Sanità nel Lazio: intervista al regista del film “C’era una volta in Italia”

Il film, co-diretto da Mirko Melchiorre e Federico Greco, racconta il dramma della sanità in Italia. Ecco le date a Rieti e nel Lazio

Mirko Melchiorre, regista di "C'era una volta in Italia"

Mirko Melchiorre

Una situazione complessa, in costante evoluzione. Sono diverse le sfide che, negli ultimi anni, ha dovuto sostenere la sanità, in Italia e di conseguenza anche nel Lazio. Carenza di personale sanitario qualificato, scarsità di fondi.

La situazione della Sanità

Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano varia notevolmente tra le diverse regioni del paese, con alcune che offrono servizi di qualità superiore rispetto ad altre.

Il futuro della sanità pubblica in Italia dipende da una serie di fattori, tra cui l’incremento della spesa pubblica, la riforma del sistema sanitario e la formazione di personale qualificato. La situazione resta da monitorare soprattutto anche per gli episodi di violenza che spesso vengono perpetrati all’indirizzo di medici e personale sanitario.

Qual è dunque il futuro in Italia? Quale, di conseguenza, nella Regione Lazio?

La locandina del film

Un film che indaga cause e conseguenze

Prova a chiederselo C’era Una Volta in Italia – Giacarta Sta Arrivando, film scritto e diretto da Federico Greco e Mirko Melchiorre. Il lavoro è ambientato a Cariati, in Calabria e racconta di un’occupazione di un pubblico ospedale, chiuso, effettuata con l’auspicio del ripristino del regolare servizio. Con Gino Strada, Kean Loach e Roger Waters, testimoni di un punto di vista volto a scandagliare responsabilità le colpe, in ambito particolare e generale.

Abbiamo intervistato Mirko Melchiorre, uno dei due registi, per conoscere meglio il film.

Qual è la necessità oggi di occuparsi di determinati temi, soprattutto attraverso la macchina da presa?

“Lo vediamo nella nostra quotidianità quando capita di scontrarci con il Sistema Sanitario. Ci si rende conto di quanto ormai sia stato smantellato negli ultimi trent’anni. Per esempio quando chiami il Cup e ti danno degli appuntamenti che possono essere programmati anche a distanza di un anno. Credo che sia fondamentale parlarne, perché bisogna lottare per riottenere il diritto alla salute, svenduto ai privati“.

Dove si rintracciano le responsabilità? Solo delle istituzioni? O anche nel comportamento di cittadini che si macchiano di atti di violenza da stigmatizzare?

“Non saprei. Posso però dirti che però si è persa la voglia di informarsi e di lottare. Abbiamo tirato i remi in barca e non abbiamo più la voglia di combattere per determinati diritti che ci sono stati sfilati di mano, senza rendercene conto. Nel film d’altro canto, mostriamo come le istituzioni si siano vendute e non abbiano il potere di decidere le politiche economiche e sociali degli stati. E’ una lotta tra Davide e Golia con quelle che sono le multinazionali che gestiscono tutti gli asset pubblici degli Stati Sovrani. Ciò accade da quando gli Stati Europei sono entrati nell’Unione Europea. Si è così deciso di non essere più autosufficienti politicamente e economicamente. Così ci ritroviamo col problema del debito pubblico“.

Qual è l’aspetto che ti ha appassionato all’interno di questa esperienza? E quale invece quello che ti ha lasciato un insegnamento?

“Sicuramente i ragazzi di Cariati, che sono i protagonisti del film. Sono persone speciali. Persone che hanno ancora voglia di combattere per il diritto alla salute, occupando un ospedale che era stato chiuso dieci anni fa a causa delle politiche di austerity.

E’ stato un bellissimo incontro che sia a me sia a Federico Greco, l’altro regista, ha aperto gli occhi su una realtà calabrese che non conoscevamo. La cosa che maggiormente mi spaventa è vedere come tutti i risultati che vediamo sono frutto di meccanismi politici e economici che vanno ormai avanti da quasi 50 anni. Ti rendi conto di quanto è grosso il nemico, che ormai è diventato invisibile.

Il nemico non è più il politico che governa il Paese, perché ormai è una marionetta di un sistema neoliberista, capitalista che tesse le fila. Per tornare al film, più o meno da quando ci fu il massacro di Giacarta. Con la relativa situazione dei servizi segreti americani e del golpe in Indonesia“.

C’era una volta in Italia è un titolo emblematico, provocatorio. E allora la domanda diventa, cosa ci sarà nel futuro in Italia?

“Se non ci svegliamo, il baratro. Perché C’era una volta in Italia significa che c’era la sanità pubblica. Ma potrebbe significare anche che c’era una volta il lavoro, c’era una volta la vita dignitosa delle persone. C’erano tante cose. Se non ci svegliamo, potrebbe rimanere un ricordo. Rischiamo di veder trasformati tutti i nostri diritti in servizi a pagamento”.

Il documentario, che ha già programmato proiezioni a Milano (il 13 e il 18 gennaio), a Firenze  (il 21 gennaio), a Bologna (il 21 gennaio) nel Lazio sarà proiettato a Rieti (il 26 gennaio presso il Multisala Moderno alla presenza dei registi) a Monterotondo (il 28 gennaio presso il Cinema Mancini, sempre con i registi) e nuovamente a Roma dopo l’enorme successo riscontrato nei precedenti appuntamenti di dicembre.

Tutte le informazioni sul sito ufficiale del film.