Santa Marinella, psicologa del Monello Mare replica alle accuse

La psicoterapeuta della casa famiglia chiusa per presunti abusi e maltrattamenti risponde alle accuse sui giornali

Riceviamo e pubblichiamo la lettera che ci ha inviato in redazione la Dottoressa Emanuela Monti, psicoterapeuta della casa famiglia Il Monello Mare, struttura chiusa la settimana scorsa, per presunti abusi e maltrattamenti verso minori. L'indagine in corso la vede indagata insieme ad altri tre collaboratori della casa famiglia e ha portato agli arresti domiciliari il direttore.

"Sono rimasta disgustata dai toni adottati dal quotidiano La Repubblica, che riportava la notizia sui presunti abusi e maltrattamenti nella casa-famiglia il Monello Mare. Appunto, presunti. Quello che mi colpisce è il sentimentalismo approssimativo con il quale si dà lettura di una realtà sfaccettata e complessa come può essere quella della vita in una struttura di accoglienza per ragazzi. Delle dinamiche particolari che s’instaurano fra il sistema dei curanti e quello degli ospiti. Si dimentica che l’adolescenza non solo è crisi per tutti coloro che l’attraversano, ma lo è in particolar modo per questi ragazzi dalle storie travagliate, cresciuti nella violenza quotidiana, alimentati dalla sfiducia nell’adulto.

Come non pensare che tanto odio accumulato in tanti anni di vessazioni da parte di figure che si sono rivelate tutt’altro che accudenti non possa essere sfogato, alla prima occasione, su persone adulte che con quelle violenze non c’entrano nulla? Sembra che la giornalista autrice dell’articolo abbia rimosso quei fatti di cronaca inquietanti che hanno avuto per protagonisti adolescenti apparentemente normali: il caso di Erika e Omar o quello delle tre ragazze che hanno ucciso la suora di Chiavenna e tanti altri. Cosa si sa delle storie dei ragazzi ospiti di strutture come Il Monello Mare?

Però ci piace credere che adolescenti fra i 15 e i 17 anni, alcuni di loro alti quasi 2 metri e del peso magari di 100 chili, possano essere costretti ad ingurgitare psicofarmaci, semplicemente tappando loro il naso o prendendoli a pugni. E poi quella storia raccontata nell’articolo…il pomodoro diviso per otto persone, sembra un racconto tratto dal libro Cuore o, peggio ancora, dal Diario di Anna Frank.

L’ingenua giornalista termina il suo articolo scrivendo che per i ragazzi ospiti nella casa famiglia, ora l’incubo sia finito e non si rende conto che invece con la chiusura della struttura a loro è stato semplicemente riproposto il trauma originario. Se solo si riuscisse a capire che invece di un incubo finito sono finiti quei progetti di vita che si stavano costruendo insieme ai ragazzi. C’era chi andava a scuola, chi aveva un amore, chi iniziava  ad avere fiducia nella scuola proprio grazie all’attenzione affettuosa di alcune insegnanti, chi lavorava, chi si stava formando seguendo un tirocinio e chi andava in psicoterapia da molto tempo. Sogni interrotti, spezzati, amicizie recise. Ma che importa e soprattutto a chi importa? Tutto è stato ridotto a una notizia urlata in prima pagina, senza le dovute cautele e approfondimenti".    

Dottoressa Emanuela Monti

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