Cronaca

Urbex nel Lazio: esploratori urbani di luoghi abbandonati

Gli Urbex, esploratori urbani, entrano illegalmente in chiese, ville, fabbriche, ospedali dismessi, per fotografare scene di mondi passati. Un hobby ricco di avventure, sorprese e anche qualche pericolo. A Roma sono moltissimi i siti abbandonati.

Esploratori urbani, così si fanno chiamare. Vanno alla ricerca dei luoghi di città abbandonati per fotografarli, soprattutto all’interno. Documentare lo stato di fatiscenza, di degrado. Bloccare in una foto un momento del passato di una stanza, uno spazio che ha avuto, anche recentemente, qualche importanza.

La polvere, lo sporco, la trasandatezza dei luoghi abbandonati dà un fascino unico a questi posti, alcuni dei quali ebbero anche una funzione sociale rilevante. In Italia e all’estero si possono trovare incredibili posti così: aerei, ex manicomi, fabbriche, discoteche o bar, case e ville d’epoca, navi, capannoni, parchi giochi, rocche e castelli, edifici lasciati vuoti, buoni per i senza tetto o per immigrati in cerca di un rifugio per dormire o interi paesi fantasma.

L’esploratore entra, anche illegalmente, ma non tocca e non porta via nulla, se non l’immagine che riesce a catturare con la sua fotocamera.

Un gioiello di centrale elettrica nel Lazio depredata dai vandali

Lorenzo vive a Roma ma gira il mondo per trovare luoghi abbandonati. Con le foto fa pubblicazioni e mostre. Si definisce “curioso, viaggiatore, che ama esplorare e confrontarsi con altre culture. Ingegnere meccanico con la passione per l’archeologia industriale, attratto dal passato abbandonato e dal silenzio che lo avvolge. Cerco di riportare in vita luoghi di lavoro ormai dimenticati, attraverso le mie foto che raccontano la vita di quel tempo perduto.”
Ha un gruppo di amici, appassionati come lui, con i quali condivide la passione per le esplorazioni, per rivalutare il passato dimenticato e sepolto sotto una coltre di polvere. Una delle sue esplorazioni riguarda una Centrale idroelettrica nel Lazio. Gli Urbex non dichiarano quasi mai le locations che visitano. Un po’ per proteggere le proprie scoperte di cui sono orgogliosi e gelosi e un po’ per proteggere le sedi da vandalismi e da curiosi inesperti che potrebbero farsi male.

La centrale idroelettrica che ha visitato è stata costruita a inizio del secolo scorso per fornire elettricità ad una vicina cartiera, oggi completamente dismessa. Un edificio piccolo quasi nascosto da un canneto. Con un attento studio del territorio e l’aiuto di Google maps, gli Urbex sono riusciti a trovarlo. Dentro rimangono folgorati dallo stato di conservazione: se non fosse per le foglie sul pavimento e il sottile strato di polvere potrebbe trattarsi di un piccolo museo. Al centro della sala due alternatori BBC Brown Boveri ad asse verticale, datati 1931, perfettamente conservati, insieme ai meccanismi di regolazione delle relative turbine ed al quadro di comando di marmo bianco, equipaggiato con strumentazione dell’Ing.Luigi Boselli & C. di Milano, come dichiara una targa posta sulla parete dell’edificio.

Le turbine sono al piano di sotto. Invase dal fango. Forse una piena del fiume che passa vicino. C’è talmente tanto fango che non si riesce a camminare.

Dopo qualche anno Lorenzo torna a visitare la Centrale. Come l’assassino sul luogo del delitto, ma qualcuno ha deciso di rubare e portarsi via tutti gli strumenti del quadro di comando. Un atto di vandalismo che mette la parola fine alla storia di questa piccola centrale, sopravvissuta per quasi cento anni. Un po’ come per le tombe etrusche ed egizie, c’è sempre chi riesce a entrare e a portarsi via quello che è più facile da rivendere.

Un ristorante dentro due aerei abbandonati

In rete, dove gli Urbex pubblicano le loro foto e le loro storie, si trovano molte segnalazioni di questi luoghi abbandonati. Li classificano per paese, per regione o provincia e per categoria, come quelle citate prima.

In provincia di Rovigo, per esempio, nel piccolo paese di Villamarzana, si trova qualcosa che difficilmente si può immaginare: il Ristorante Michelangelo da Vinci, in via Fratesina numero 8, costruito con due aerei dismessi, uno americano e uno russo: un Douglas DC-6 e un Tupolev TU-134A. I due velivoli sono uniti da una torre di controllo. In ogni angolo di questo posto ci sono tavoli per quattro persone con i sedili dell’aereo. Esternamente ci sono due aeroplani e internamente c’è un ambiente fantastico, circondato da affreschi e statue.

