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Gesticolare, virtù italica

Voi italiani parlate con le mani, mi sono sentito dire in spiaggia da una coppia di americani. Appena arrivati dalla Grande Mela, avevano letto con grande attenzione l'articolo del New York Times “When Italians Chat, Hands and Fingers Do the Talking”, uscito il 1 luglio, dove il quotidiano spiegava ai suoi lettori quanto il linguaggio del corpo e dei gesti sia un elemento di pari importanza, se non più, per noi italiani. Insomma, un prontuario per i turisti degli States, con tanto di video-inchiesta per far capire come gesticoliamo e usiamo braccia e mani a tal punto da aver creato un linguaggio universale, riconosciuto e tipico. Un prodotto 'Made in Italy' come tanti che esportiamo nel mondo.

Secondo Isabella Poggi, professoressa di psicologia all'Università di Roma Tre, sarebbero almeno 250 i movimenti del corpo che contraddistinguono la gestualità italiana, diventando ormai un elemento inconfondibile e insostituibile a supporto delle nostre conversazioni quotidiane.

Ironia, fatalismo, enfasi … c'è un po' di tutto in questo modo di comunicare alternativo, fatto di movimenti di spalle, torsioni del capo, abili mosse con le mani che ormai automaticamente, quasi senza accorgercene, tutti noi (provate a negarlo?) compiamo abitualmente. Come il classico alzare le spalle che mettiamo in scena quando ci viene chiesto quando passerà l’autobus alla fermata. O il tipico "cosa vuoi?", che esprimiamo accostando al pollice tutte le altre dita della mano. Oppure, l'indice che batte sul polso per sottolineare il ritardo, le mani che toccano il ventre per segnalare la fame.

Secondo Isabella Poggi, la nostra abilità avrebbe un'origine ben precisa e risalirebbe a quando gli antichi greci colonizzarono l'affollato sud dell'Italia, dove la gestualità era fondamentale "per richiamare l'attenzione". Non solo. Secondo alcuni studiosi, il linguaggio dei segni si è poi progressivamente sviluppato (per arrivare ai giorni nostri) in città sovrappopolate, come Napoli e Roma, diventando un modo di competere e per marcare il proprio territorio.

Ricorda il New York Times come a questa abitudine non si sottraggano nemmeno i politici. Dal dito medio alzato di Umberto Bossi nel 2008 mentre veniva suonato l'inno nazionale, alle braccia allargate di Silvio Berlusconi di fronte alla bellezza di Michelle Obama, durante un incontro al G20 del 2009. Fino al caso del senatore Giulio Andreotti, famoso per le mani giunte e ferme, il linguaggio del corpo che esprimeva in quel caso, spiega il quotidiano statunitense, un "temibile potere che avrebbe potuto usare se solo avesse voluto". Come dire, il silenzio del corpo spesso vale più di mille parole!

Redazione

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