Cronaca

Tar: l’ex centrale di Montalto di Castro dovrà essere abbattuta, l’Enel farà ricorso. Quando la finiranno?

Non si riesce a formulare una programmazione seria (e a rispettarla) che metta al primo posto l’interesse collettivo, per avere fonti energetiche sicure e pulite e perché si abbandoni una volta per sempre la menzogna di un nucleare sicuro e i combustibili fossili, anche se gradatamente nel tempo.

L’Italia è un paese tormentato dalla divisione politica e da interessi economici contrapposti che non tengono conto delle esigenze della popolazione. Così da anni assistiamo alla guerra di carte bollate per mantenere ciò che il popolo non vuole nel territorio in cui vive. Il nucleare è una fonte energetica ideale, dove non c’è corruzione e non ci siano rischi sismici. Da noi è impossibile. Così da anni va avanti questo tira e molla su chi lo vuole fuori della porta e chi surrettiziamente cerca di farlo rientrare dalla finestra.

La ex Centrale termonucleare di Montalto di Castro va smantellata

Le strutture dell’ex centrale termonucleare di Montalto di Castro dovranno essere demolite ed Enel, insieme con il Comune, dovranno “prestarsi reciproca leale cooperazione” nell’eseguire l’ordinanza di demolizione e attuare il recupero urbanistico ed edilizio del comprensorio. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto nel 2018 da Enel Produzione Spa.

Enel ha annunciato che farà un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato, contro la sentenza del Tar sulla ex centrale, che avrebbe dovuto ospitare un impianto nucleare mai ultimato.

Le opere interessate dal provvedimento di demolizione – spiegano all’Enel – sono state all’epoca legittimamente realizzate in forza di apposita legge e previa autorizzazione, a livello sovracomunale, delle competenti Autorità. L’esito del referendum del 1987 ha impedito la prosecuzione di dette opere, ma non ha influito sulla legittimità di quanto realizzato”. 

La centrale elettronucleare di Montalto di Castro, conosciuta anche come centrale elettronucleare Alto Lazio, venne costruita nel 1982 da un consorzio tra Ansaldo Impianti e General Electric, su richiesta dell’Enel. È costituita due reattori da 982 MW di potenza elettrica netta ciascuno, a uranio leggermente arricchito, moderati ad acqua leggera e raffreddati secondo lo schema ad acqua bollente.

L’Italia ha detto chiaramente NO al nucleare ma le lobby di potere cercano continuamente di riproporlo boicottando le energie pulite

Dopo il referendum del 1987 vennero fermati i lavori. L’Italia aveva detto NO al nucleare e i governi di centro sinistra di quegli anni dovettero chiudere tutte le centrali in funzione e in allestimento. Ancora oggi non sono state completamente smantellate, bonificati i terreni e messe in sicurezza le scorie nucleari di quelle centrali. Quindi nonostante un parere negativo espresso democraticamente dal popolo italiano, ancora subiamo i rischi e le possibili conseguenze di disastri per via di questa follia del nucleare.

Un sistema che costa molto, crea molti rischi e fa ancora più grandi danni. Nel paese del sole, del vento e delle maree, nel paese delle risorse idriche e della geotermia ancora oggi ci sono lobby che tentato di imporre un sistema energetico che altrove hanno deciso di ridurre o eliminare del tutto per le situazioni di pericolo che è in grado di creare, con danni che possono durare per millenni, ovvero per quanto riguarda l’umanità, per sempre.

Storia del nucleare italiano e le scorie ancora da smaltire, un pericolo per tutti

La centrale venne parzialmente riconvertita nel 1989, dal Governo De Mita, in una centrale termoelettrica a ciclo combinato e policombustibile da 3,6 GW di potenza. Era alimentata da olio combustibile e anche a metano. Le venne cambiato il nome in “Alessandro Volta” e si pensò di sfruttare parte delle costruzioni in essere, come le prese a mare per il raffreddamento. Cominciò a funzionare nel 1992. Ma ora si trova in fase di smantellamento, dal 2017 e dovrebbe terminare nel 2025. La ragione è che una Centrale del genere emette nell’aria quantità enormi di anidride carbonica, contribuendo all’effetto serra.

L’Enel ha risolto il problema investendo in Cina, in un impianto che prevede la distruzione di tonnellate di trifluorometano (potente gas serra) ed acquisendo così un credito che le ha permesso di emettere anidride carbonica in Italia, con la centrale di Montalto di Castro. Non so chi abbia architettato questa partita doppia dell’avvelenamento terrestre ma è una follia. L’avvelenamento dell’aria che si risparmia in Cina si può realizzare in Italia.

