Web series? Una risposta alla crisi della tv

La nuova web serie “The Leap” raccontata da uno degli autori e protagonisti: Marco Palange

Qualche giorno fa, avevamo raccontato la puntata 0 di "The Leap", la nuova web serie che, nata 2 anni fa dalle menti degli autori, ha già conquistato molti internauti ed è stata proiettata fuori concorso al Roma Web Fest.

“Anja (Elisa Carucci) è una giovane ricercatrice che studia la fisica quantistica, la teoria delle stringhe, tutti quei temi che si collegano in qualche modo anche al famoso bosone di Higgs, che qualche giorno fa ha anche vinto il premio Nobel”. Così Marco Palange, uno degli autori e protagonisti di The Leap, con alle spalle esperienze televisive e teatrali.
“Anja – ha continuato a raccontare – grazie alle sovvenzioni ricevute dalla società per cui lavora, la Icarus Technologies, riesce a trovare la formula che le consente di capire in che momento si aprono dei varchi spazio-temporali. Una volta scoperta la formula, però, si accorge degli scopri fraudolenti della società, e quindi decide di allontanarsene, mettendo al sicuro non solo se stessa, ma anche i suoi amici, le persone a cui tiene di più al mondo, che sono legati a lei dal ricordo del suo fidanzato, che non c’è più”.
Che poi, per alcuni dei ragazzi sul set, la vicenda ha anche dei riflessi autobiografici.

La scelta del tema, ci ha spiegato Marco, è stata dettata non solo dalla passione degli autori per i film di questo genere, ma anche perché il tempo, da sempre, per l’uomo, è un concetto in continua evoluzione. Alcuni vorrebbero fermarlo, altri vorrebbero imparare a cavalcarlo, altri si chiedono se, tornando indietro, rifarebbero ancora le stesse scelte.
Ed ecco che Anja e i suoi amici individuano il varco spazio-temporale, e tornano indietro di 4 anni. Vins (Andrea De Santis) è il loro unico legame col presente. La narrazione, dunque, diventa a 2 piani: da una parte il presente, da una parte il passato, e in mezzo, loro, i protagonisti.
“Ma la web serie approfondirà anche altre tematiche, quali l’amore, l’amicizia, la morte”, ha commentato Marco.

Arrivati alla 1° edizione del Roma Web Fest grazie ad un’intervista a Rai WebRadio 8, i protagonisti di "The Leap", affiancati dal regista Daniele Giuliani, e dal produttore esecutivo Vincenzo Galletta, nutrono molte speranze nel futuro.
“E se le cose non dovessero andare bene, continueremo comunque per la nostra strada, con tutte le forze che abbiamo”. Incrociamo le dita.

A raccontarla così, sembra tutto facile. Sembra che basti trovare un buon montatore, una buona idea – che comunque non è poco – e tutto fila liscio.
In realtà, il web, come ci confessa Marco, è la risposta alla crisi della televisione e del cinema, “l’unica risposta possibile al momento”.
Da una parte, il mondo delle arti paga il prezzo della presunzione di certi artisti, o almeno di una parte di essi, in realtà senza doti; dall’altra, sono i nostri stessi modelli culturali a non ricercare e a non proporre, di conseguenza, l’alta qualità.
“Questo, in parte – ha continuato – è il risultato di anni e anni di politica di basso livello, in cui si è tentato di distruggere tutto”.
Le arti e la cultura, insomma, sono in saldo. Non ci sono soldi, e quei pochi che ci sono, vengono investiti male. Al contrario di quanto accade in America, dove sul cinema, sulle serie televisive o del web si investe continuamente. Al contrario perfino del Nord Europa, dove chi vuole approcciare a questo mondo, riceve delle sovvenzioni da parte dello Stato.

Però – bisogna ammetterlo – c’è anche una scarsa attitudine del popolo italiano a recarsi a teatro, ad esempio. A maggior ragione oggi. “Lo zoccolo duro di persone che vanno a teatro c’è e resta. Ma quando si parla di teatro, – ha riferito Marco-, spesso si parla di nomi, registi o attori principali che siano”. Non solo i produttori non scommettono sul talento, ma si preoccupano il più delle volte degli incassi e del guadagno, ma anche gli stessi spettatori preferiscono andare sul sicuro senza dare l’opportunità alle piccole compagnie teatrali di esprimersi. Che poi, si esprimono con quei pochi soldi che da soli riescono ad alzare.

“I mecenati non ci sono più – ha continuato Marco – quindi anche l’idea di vedere qualcuno che da solo abbia la voglia e la pazienza di investire sui nuovi astri nascenti, è del tutto irrealizzabile. Ad ogni modo, se in Italia, spesso e volentieri, manca la qualità è perché il popolo italiano in primis è pigro, non ha voglia di soffermarsi a riflettere, su se stesso o attraverso l’occhio di chi vuole raccontare qualcosa. Siamo pigri, abbiamo perso il senso critico. Per noi il cinema, ad esempio, vuol dire un paio d’ore di svago”.

Sarà forse che paghiamo il prezzo di un passato glorioso che oggi ci manca?
In parte, sì, è così. E ce lo conferma anche Marco: “Il nostro è un popolo nostalgico, il popolo del ‘si stava meglio quando si stava peggio’. E poi è un popolo anziano, i giovani sono veramente pochi”.
“Certo – ha continuato – all’epoca di Fellini o Pasolini, Cinecittà era il centro del mondo. E non bisogna cancellare nulla, l’Italia vanta molti meriti. Ma bisogna andare avanti. I paragoni spesso sono sbagliati e fuorvianti”.

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