Salvini punta Roma, il prossimo sindaco deve essere leghista…

Non è la prima volta che il leader della Lega fa battute su Roma e sul governo della città

Qualcuno ricorda ancora i tempi in cui il grido di battaglia della Lega, allora Lega Nord, era "Roma ladrona". Erano i primi anni di Bossi & C. che riversavano sulla Capitale e sui palazzi del Potere fiumi di parole avvelenate e accuse di corruzione in ordine sparso. Eppure anche in un clima di accuse che veniva riversato non solo sui politici ma sulla città e sui romani ebbero anche la spudoratezza di presentare una candidata, Maria Ida Germontani, alle amministrative del 1993, le elezioni che presentavano una super sfida tra Francesco Rutelli e Gianfranco Fini. Eravamo in pieno ciclone Mani pulite ma la Germontani prese l'1% e non entrò in assemblea capitolina. E sarebbe stato difficile pensare ad un esito diverso. 26 anni dopo il clima è cambiato, la Lega, secondo tutti i sondaggi è diventato il primo partito italiano e soprattutto non ha più frontiere: è ancora un partito a forte trazione settentrionale ma è votato e tanto anche nel centro sud. I palazzi del Potere ormai sono affollati di leghisti (non più Lega nord) come pure la Capitale che per molti di loro è diventata la città di residenza. Insomma da anni ormai, per la Lega, Roma non è più ladrona, ma è una dispensatrice di agi e autorità. Tant'è che Salvini non nasconde il desiderio di guardare al Campidoglio con appetito. Vorrebbe un sindaco leghista, perché, dice lui, la gente glielo fa capire, che gradirebbe un governo cittadino guidato dalla Lega. L'ultima battuta proprio ieri. Ecco Salvini: "I romani mi dicono 'Daje Mattè!". Naturalmente Virginia Raggi non lascia cadere nel vuoto le parole del Vice Premier e gli risponde: "A Roma si risponderebbe così: Salvini magna tranquillo". 

Ma sarà vero che la Lega stia pensando ad un futuro sindaco "verde" per Palazzo Senatorio? Amministrare Roma si sta rivelando per chiunque difficilissimo. Le buone intenzioni di chicchessia si infrangono contro i mille problemi della Capitale, una macchina burocratica che sembra insuperabile e anche l'attrazione di guadagni fuori busta non lascia insensibili. E sono malattie che riguardano tutti, nel senso che nessun partito è geneticamente allergico alla corruzione. Come è naturale che sia, figuriamoci se qualcuno si può definire diverso per dono divino. Ecco perché è auspicabile una classe politica che la smetta di urlare contro gli avversari: "Al ladro, al ladro!" quando il ladro abita a casa tua oppure sbandieri l'onestà, quando scopri che chi porta la bandiera è un disonesto. La politica è trattativa, non coerenza, la politica è fatti, non parole, la politica è rispetto dell'avversario perché se no il risultato è che il cittadino disprezzerà tutti. E tornando a Roma, con l'aria che tira forse la battuta di Salvini è solo un modo per pungere gli alleati del M5S, ma non una reale voglia di provare a governarla. Il rischio non è piccolo…

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