Simon Pietro: pescatore e pastore

A ciascuno di noi Gesù riserva una missione: quella di amare, di fidarci di lui, di metterci nelle sue mani

Il Capocordata in montagna

Il Capocordata

I discepoli e il Risorto presso il mare (Gv. 21, 1-19)

Gesù risorto appare ai discepoli per la terza volta (v. 1) nel “mare di Tiberiade”, nella Galilea delle genti dove tutto era cominciato. L’evangelista Giovanni evidenzia la manifestazione del Risorto: “Gesù si manifestò di nuovo…e si manifestò così” (v. 1). L’apparizione sembra quindi essere il seguito delle due già avvenute in precedenza nel cenacolo, assente e poi presente Tommaso, ma, allo stesso tempo, l’uso del verbo “manifestarsi” rimanda all’inizio del vangelo e assume perciò il senso di una inclusione di tutto il percorso di rivelazione di Gesù nel quarto vangelo, a partire dalla testimonianza di Giovanni il Battista (1, 29-31), fino all’ultima apparizione del Risorto ai suoi.

Il Capocordata in montagna
Il Capocordata

Pietro, il pescatore

Nel gruppo dei sette discepoli presenti nel “mare di Tiberiade”, emerge Simon Pietro. Sua è l’iniziativa di andare a pescare, quasi a voler riprendere il proprio posto nel mondo, un posto sicuro e conosciuto nell’incertezza generata dalla situazione presente; a tale iniziativa aderiscono anche gli altri discepoli, come lui smarriti e incerti ma fiduciosi nel loro leader.

Senza Gesù però la pesca rimane infruttuosa (v. 3). L’apparizione del Signore, all’alba sulla spiaggia, avviene secondo lo schema già verificato nell’incontro con Maria di Magdala; egli appare ma non viene riconosciuto. Nel dialogo che segue, con i discepoli ancora sulla barca ma poco distanti dalla riva e il modo con il quale Gesù chiede del cibo ai discepoli chiamandoli “figlioli” dopo una nottata di lavoro andata a vuoto, getta il lettore nel vivo di una scena che conquista per la sua immediatezza.

L’esito della pesca, con il nuovo lancio della rete eseguito secondo il comando del Risorto, è quasi scontato: “non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci” (v. 6). La pesca miracolosa consente il riconoscimento di Gesù. Come alle nozze di Cana, come nella moltiplicazione del pane e dei pesci, la sovrabbondanza è un segno distintivo del compiersi dei tempi messianici ed è al tempo stesso una risposta alla fede di coloro che si affidano alla parola del Signore. E’ la risposta di Dio.

A questo punto, come nella scoperta del sepolcro vuoto, mentre il discepolo amato riconosce il Signore, Pietro si mette in movimento per raggiungerlo, nonostante l’impaccio della veste. Anche questo particolare sottolinea l’umanità di Simone, il suo slancio e al tempo stesso la sua fragilità, nella goffaggine di questo gesto. Non solo, Pietro risale sulla barca, dopo aver percorso la distanza a nuoto, per trarne la rete piena di 153 grossi pesci: è lui, con le sue braccia forti da pescatore, a divenire testimone diretto del prodigio (v. 11); come i servi a Cana di Galilea, come i discepoli durante la moltiplicazione dei pani e dei pesci, avvenuta proprio lungo il mare di Tiberiade.

In occasione di questi segni miracolosi è significativo come il vangelo registri con precisione circostanze, località e soprattutto i numeri, come se i numeri potessero dare la misura della smisurata salvezza di Dio.

Al tempo stesso appare evidente come l’immagine della rete colma di pesci, rinvii alla missione a cui la chiesa è chiamata di nuovo e sempre, sulla parola del Signore risorto. Al termine di questa prima scena, Gesù invita i suoi alla mensa del pane e del pesce (v. 10); nello stesso modo con cui aveva sfamato le folle, ora sfama i suoi discepoli. In entrambi i casi questo cibo prodigioso rimanda a un altro cibo, quel pane dal cielo di cui Gesù ha parlato, che è la sua carne e il suo sangue per la vita eterna.

Pietro, il pastore

Nella seconda scena, il dialogo tra Gesù e Pietro, la simbologia del pascolo prende il posto al campo semantico della pesca. Ora a Pietro si chiede qualcosa di completamente diverso e nuovo. “Simone, figlio di Giovanni” (v. 15): è lo stesso appellativo con il quale Pietro era stato chiamato in principio da Gesù (1, 42). E’ chiaro come questo incontro rappresenti un ricominciare da capo, dopo il triplice rinnegamento. Ai tre rinnegamenti di Pietro corrispondono le tre domande di Gesù, che offrono al discepolo l’opportunità di rinnovare per altrettante volte la sua adesione di fede e di amore.

Attorno a un fuoco di braci, Pietro rivive quel momento doloroso del suo discepolato, ma al tempo stesso è attento ad accogliere la proposta del suo Signore, che già punta al futuro, mentre guarisce le ferite del passato. La tristezza di Pietro è superata dalla fiducia di Gesù, che si concretizza nell’affidamento di un ministero, descritto nei termini del pascere, ovvero del nutrire, e pascolare, cioè guidare e condurre: “Pasci i miei agnelli” e “Pascola le mie pecore” (vv. 15.16.17).

In altre parole, Gesù concede a Pietro la sua stessa autorità di pastore, ma gli chiede in cambio una “dichiarazione di amore: “Mi ami?” (vv. 15.16.17). Il gregge, che è la chiesa, rimane proprietà di Gesù (“le mie pecore e i miei agnelli”), per questo a Pietro è chiesto conto del suo amore verso di lui. L’unione a Cristo, l’adesione a lui attraverso l’amore di cui Pietro è capace, è l’unica strada in grado di condurre fino al dono della vita, a imitazione di Cristo. Dopo aver guidato Simon Pietro alla riscoperta della sua vocazione originaria, che è quella di amare il suo Maestro e di servirlo dando la vita per la sua chiesa, a Gesù non resta che un’ultima parola per Pietro e per ciascuno di noi: “Seguimi” (v. 19).

E’ proprio nel bel mezzo dell’incertezza che il Signore ci viene incontro. Dapprima non riusciamo neppure a riconoscerlo e ci apre gli occhi: un incontro, una comunione nuova. Ed è soprattutto la stima e la fiducia che ancora una volta il Signore ci manifesta: così grandi che non possiamo fare a meno di staccarci da ciò che ci sta alle spalle per volgerci verso l’avvenire. A ciascuno di noi Gesù riserva una missione: quella di amare, di fidarci di lui, di metterci nelle sue mani. Quello che conta è il nostro legame con lui, tenuto vivo attraverso gli incontri che egli ci dona.             

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Mino, 2022; Laurita, 2022.