Nelle sere d’estate si poteva godere il fresco nel giardino, sotto le gigantesche ali. Facile immaginare il successo che questo posto ebbe negli anni dell’apertura, ma presto una serie di vicissitudini, unite a problemi di costi di gestione e ad una ingente multa ne decretò la fine e la conseguente chiusura.

Il Michelangelo da Vinci fu inaugurato nel 2000 ma appena tre mesi dopo l’apertura dell’attività commerciale, il Comune contestò un abuso edilizio con una multa da un miliardo, 252 milioni e 480mila lire. Tra le parti iniziò una trattativa che portò ad un accordo per la regolarizzazione delle strutture, tramite un piano di recupero. Ma la maxi multa è rimasta, nonostante il ricorso fatto da parte della società proprietaria del locale, chiedendo il blocco del pagamento. La società dal 2014 ha chiuso i battenti, così come gli aerei e tutti i locali del ristorante.

Il ristorante è ancora in buone condizioni ed è rimasto uno dei posti più incredibili che si possano trovare in Italia. Nel 2017 hanno pensato di riaprirlo ma c’è sempre la multa da pagare.

Perché questo nome? Michelangelo nacque a Caprese, nell’aretino, fu Leonardo che nacque a Vinci. Un errore del proprietario o una provocazione? Nell’uno nell’altra, s’è voluto mettere insieme i due grandi geni dell’arte italiana: Leonardo e Michelangelo per dare vita a un locale unico in cui ogni angolo è un’opera d’arte. Così per lo meno disse il proprietario a suo tempo. La cosa non ci pare una gran trovata ma nell’ambito dell’assenza di cultura generale forse può funzionare.

Agiscono appena oltre la legalità anche se non fanno niente di male

Quella dell’Urbex è una attività molto più diffusa di quanto s’immagini e per questo sono stati pubblicati molti libri su questo tema. In alcuni si parla di esperienze di esplorazione, in altri di come affrontare l’Urbex, in altri ancora puoi trovare foto e storie di paesi fantasma ed edifici abbandonati con un passato misterioso o entusiasmante.

Dicevamo che è un’attività illegale, perché si entra in proprietà private anche se abbandonate.  La legge è chiara in proposito. Ai sensi dell’art. 633 c.p. “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa con la reclusione fino a 2 anni o con la multa da la multa da 103,00 euro a 1.032,00 euro.” L’Urbex non fa niente di male ma raramente agisce con un’autorizzazione del proprietario o del guardiano. Tutto sta a non farsi beccare. Siamo appena oltre il limite della legalità.

Per Massimiliano è una passione che si ripete a ogni nuova prova

Massimiliano è di Firenze. Fa l’Urbex già dall’aprile del 2018, si è avvicinato a questo hobby per curiosità. Urbex è un insieme di passioni, con la  volontà di documentare, di viaggiare, con il piacere di fare foto, una passione che cresce col tempo.
Massimiliano sostiene di avere forti scariche di adrenalina quando entra in questi spazi per la prima volta. Li trova tramite Google Maps, come fanno altri suoi colleghi o direttamente su Google usando la parola chiave. Dice che ogni location ha una sua modalità di approccio, che va studiata e preparata a puntino molto prima.

Non è il caso di andare da soli. È un po’ come una esplorazione e non sai cosa puoi incontrare e se ti può succedere qualcosa. A volte conviene entrare col favore della notte ma il più delle volte si può entrare di mattina. Bisogna sempre calcolare il tipo di luce che si troverà, per il tipo di foto che si vogliono scattare. Può accadere evidentemente di dover tornare sul posto per avere la luce migliore.

Meglio non farsi prendere dal desiderio di andare a verificare

Lorenzo pubblica le foto sul suo sito in internet ma si raccomanda sempre di non visitare questi posti, anche se si dovessero scoprire. Cosa non facile. Mi rendo conto che questa attività è perfetta per chi cerca location per il cinema. L’archivio degli Urbex è prezioso da questo punto di vista e chissà che scenografi e location manager non ci abbiano già pensato.

Facendo ricerche Lorenzo e i suoi amici scoprono un Café Chantant. Non riesco a sapere dov’è ma potrebbe essere vicino Roma. In origine forse era una cappella di un palazzo baronale, costruito nel XII secolo, successivamente divenne una chiesa. Come si può notare dalle foto pubblicate, l’architettura interna ricorda una chiesa. La forma originaria era a tre navate ed è presente ancora un affresco della Madonna con bambino. Nei primi del novecento fu convertito a teatro e nell’arco del secolo scorso subì varie trasformazioni, da cinema a dopolavoro ferroviario, fino a diventare addirittura una falegnameria poi un teatro, chiuso forse per mancanza di interesse e di clienti per questo settore. Dalle foto lo spazio è bellissimo, con il palcoscenico ancora intatto, gli stucchi alle pareti e un’atmosfera vagamente déco. Della chiesa non ha più niente se non la struttura, gli arredi ricordano l’ultima destinazione teatrale.

