Stelvio Cipriani, un poco “Anonimo romano”, amato nel mondo

L’autore di “Anonimo veneziano” si racconta al nostro inviato in occasione dell’uscita della sua autobiografia

"Chi avverte in se questa sorte di scintilla divina che è la vocazione artistica, di poeta, di scrittore, di pittore, di scultore, di architetto, di musicista, di attore non solo ha l'obbligo di non sprecare questo talento, ma di svilupparlo per metterlo al servizio del prossimo e di tutta l'umanità", (Carol Wojthyla). Con questa frase di Giovanni Paolo II° si conclude il libro "Stelvio Cipriani – Anonimo Romano" scritto dal Maestro e uscito da qualche giorno. Lo incontro alla Casa del Cinema prima di una sua esibizione al pianoforte.

Maestro parlaci della tua adolescenza.

Sono nato a Roma in Piazza della Malva a pochi metri da Piazza Trilussa. Per noi ragazzi allora  l'unica distrazione era il gioco del pallone, erano gli anni '50. Padre Bozzetti era il maestro del coro e solo dopo aver partecipato alla funzione del Vespro ci veniva permesso di giocare. Un giorno essendo ammalato l'organista, ci venne detto che non avremmo potuto scendere in cortile, io sapevo cavarmela con la fisarmonica regalatami da mio padre e quindi pensai che la differenza con l'armonium a pedali sarebbe stata minima, del resto avevano tutte e due tasti bianche e neri. Mi offrii quindi di suonare e con l'aiuto fisico di due amici me la cavai tanto bene che Padre Bozzetti venne nell'osteria di mio nonno Settimio per complimentarsi proponendo di farmi studiare musica ma mio nonno non era minimamente interessato e se non fosse stato per mia madre non avrei mai iniziato, ricordo che pagava le lezioni dando dei bei fiaschi di vino al Sacerdote. 

Questo è stato il tuo incontro con la musica e quello con il cinema?

Un giorno tornando da scuola vidi un gran trambusto davanti al mio portone, stavano girando il film "Poveri ma belli" con Maurizio Arena e Renato Salvatori per la regia di Dino Risi ed io da una persiana socchiusa cominciai a curiosare e giorno dopo giorno mi innamorai sempre più del Cinema, non immaginando che avrei composto per tutta la vita musiche da film.

I tuoi genitori cosa pensavano per il tuo futuro?

Mia madre, pur aiutandomi a studiare musica, voleva che entrassi in Banca come ragioniere, mentre a mio padre l'idea di avere un figlio artista non dispiaceva. Decisi allora di accontentare tutti e due. La mattina andavo a scuola, il pomeriggio studiavo musica esercitandomi sul pianoforte che mi era stato regalato con una colletta tra amici e parenti. Divenni importante e venivo chiamato per feste e matrimoni.

A diciotto anni non avevo ancora completato gli studi di pianoforte ma mi ero diplomato in Ragioneria e per far contenta mia madre avevo trovato lavoro presso un' azienda di materiali edili senza però abbandona gli studi musicali. La mia giornata era divisa tra lavoro e musica e la sera racimolavo qualche lira suonando con un terzetto di amici in un ristorante di Monte Sacro. Tornavo a casa molto tardi e invece di dormire ripassavo musica al pianoforte.

Raccontaci come riuscisti a cavartela con il militare.

Avendo una forte miopia fui riformato in un modo particolare, mi furono riconosciute ridotte attitudini militari e mi fu detto che mi avrebbero chiamato solo in caso di guerra. Proseguii quindi la mia attività musicale allargando a quattro i componenti del complessino che chiamammo " I Principi" e proprio una sera mentre ci esibivamo in un ristorante, un signore  propose di scritturarci sulle navi da crociera negli Stati Uniti. Accettammo e ci trasferimmo a New York. Avevo 19 anni e tra un viaggio e l'altro in un locale Jazz incontrai il grande pianista Dave Brubeck , gli chiesi di poter studiare con lui e  incredibilmente accettò. Da li iniziò tutto.

In tanti anni di carriera avrai incontrato tanti colleghi artisti che avranno contribuito ad arricchirti umanamente e professionalmente.

Domenico Modugno ascoltò un tema musicale che avevo scritto per un film western e chiese di metterci le parole, non dimenticherò mai i giorni trascorsi con lui. Rita Pavone forse posso dire di averla scoperta io. Un giorno alla casa discografica dove lavoravo incontrai Teddy Reno che mi chiese se volevo collaborare con lui scegliendo nuovi artisti per il "Festival degli sconosciuti". Tra i tanti c'era una ragazzina tutto pepe con grandi qualità, era Rita. Successivamente collaborai con lei suonando in giro per l'Italia, non dimenticando mai comunque lo studio per Chopin e Liszt.

Nino Rota, il compositore delle splendide colonne sonore dei films di Fellini lo incontrai il giorno in cui a Rita Pavone fu offerta la parte principale del " Il giornalino di Gianburrasca". Le musiche erano dello stesso grande compositore con il quale ebbi un grande rapporto umano e professionale. E poi gli incontri con la Loren, Sordi, Fellini, Battisti, Totò, Orson Welles per non parlare poi dell'incontro con l'allora Cardinale Ratzinger e soprattutto con l'indimenticabile e amato Papa Giovanni Paolo II° per il quale scrissi "Il tema di Carol".

Facciamo un salto in avanti e andiamo al tuo più grande successo " Anonimo Veneziano".

Era la fine degli anni  '70,  il regista del film Enrico Maria Salerno aveva terminato di montare  "Anonimo Veneziano" e bisognava decidere il tema musicale. Al produttore Turi Vasile non ne piaceva nessuno e con i consigli preziosi del direttore della casa discografica Giuseppe Giacchi, decise di affidarmi l'incarico di scrivere la colonna sonora. Fu un enorme successo internazionale, ricevetti premi su premi e quella composizione cambiò totalmente la mia vita. Pensa che fin ad oggi ho scritto colonne sonore per più di 230 tra films e sceneggiati.

Per ora grazie Maestro, del resto chi volesse saperne di più su di te, può comprare il tuo libro pieno di episodi, personaggi e tante foto tra le quali quella con Paolo Roberto Falcao che è l'emblema del tuo grande amore per la Roma. Con simpatia e ammirazione, Filippo Crescimanno

Lascia un commento