Categorie: Interviste

Elisabetta Campus Insieme per Roma

D. Come nasce la sua candidatura all’Assemblea Capitolina romana?

R. Nasce dall’esigenza di travasare lo spirito di servizio (e la mia esperienza
multidisciplinare) dallo Stato-Amministrazione alla cittadinanza attiva, per la
“cura” delle forme più acute dell’attuale disagio socio-economico. Ho chiamato
questa mia scelta “Uscire dal Fortino della burocrazia”. Ovvero, “Essere al
servizio, e non essere serviti”, secondo la dotta citazione recente di Papa
Francesco.

D. Quindi, è lecito presumere che, nel suo programma, le modalità di sostegno
all’affermazione dei diritti di cittadinanza assumano particolare rilevanza…

R. Esatto! Oggi, il cittadino è un soggetto, per così dire, “passivo”, rispetto alle
attività che, nei suoi confronti, vengono orientate dai pubblici poteri, per quanto
riguarda i servizi alla persona e all’impresa. Domani, in prospettiva, propongo che
il cittadino sia, per “quota-parte”, il “co-progettista” (e non più un semplice
fruitore passivo) dei servizi di prossimità che lo riguardano direttamente. Dico
“no” a progetti urbani e sociali che non dialoghino, in prima persona, con il
cittadino.
D. Sotto l’aspetto pratico, che cosa significa dare maggiore risalto ai diritti di cittadinanza, nell’ambito dei poteri locali?

R. Ad esempio, fare sì che Roma torni a essere una città pensata “dai” cittadini per il
proprio benessere individuale e collettivo. In termini più concreti, intendo dare il massimo risalto allo sviluppo delle micro-imprenditorialità, per il rilancio sia dell’occupazione giovanile, sia di quella più matura, per padri e madri di famiglia che abbiano perduto, a causa della crisi attuale, il loro posto di lavoro.

D. Può entrare in maggiore dettaglio, in merito, su questi aspetti del suo programma?

R. Propongo, in particolare, di mettere “a sistema” quelle iniziative individuali, che si ispirano allo sfruttamento -per autoconsumo- del così detto “Orto di Guerra”. Attraverso la distribuzione di appezzamenti destinati a verde agricolo, di proprietà comunale/demaniale, a migliaia di famiglie, di giovani e di persone che hanno perduto, in questi anni, il posto di lavoro (associati anche in forme cooperativistiche), è possibile creare nuova occupazione, nel settore ortofrutticolo, sfruttando per di più distribuzione e produzione “a km zero”!

Non dimentichiamoci dei giovani che studiano negli Istituti agrari della
città, e che non trovano aree cittadine dove mettere in pratica i loro studi, ovvero, coltivare piante. E se il terreno è dentro il perimetro municipale, va da se che, per la prima volta nella storia della nostra città, i giovani coltiveranno “bietole, ortaggi e quant’altro” per i consumi locali.

Saremo contente anche noi signore, perché saranno i giovani a dirci come si coltivano i nostri giardini da balconi. Appoggerò pubblicamente tutte le iniziative imprenditoriali di singoli o di categorie professionali (periti agrari e associazioni del settore) che vedano nella cultura del territorio un esempio di crescita economica, di abbattimento della crisi e di solidarietà tra le persone; crescere come persone, per crescere insieme. Sfruttando lo stesso giacimento metodologico, propongo, altresì, di rivitalizzare i piccoli esercizi commerciali a conduzione familiare, che potrebbero riprendere le loro attività merceologiche, grazie a idonei accordi con gli hard discount, valorizzando la funzione di prossimità “a km zero” tra le imprese del commercio e i consumatori.

Il sostegno pubblico, per il rilancio del commercio a conduzione familiare, si fonda su di una politica di affitti a basso costo, sfruttando il notevole patrimonio di locali commerciali dei quali è proprietario il Comune di Roma. I beneficiari, dal punto di vista sociale, sono le famiglie monoreddito e
quelle che versano in grave disagio economico.

Redazione

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