Rubano attimi al tempo, per sconfiggere l’oblio

Gian è nato nel 1965 a Verona dice che “ruba attimi al tempo”. Cosa sono infatti le foto dei luoghi abbandonati se non questo? Erano stanze destinate all’oblio e una semplice foto li riporta in vita, per quell’attimo dello scatto e basta. Gian si occupa di pietre naturali e fra i suoi hobby c’è l’immersione subacquea. Dal 2015 è stato preso dal fuoco dell’esploratore urbano. Una delle sue scoperte è l’ex manicomio delle Granzette di Rovigo. Tutti questi esploratori sottolineano il momento in cui, soli, o con un amico fidato, iniziano a scattare foto alle loro scoperte. Un silenzio di pace pervade quei luoghi di vita e di gioie e dolori, in questo caso. Come se fosse un momento sacrale. Il momento dell’effimera rinascita.

Una volta s’è trovato in difficoltà. Se l’è cavata mantenendo la calma e abbandonando il luogo con educazione. Chi ti sorprende non sa perché sei lì. Potresti essere un ladro o una staffetta per poi organizzare un furto in grande stile. Nessuno pensa che sia una forma d’arte e di rispetto per ambienti del passato. Del resto tutti pensano in primis a come far rendere questi posti, che in genere hanno un costo, anche se non si mantengono efficienti. Tutti pensano a come trarne vantaggi economici. Mentre gli Urbex diventano dei conservatori, quasi dei collezionisti. Vorrebbero preservare per sé le location all’infinito e tornare a visitarle di nascosto negli anni. Come le tenessero prigioniere. Ma, come il Titanic, sono destinate al vandalismo, alla depredazione, al disfacimento o alla ristrutturazione che ne cambierà l’uso.

La villa del Barone di Münchausen in Piemonte

Giuseppe Vitagliano, videomaker e fotografo, è certamente una persona molto frenetica. Nell’ambiente Urbex è un punto di riferimento. Le sue scoperte sono numerose. Mi ha particolarmente colpito quella di una villa abbandonata in provincia di Alessandria. La Villa del Barone di Münchausen a Strevi. Una casa che ha una storia incredibile.

Karl Friedrich Hieronymus von Münchhausen, conosciuto come il Barone di Münchhausen, è stato un militare tedesco, vissuto alla fine del XVIII secolo. È il personaggio a cui si è ispirato Rudolf Erich Raspe, per il protagonista del romanzo Le Avventure del Barone di Münchausen. Il vero barone era divenuto famoso per i suoi inverosimili racconti: tra questi, un viaggio sulla Luna, un viaggio a cavallo di una palla di cannone e il suo uscire incolume dalle sabbie mobili tirandosi fuori per i propri capelli.

La Villa del Barone di Münchausen era, e resta, una splendida dimora, risalente al 1600. Un gioiello incastonato nel centro storico di Strevi, grazioso borgo rinascimentale del Piemonte. Inizialmente dimora di un vescovo, la villa ha cambiato più volte proprietario fino ad arrivare, nel 1869, alla famiglia Pellati. Il personaggio di spicco era il conte Nicola Pellati, docente di geologia e mineralogia, direttore del Regio Ufficio geologico e responsabile del progetto di realizzazione della Carta geologica d’Italia.

Dopo la laurea in ingegneria, nel 1859, Nicola Pellati studiò presso l’École des mines a Parigi e prestò servizio nelle regioni metallurgiche austriache e in Germania. Direttore di diversi distretti minerari italiani, fondò la sezione del Club Alpino Italiano nelle Dolomiti nel 1868. Partecipò al congresso di geologia del 1881, contribuendo alla fondazione della Società Geologica Italiana. Alla fine della carriera, partecipò all’Esposizione Universale di Parigi del 1900.

La villa ospitò tanti illustri personaggi come la Principessa Czernichev, prima moglie di Rodolfo d’Austria, il figlio più giovane di Carlo I, Imperatore d’Austria-Ungheria,  il Principe del Galles, futuro Edoardo VII, il Generale Paolo Spingardi, il Barone Winspeare, il Principe di Piombino e il poeta Trilussa, amico del figlio di Nicola Pellati.

Vitagliano ci ricorda che la villa, malgrado le evidenti tracce di degrado, conserva molto del suo fascino originale, con le pareti affrescate, gli arredi storici e gli oggetti dell’epoca. Tuttavia, è necessario un intervento di conservazione per preservare questo prezioso patrimonio. La proprietaria attuale, per garantire la salvaguardia dell’edificio, ha in mente alcune idee, tra cui la creazione di un’Associazione no profit.

Nel sito di Giuseppe Vitagliano, si trovano mappe dei luoghi abbandonati di Roma e Lazio e di altre regioni, moltissimi conosciuti. Le sue pubblicazioni, le sue foto, le interviste ad altri Urbex, dalle quali ho tratte parti di questo articolo, e le indicazioni per i neofiti che volessero avvicinarsi a questo, che deve restare comunque un hobby.

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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