Cucina

Una stella Michelin in famiglia nella Tuscia viterbese a Trevinano, 142 abitanti

Ormai siamo in primavera, nonostante il tempo ancora un po’ incerto, e quale periodo migliore per una gita fuori porta, magari all’insegna anche del buon cibo? Abbiamo così deciso di andare a trovare la chef Iside De Cesare; siamo nella Tuscia viterbese e più precisamente a Trevinano, frazione di Acquapendente (Vt) abitata da sole 142 anime.

Iside De Cesare

Il terzo fglio di Iside

Siamo in quel lembo di terra tra Lazio, Toscana e Umbria dove la materia prima e i prodotti locali sono di altissimo livello, terreno fertile per una chef vogliosa di conquistare i suoi clienti con piatti gourmet dalle linee semplici ma efficaci. Iside sbarca in questo paesino sperduto tra colline e boschi, dove ogni sentiero o stradina appartiene a una provincia diversa tra Viterbo, Terni e Siena, nel 2005 dove (ri)apre il ristorante La Parolina (1 stella Michelin dal 2008), il suo “terzo figlio” dopo Azzurra e Giacomo, come ama definirlo.

Con il suo sorriso contagioso e da vera padrona di casa ci accoglie e ci fa sentire subito a nostro agio. Gentile e disponibile racconta la sua storia, una vita fuori dagli schemi, come lei stessa ci confessa, divisa tra l’amore per i figli e quello per la cucina. Poi, prima di deliziarci con la sua cucina ci porta anche a visitare il piccolo B&B La Letterina adiacente al ristorante e nato nel 2012, formato da due sole camere molto graziose ed accoglienti.

Buongiorno Iside, come sei arrivata a Trevinano?

In realtà già da ragazza avevo il desiderio di andare a vivere in campagna e dopo vari giri lavorativi sono capitata in un paesino in Toscana, Castiglioncello del Trinoro (Si) dove ho conosciuto una ragazza che aveva la nonna di Trevinano. Noi eravamo in cerca di un luogo dove aprire il nostro ristorante e ci ha segnalato La Parolina; allora era dall’altra parte della strada a poche centinaia di metri da qui, aveva già chiuso più volte ed era in attesa di un nuovo gestore, così ci siamo trasferiti.

Dopo 5/6 anni abbiamo acquistato il terreno dove siamo ora ed abbiamo costruito l’attuale Parolina; volevamo un ristorante che desse modo ai nostri clienti di godere anche del panorama e così è stato progettato. Adiacente al ristorante c’è anche la nostra casa in modo da poter conciliare figli e lavoro.

Nel 2008 avete conquistato la stella Michelin che conservate ancora oggi, cosa significa portare la stella in un piccolo borgo sperduto come Trevinano?

Per me l’obiettivo è quello di fare bene e ogni giorno un po’ meglio del giorno prima, poi un riconoscimento è sicuramente motivo di orgoglio e soddisfazione. Però l’obiettivo principale era di tenere l’azienda in equilibrio economico e far sì che i clienti tornassero ancora qui, magari tramite il… “passaparolina”.

C’è sempre stata l’idea di fare alta cucina o è arrivata con gli anni?

Diciamo che io non credo tanto nel concetto di alta o bassa cucina ma nel fare le cose bene o male. Per me è di altrettanta soddisfazione andare in una pizzeria che lavora bene o in una friggitoria che lavora bene piuttosto che in un ristorante fine dining. I piatti che si propongono fanno parte del percorso che uno ha fatto, quindi fa parte di noi vedere la materia prima e lavorarla in un certo modo però non penso che chi fa cucina fine dining fa alta ristorazione e gli altri no.

Certamente mi dispiace quando vedo ristoranti in cui non c’è rispetto per la materia prima, per i metodi di servizio… anche perché chi esce di casa, fondamentalmente, lo fa per stare bene quindi bisognerebbe cercare di essere più accoglienti possibile seguendo le proprie caratteristiche.

Chi sono i tuoi clienti?

Mi piace pensare che siano persone che si sentono parte di una famiglia. Ci sono clienti della prima ora che continuano a venire, grande soddisfazione vedere bambini a cui abbiamo organizzato il pranzo del battesimo e poi magari tornano per festeggiare la comunione o addirittura il diciottesimo. Oppure giovani innamorati che tornano qui per festeggiare il loro matrimonio. La soddisfazione è la continuità. Mi sento orgogliosa di far parte di un momento famigliare dei miei clienti.

Piccolo borgo ma in un territorio ricchissimo dal punto di vista gastronomico. Quanto ti aiuta questo in cucina?

E’ tutto! Il lavoro più faticoso lo fanno i produttori poi noi possiamo permetterci di divertirci perché, negli anni, è cresciuta la logistica, c’è più attenzione alla selezione del prodotto, c’è più cultura… Un bravo cuoco non può migliorare un prodotto scadente, un cattivo cuoco può rovinare un buon prodotto. E’ nostro dovere essere al servizio del produttore.

Cappelletti in brodo progressivo

Come descriveresti la tua cucina?

Spero “del sapore”. Alla fine, quello che conta è stare bene, quello che rimane impresso è il sapore di un piatto, quello che può rievocare o la memoria che può creare in futuro.

Hai un piatto preferito o che ti dà maggiori soddisfazioni?