Così l’Alto Lazio paga con la salute i crediti dell’Enel in Cina? Tanto va tutto nell’atmosfera ad alimentare il gas serra. In realtà andrebbero chiusi entrambi gli impianti e non c’è tanto da giocarci sopra, visto l’andamento del cambiamento climatico e i disastri che subiamo nel mondo, Italia e Cina comprese, per questa scellerata volontà di rimandare l’inversione di tendenza, nella produzione di energia pulita.

Gli incidenti nucleari hanno dimostrato che quella strada non è percorribile

Va ricordato che furono i disastri subiti per colpa della sicurezza incerta degli impianti nucleari di Three Mile Island nel 1979 che fecero ritardare il completamento dei lavori alla centrale di Caorso. Mentre l’anno prima era stato fermato quello di Sessa Aurunca per un guasto a uno dei generatori di vapore. A seguito del Terremoto dell’Irpinia del 1980, che ricordò agli Italiani la criticità sismica del nostro territorio, si fece largo la convinzione che anche la più sicura delle centrali nucleari non possa reggere a un terremoto.

Rendere le centrali sicure anche contro il rischio sismico venne valutato troppo costoso e nel 1982 l’impianto di Caorso (Piacenza) venne definitivamente spento. Bisognerebbe ricordarlo ai piacentini e ai lombardo – veneti che ancora ascoltano le farneticanti giravolte del senatore Salvini, che prima è contro e poi è a favore le costruzioni da fare in Italia, a seconda di come gli può fruttare sul piano elettorale. Prima è antimeridionalista e poi attento ai bisogni dei calabro -siciliani, prima è pro Putin e poi vota le sanzioni contro la Russia, prima è anti ponte sullo stretto e poi ne è il più fervente proponente. Forse i suoi sostenitori farebbero bene a fare la tara alle sue affermazioni e verificarne la consistenza nel tempo. 

Černobyl nel 1986 segnò un’epoca. Per un raggio di 30 km zona ancora off limits

Il disastro di Černobyl è del 1986. Un anno prima del referendum italiano. L’80% dei votanti si è espresso contro il nucleare. Io c’ero e ricordo l’apprensione in cui vivemmo i mesi di quell’anno. La nube radioattiva si era spostata sull’Europa e anche in Italia si tenevano le finestre chiuse e son si poteva consumare più verdure e neanche latte, per non subire la possibilità di contrarre malattie gravissime. Gli effetti della nube erano arrivati fino a Maccarese.

L’area di Černobyl venne abbandonata in una notte per un raggio di 30 km e lo è ancora, un disastro che segnò un’epoca. Tutt’ora non si può visitare quel territorio anche se la radioattività è scesa a livelli accettabili. In Ucraina, Bielorussia e nella Russia Occidentale, dove ora c’è una guerra, si è registrato in quel tempo un aumento consistente dei tumori alla tiroide, secondo quanto riporta il Comitato Scientifico della Nazioni Unite ma non è finita qui. Quel disastro produrrà vittime anche dopo 70 anni successivi all’incidente e quindi fino al oltre il 2056!

Ora stanno tirando missili e bombe attorno a una centrale nucleare, la più grande d’Europa, quella di Zaporizhia. Se dovesse essere colpita le conseguenze riguarderebbero più paesi dell’Unione Europea, compreso il nostro e sarebbe la parola fine per l’Ucraina.

Un maremoto distrusse il reattore di Fukushima con 19.500 morti e 3.500 dispersi

Poi ci fu un maremoto in Giappone l’11 marzo del 2011 che danneggiò la centrale di Fukushima e procurò19.500 vittime e 3500 dispersi.

La causa fu un terremoto, guarda caso, uno dei più potenti che abbiano colpito quel Paese, ma può succedere anche da noi. Ugualmente l’Italia è un paese a rischio sismico dal Friuli alla Sicilia e anche a rischio vulcanico. Costruire bombe nucleari su terreni del genere è da irresponsabili, quasi come costruire un ponte a campata unica dove si scontrano tre faglie in movimento e venti che lo farebbero oscillare pericolosamente, mettendo in pericolo chi lo dovesse attraversare, soprattutto in treno. Fare opere del genere risponde a logiche commerciali ma in pieno disprezzo della vita delle persone che vivono in prossimità o dovrebbero usufruirne.

Sappiamo bene che una centrale nucleare, come un ponte sullo stretto, potrebbero apportare dei vantaggi economici ma nel calcolo definitivo gli svantaggi li superano di parecchio e quando è in gioco la vita umana, anche i guadagni devono passare in secondo ordine.  Il terremoto che ha distrutto un reattore a Fukushima era di magnitudo 9.0 e provocò uno tsunami con onde di 15 metri, cosa che potrebbe accadere anche nello Stretto di Messina, dove il terremoto del 1908 era di magnitudo 7,1 e fece 100 mila morti.

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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