La trasmissione “Il Cavallo e la torre“, in onda su Rai 3 e condotta dal giornalista Marco Damilano, ha girato un servizio a Colleferro incentrato sui giovani e volto a mettere in luce la tematica del disagio giovanile. Sui social, però, si è aperta una polemica sull’immagine stereotipata data della provincia e dei giovani in provincia, polemica alla quale ha partecipato anche il sindaco della cittadina Pierluigi Sanna.
“Che vuoi fare da grande? I sordi“. Così un ragazzo di Colleferro, cittadina di 20mila abitanti in provincia di Roma, ha risposto all’intervistatore della trasmissione “Il Cavallo e la torre” in onda su Rai 3. Nucleo tematico della puntato il disagio giovanile, con tutti i suoi effetti. La contrapposizione dialettica, dicotomica per eccellenza nel marxismo, tra campagna e città, centro e periferia, provincia e spazio urbano.
Ragazzi, più o meno giovani, che vogliono sognare e ambire oppure accasciarsi nella noia delle routine prestabilite. Mancanza di strumenti, visioni alte e altre, modelli di denaro per il denaro, inabissamento valoriale e mancanza di ascolto. Spesso, però, si cade in immagini stereotipate dei ragazzi di oggi, fotografie impolverate di luoghi comuni utili solo per l’ancoraggio nelle proprie posizioni. Pigrizia conoscitiva da un lato, ruralismo e passività dall’altro. Ma non esiste una sola verità.
Stabilire o meno se si tratti di una fotografia reale è impossibile, o quantomeno arduo. I ragazzi in e di provincia sono tanti e diversi e per questo, sui social e non solo, si è scatenata una polemica sul servizio della trasmissione di Rai 3. Il sindaco Sanna, in un post pubblico, ha voluto dire la sua: “Ingiusto e scorretto che non ci sia stato un contraddittorio e che vengano diffuse informazioni parziali e distorte“.
Citare la biblioteca – continua il primo cittadino – “come contraltare a un disegno di Colleferro come periferia degradata della Capitale non serve a nulla, soprattutto se si sbaglia il nome di Morandi”. Per concludere, poi, Sanna ci tiene a ribadire la mistificazione dell’immagine data: “Non possiamo permettere che quella rappresentazione diventi una verità assoluta. Invito tutti a mantenere la compostezza, ma allo stesso tempo a difendere con determinazione la nostra comunità e a sottolineare l’importanza di rappresentazioni più equilibrate e veritiere della nostra realtà“.
L’idea di provincia come luogo governato da rituali assidui e stanchi, dal tedio, dalla noia del tempo, serve a cristallizzare i concetti e radicalizzare le posizioni. Ciò che si dovrebbe stimolare, come d’altronde insegnano i più importanti geografi del mondo, è la creazione di un senso del luogo. Il luogo non più come contenitore ma come spazio riempito di senso.
Il luogo come ambiente dinamico, relazionale, aperto, non fissato e chiuso. Il luogo come memoria collettiva, custodia di un’identità e di un vissuto. Solo con l’integrazione di provincia e città, periferia e centro, si potranno creare spazi virtuosi. La socialità come faro, l’interazione tra le diverse geografie l’unico metodo.
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