Spero che tutti i piatti ci rappresentino. Tutti cerchiamo di fare una cucina che sia la nostra e che sia dei clienti. Un ristorante non deve essere solo dello chef ma di un gruppo, di chi presta servizio ed anche degli avventori. Se poi vogliamo parlare di un piatto a cui sono particolarmente affezionata è un piatto che nasce dopo tanta ricerca e fatica e poi reso più semplice lavorando sulle tecniche, il mio sogno è creare almeno un piatto che possa finire nelle case. Secondo me un cuoco deve essere soddisfatto quando un suo piatto diventa di tutti, penso a chi ha inventato la lasagna o il tiramisù, mi fa ridere chi ha paura di essere copiato.

Da questo punto di vista posso menzionare l’uovo alla carbonara; tante persone, anche ristoratori, lo hanno fatto loro o mi chiedono un tutorial per farlo. Altro piatto a cui sono molto affezionata sono i cappelletti in brodo progressivo. Un piatto nato da due mie passioni: la cucina e l’arte. Ero alla Galleria Borghese davanti alla scultura di Apollo e Dafne, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, dove Apollo insegue Dafne; lei chiede aiuto e viene trasformata in una pianta di alloro.

Quindi servo questi tortellini in un brodo tradizionale, poi Dafne sfuma quindi viene buttata una perla di brodo affumicato nel brodo caldo e si scioglie e cambia il sapore, infine viene aggiunto un estratto di alloro a simboleggiare la trasformazione di Dafne in alloro.

Apollo non toccherà mai Dafne ma un tronco di alloro. Quindi c’è questa connessione che racconta contemporaneamente l’evoluzione dalla tradizione all’innovazione, chi è a tavola è come se mangiasse tre piatti diversi anche in momenti diversi. Ho voluto così raccontare, attraverso la mia cucina, un momento che mi ha particolarmente rapita.

Italia squisita

E’ vero che nasci come pasticcera? Come sei arrivata alla cucina?

In realtà non è vero! Sono appassionata di cucina sin da bambina essendo una mangiona, poi quando mia sorella aprì un suo ristorante-pizzeria mi chiese di lavorare con lei ed io, con la spavalderia dei miei 19 anni, accettai. Ma alla fine della prima stagione, andata comunque molto bene, mi resi conto di non essere pronta per una cucina professionale così mi iscrissi ad una scuola di cucina. Iniziai a fare l’assistente degli chef che venivano a fare lezione, feci degli stage nei vari ristoranti e l’estate lavoravo con le mie sorelle.

Da lì sono entrata nella cucina di Agata e Romeo, poi da Salvatore Tassa a Le Colline Ciociare fino ad arrivare da Heinz Beck. Nel frattempo, durante la scuola, facevo l’assistente del Maestro pasticcere Nazzareno Lavini; praticamente ho seguito un corso di pasticceria senza volerlo. E sempre in ambito pasticceria ho fatto anche uno stage dal Maestro Gino Fabbri.

Per me la pasticceria era diventata più un divertimento che un lavoro, mi veniva quasi naturale. Così entravo nei ristoranti come pasticcera, anche perché era più facile, poi pian piano mi facevo strada anche in cucina. Quindi ho praticamente sempre fatto sia cucina che pasticceria.

La Parolina è il tuo “terzo figlio” dopo Azzurra e Giacomo, come riesci a coniugare i ruoli di chef e di mamma?

Per questo non esiste un libro di ricette, è complicato ma si fa pensando sia possibile. Solo così si trovano le strade per trasformare l’impossibile in realtà. Sicuramente bisogna fare delle rinunce, ma come in ogni cosa che dà soddisfazione, io mi sono tanto divertita con loro e poi sono proprio i figli ad insegnarti a conciliare le cose. Fare la mamma è comprendere qual è la strada giusta da intraprendere con ogni figlio, perché poi ognuno è diverso dall’altro. Forse sono una madre fuori dagli schemi, ma mi sono tanto divertita, ci siamo fatti delle gran risate ed è l’esperienza più bella della mia vita.

Dal 2012 avete allargato il ristorante con il B&B, come mai questa scelta?

Perché mi piace l’idea di dare ospitalità e poi perché mi piace preparare le colazioni. Voglio far vivere un’esperienza completa ai miei clienti ed infine perché capita che i clienti non vogliano mettersi in macchina di notte, dopo una cena, in una zona fuori dal mondo come questa.

Cosa vedi nel tuo futuro?

Il futuro è il presente! Tutto quello che stiamo facendo si trasforma in passato ma è contemporaneamente il futuro che stiamo costruendo. Facciamo anche molta formazione ed è molto importante perché questo è un momento difficile per la ristorazione e noi ristoratori abbiamo le nostre responsabilità. C’è una difficoltà generazionale di comunicazione, bisognerebbe reimpostare le aziende in maniera importante. Fare formazione e confrontarsi oggi è fondamentale.

In realtà il futuro riserva anche un nuovo importante progetto per la nostra Iside. La chef aveva tenuto il segreto, per motivi scaramantici, ma poi non ha potuto che confermare dopo l’uscita della notizia su un’importante testata del settore (fonte: Gambero Rosso) proprio nei giorni scorsi. Si tratta di Terrae Restaurant, il ristorante all’interno del NH Collection, nella prestigiosa ed elegante cornice di Palazzo Gaddi in pieno centro a Firenze, del quale Iside De Cesare ha acquisito la gestione. A guidare la cucina di Terrae sarà lo chef Salvatore Canargiu, da anni in cucina con Iside, mentre lei si dividerà con La Parolina.

Simone Pacifici

Nato a Tivoli (Rm) il 28/07/1977, narratore di enogastronomia per la passione ereditata dalla famiglia materna. Negli anni ha frequentato corsi di cucina, pasticceria, sala e giornalismo enogastronomico.

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