Volevo essere una pornostar

Volevo essere un’attrice pornografica, anzi di più: una pornostar. Sarebbe stato tutto più semplice

Volevo essere un’attrice pornografica, sì, anzi di più: una pornostar. Sarebbe stato tutto più semplice.

Volevo essere una donna da macello, da calendario, da immagine plastificata, da sequenze hard da spulciare online e da sognare senza troppe pretese. Lo so che è riduttivo descrivere un’attrice porno in tale modo, ma a me piace pensare che sia così. Non mi rompete.

Se avessi avuto l’ingegno di farlo, avrei potuto anche scrivere un libro di grande successo, pubblicato e diffuso da qualche autorevole casa editrice come ha fatto Sacha Grey ed essere recensita come la nuova Anais Nin che proviene però dal cinema hard e sa di cosa sta parlando, mica ‘ste quattro intellettuali tristone che non sanno nemmeno cos’è il fisting!

Mi avrebbero osannata tutti, gli uomini perché altrimenti sarebbero stati tacciati di essere dei bacchettoni ipocriti e le donne perché sarebbero altrimenti state additate come invidiose, brutte e frigide.

In un secondo tempo, mi avrebbero offerto un incarico in politica, poi magari un film d’autore, ad esempio Soderbergh o Lars Von Trier.

Tutti avrebbero utilizzato un verbo attualmente assai diffuso: sdoganare e, certo, non si sarebbe trattato di ‘dogana’.

Avrei frequentato i salotti buoni della cultura alta e avrei detto solo frasi intelligenti, mai banali, mai convenzionali. Avrei incarnato il sogno erotico e proibito di tutti gli uomini e l’ideale cui tendere delle povere donne normali.

Se solo qualcuno si fosse scagliato contro di me, avrei avuto lo stuolo dell’intellighenzia italiana a proteggermi e anche della gente comune, specialmente gli uomini.

Sarei stata bellissima ed intelligente, senza escludere né la prima né la seconda dote, pena l’invidia e il perbenismo dilaganti.

Avrei potuto giustificare le mie eventuali grosse tette rifatte e perfettamente sode e ogni ritocco che mi fosse servito per la mia professione.

Avrei potuto alimentare le fantasie di tutti gli uomini, siamo sinceri, dal dotto che discetta dei Principia Mathematica al camionista sul grande raccordo anulare di Roma, più il primo che il secondo, perché si sa: il sesso è tutto cerebrale. Tutto nella testa.

Avrei prima partecipato al Grande Fratello e poi condotto un mio programma televisivo, avrei mostrato il mio corpo avvenente dicendo che leggo Marcel Proust e studio Ludwig Wittgenstein. Tra un plateau di dodici centimetri e una minigonna, avrei esposto i miei tatuaggi artistici. Avrei scritto un manuale su come aiutare le donne ad essere libere, brave a letto e fare felici i loro ometti.

Avrei ricevuto copiosissimi emolumenti e sarei stata la testimonial di una campagna pubblicitaria a favore delle donne.

Una griffe importante, a quel punto, mi avrebbe vestito e sarei divenuta una donna di stile mai omologata e volgare, sarei stata definita: molto originale e rock.

Avrei avuto un marito che mi avrebbe capito e amato e quando fossi divenuta madre, le copertine delle riviste patinate mi avrebbero raffigurato nuda col pancione e l’abbronzatura in vista. Mi avrebbero descritta come la madre più dolce e premurosa e l’amante più calda e la moglie più fedele, perché il lavoro è lavoro, ma l’amore, beh, è un’altra storia!

Sarei stata simpatica a tutti, mi avrebbero invitato come ospite speciale agli eventi culturali che contano.

E se un giorno fossi morta in strane circostanze, sarei diventata un’ icona leggendaria e persino una santa e un po’ una martire.

Invece, mi sono laureata, ho conseguito un Master e possiedo un tesserino da giornalista pubblicista, scrivo su qualche testata, mi pagano due soldi, quando mi pagano, e sto redigendo un romanzo che chissà se vedrà mai la luce.

Ma, in fondo, ho ancora tanto tempo davanti a me, ho solo trentasei anni, magari mi propongo come milf.

* Mariagloria Fontana, direttore de Le Città delle donne

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