Cronaca

Roma. Rifiuta il burqa, 14enne picchiata dai familiari finisce in ospedale con trauma cranico

E’ stata maltrattata, vessata per mesi dai componenti della famiglia: ogni giorno insulti, minacce e botte, perché non voleva accettare l’idea di indossare il burqa. Finché, sfinita nell’anima e nel corpo, con i segni delle violenze subite sul viso, decide di andare a denunciare tutto alla caserma dei Carabinieri. E’ la terribile vicenda accaduta a una ragazza 14enne del Bangladesh che vive con la sua famiglia ad Ostia. La minore accusa la madre e il fratello di averla picchiata diverse volte.

Souad Sbai si costituirà parte civile nel processo contro i familiari della 14enne

“Sona, il nome è di fantasia per proteggere la privacy della minorenne, si rifiutava di indossare il burqa perché, come tutte le adolescenti della sua età, si compiaceva del suo bel visino di giovane donna e mortificarlo con un tetro velo nero non lo trovava né logico né accettabile. E voleva innamorarsi di un ragazzo come lei, non di un uomo molto più grande di età che nemmeno conosceva e che la avrebbe trattata come un oggetto senza valore.

Per questi motivi, per la sua ostinazione a vivere una vita normale è stata vessata, insultata, malmenata dai suoi familiari per mesi, forse addirittura anni, fino a ieri pomeriggio, quando la furia, ancor più violenta del solito, del fratello maggiore l’ha fatta arrivare all’ospedale Grassi di Ostia con un trauma cranico a seguito delle percosse ricevute”.

Lo afferma Souad Sbai, responsabile nazionale Dipartimento Lega per l’Integrazione e l’Immigrazione, che si presenterà parte civile nel processo che ora la magistratura avvierà nei confronti dei familiari della ragazza.

Sbai si definisce “paladina dei diritti delle donne straniere che subiscono violenze e abusi, infatti, come presidente dell’Associazione Donne Marocchine in Italia, sono anni che si batte contro i fanatismi islamici e ha già salvato numerose persone da maltrattamenti e lesioni personali.

La Lega in Senato sta elaborando una proposta di legge apposita contro i matrimoni imposti dalle famiglie di origine alle proprie figlie, spesso poco più che bambine. Occorrono centri di accoglienza adeguati a garantire l’incolumità e la ripresa psicologica delle vittime e, soprattutto, voglio che le straniere abbiano il duplicato dei loro documenti.

Questo passaggio è fondamentale, perché la donna maltrattata che prende coraggio e decide di scappare dalla famiglia, spesso soccombe fatalmente ad angherie letali proprio perché torna a casa per prendere il passaporto.

Il centrodestra – conclude Souad Sbai – ha già fatto la legge contro l’abominevole pratica dell’infibulazione alle bambine, adesso è il momento di avere una normativa che faccia rispettare agli stranieri i principi fondanti della nostra Costituzione e della nostra democrazia. Il rispetto della donna è sacro e nessun fanatismo che lo eluda deve essere più tollerato in Italia”. (Red/ Dire) 

Redazione

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