuata con il concorso determinante del Governatore della Regione Zingaretti. Per il resto i rifiuti assediano tutta la città, compreso quel Centro Storico che dovrebbe essere il biglietto da visita della Capitale; l’inquinamento non si riduce; i parchi e le ville storiche stanno come tutti sappiamo, per non parlare del verde cittadino, abbandonato da mesi all’incuria totale. Certo, si sono dovuti rivedere tutti gli appalti in corso per verificare che non fossero infiltrati dalla mafietta romana, ma anche prima dell’esplosione dello scandalo la situazione del verde romano era disastrosa.

Ora arriva il problema del Canile Comunale e delle condizioni del randagismo a Roma. Il canile, a detta di molti, è eccessivamente costoso, mentre il randagismo è un fenomeno del tutto ignorato, alla faccia delle leggi che vorrebbero interventi di prevenzione. In assessorato addirittura confondono il problema con la soluzione, sostenendo che il randagismo non esista più, semplicemente perché al canile della Muratella le porte sono chiuse da anni all’accoglienza dei randagi. Evidentemente quelli dell’assessorato, chiusi nel loro ufficio non vedono la realtà di questa città. La realtà è che il canile comunale è semplicemente chiuso ai cittadini e se qualcuno, per sua sfortuna, dovesse imbattersi in un povero randagio abbandonato o smarrito, potrebbe solo decidere se tenerselo o abbandonarlo al suo destino. Al canile della Muratella, infatti, i cani entrano solo se sono feriti a seguito di incidenti o se addentano qualcuno.

Ma cos’è che costa così tanto ai cittadini romani, i poveri cani del canile o il sistema di gestione? Abbiamo provato a indagare ed ecco cosa abbiamo scoperto. La “rete” del canile comunale è composta dal canile della Muratella, dall’ex Cinodromo di Ponte Marconi, trasformato in canile ma non idoneo a termini di legge – con i suoi loculi di cemento, adatti solo a ospitare i levrieri per il tempo di una gara – ed il canile del Poverello, una struttura che avrebbe dovuto essere chiusa da tempo perché, oltre a contrastare con la normativa, ricade nell’area di esondazione del Tevere, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Il Canile della Muratella (voluto da Monica Cirinnà e costato 15 miliardi di lire nel 2002) svolge anche la funzione di canile sanitario, affidato al Servizio Veterinario ASL. Peccato che il costoso canile di Roma non disponga del presidio per le quarantene, quindi se arriva un animale malato si rischia la diffusione del virus in tutta la struttura.

La Muratella, prevista per circa 250 cani è arrivata ad ospitarne, nella fase iniziale, fino a 1000. La gestione del Canile venne affidata sin dall’inizio a un’associazione che percepisce da oltre 10 anni più di 4,8 milioni di euro per l’alimentazione dei cani, la pulizia del canile e la somministrazione delle terapie di cura, oltre a qualche servizio accessorio. Una somma che, se forse appariva giustificata quando i cani erano 1000, con un costo al giorno di circa 13 euro a cane, lo è molto meno oggi che i cani, data l’interruzione del servizio del canile, si sono ridotti a circa 600 e ogni cane costa quindi quasi il doppio. O anche più, dato che a questa somma va aggiunto almeno un altro milione di euro per le cure di base, la manutenzione, le utenze, le visite specialistiche e i ricoveri nelle Cliniche veterinarie esterne convenzionate… Tutte spese che sostiene direttamente il Comune di Roma.

Volete un’altra chicca? Il Canile comunale non ha impianto di smaltimento delle deiezioni, che quindi vanno raccolte a mano e trasferite in discarica a cura di AMA. Un altro costo per le tasche dei contribuenti romani. Tutte spese extra che si aggiungono ai 4.800.000 euro della convenzione con AVCPP che viene rinnovata continuamente in attesa di un bando di gara che non arriva mai. E così ogni cane ci viene a costare almeno 25 euro al giorno. Un costo che fa scandalizzare molti soprattutto perché nei Comuni della Provincia di Roma, per lo stesso servizio e spesso con condizioni migliori per i cani, non si va oltre i 7 euro al giorno. Per non parlare delle strutture private e di quelle delle associazioni di volontariato convenzionate con il Comune di Roma, che per gli stessi servizi percepiscono appena 4,3 euro a cane.

Ma come mai questa differenza tra 4,3 euro e 25 euro all’interno dello stesso Comune? Semplice: nella “rete” dei canili comunali di Roma sono impiegate circa 100 persone alle quali, come direbbero i sindacati, va garantito il lavoro. Va bene, ma allora facciamoli lavorare davvero, dicono i critici di questo sistema, che segnalano che al canile del Poverello sarebbero addirittura impiegati 13 operatori per soli 40 cani! Se fosse davvero così saremmo davanti a una situazione abnorme. Si vocifera addirittura che i sindacati, insieme a qualche parlamentare romano, che da anni avrebbe rapporti privilegiati – ovviamente elettorali – con i gestori della Muratella, farebbero muro per impedire che si modifichi questa situazione che, senza alcun vantaggio per i poveri animali, grava enormemente sulle tasche dei cittadini romani. Ma forse sono solo le voci maligne di chi vuole vedere regìe occulte dietro ogni problema.

Fatto sta che nulla giustifica un costo che, a parità di condizioni, è almeno 5 volte superiore a quello che si ottiene con una gara pubblica. Le malelingue, che credono all’adagio andreottiano che “a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina…” hanno indotto qualche magistrato contabile ad interrogarsi sulla gestione del canile comunale. Ma pare che anche la Magistratura penale si stia facendo domande, alle quali potrebbe essere complicato dare risposte credibili…
 

Lascia un commento