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Imu e Taser, la macabra ironia degli acronimi

Da Invim a Trise. La storia della tassazione in Italia passa anche e soprattutto il ricorso agli acronimi, formule linguistiche che hanno consentito di celare o rendere meno odiose misure così invise ai cittadini. Negli ultimi 40 anni, abbiamo registrato un autentico campionario di acronimi fiscali. Dall'Invim (imposta sull'incremento del valore aggiunto) nel 1972, un nome che richiama vagamente un celebre detersivo, all'Isi, l'imposta straordinaria sugli immobili, così straordinaria che, come spesso capita in Italia, diventa ordinaria e stabile. Tant'è che si tramutò poi in Ici, quindi in Imu per arrivare alle soluzione più recenti, come Trise.

Per Marco Ferrante (Messaggero, 18 ottobre 2013) c'è un "losco fascino iniziatico negli acronimi fiscali". O forse una macabra ironia, come ha spiegato Federica Colonna (La Lettura, Corriere della Sera, 13 ottobre 2013). Basti pensare come Imu, l'imposta municipale unica, simbolo per eccellenza della tassazione per milioni di italiani e bandiera elettorale di Silvio Berlusconi, nelle chat americane si trasforma in una frase d'amore, I miss you, mi manchi. Mentre Taser, la prima versione della tassa sui servizi, poi rapidamente abbandonata, richiamava in modo assai infelice la pistola in dotazione alle forze dell'ordine americane usata per immobilizzare ogni malcapitato per effetto di una sorta di elettroshock.

Ci spiega Federica Colonna, quando l'acronimo raggiunge il successo, ciò avviene essenzialmente per due motivi: linguistico, perché ci fa rispamiare tempo e spazio nella scrittura e perché è facile da comprendere e ricordare; l'altro psicologico, perché in fondo è una formula liberatoria, è la nostra parte ribelle del linguaggio che si oppone ai diktat linguistici della società che pensa e parla bene. Lasciamo a voi la scelta di esprimere i vostri sentimenti con un classico 'ti voglio bene' o per il più liberatorio 'tvb'.

Redazione

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