Cultura

Lirica: saper tacere è un pregio innato, saper cantare è un’arte che si può apprendere

Per una volta voglio uscire dalla consuetudine di parlare di un solo libro alla volta. Ciascuno di noi ha una propria biblioteca personale, magari non fisica, ma fatta di grandi e piccoli innamoramenti letterari. Sono quei pochi volumi che porteremmo in salvo anche fuggendo da un Paese in guerra e che già ci rimanda al fin troppo noto “Fahrenheit 451”, titolo che simboleggia la temperatura alla quale brucia una pagina di carta, scritto da Ray Bradbury e diventato poi un film diretto da François Truffaut.

Immagine del libro: “Cantare è un’arte”

Il potere dei libri temuto dai potenti

Da sempre il rogo pubblico dei libri è il simbolo di quanto i potenti di turno temano l’arricchimento culturale delle persone. Forse la nostra raccolta di opere preferite non richiede atti eroici ma segue un sereno filo logico da poltrona accanto al camino. Sicuramente però queste poche parole vogliono suggerire l’ipotesi che ci sia attualmente una serie di pubblicazioni che ha un comune denominatore tutto italiano: il saper fare.

Il racconto che è sempre stato fatto e si continua a riproporre di un italiano naturalmente artigiano, artista e maestro in qualunque campo si applichi è forse eccessivo e discutibile ma nulla toglie al valore immenso dei tanti capolavori che nel corso dei secoli il Belpaese ha prodotto. Non è solo un patrimonio di risultati ma anche e soprattutto di tecniche elaborate e tramandate con l’esempio e spesso oralmente come segreto di ogni eccellenza.

Davide Rampello nel libro “L’Italia fatta a mano”, edito da Skira di Milano nel 2019, parla di beni culturali viventi che sono in grado di trasmettere un sapere pratico, concreto, che è alla base della nostra pizza, del nostro mandolino e della nostra liuteria, della motoristica e dell’architettura o di qualunque altra forma di espressione abbia reso nei secoli la nostra terra un incomparabile patrimonio dell’umanità. Un sapere quindi di persone che sanno fare, bene e con gusto, tanto da rasentare o raggiungere la perfezione.

Cantare la lirica italiana

Lungo questa linea di pubblicazioni non posso non dedicare spazio a “UT – Cantare la lirica italiana”, scritto dai maestri Yuri Takenaka, soprano giapponese ma anche vincitrice di una edizione delle “Voci Verdiane”, e David Ciavarella, tenore affermato che in gioventù è stato solista nel Coro delle Voci Bianche della Cappella Sistina, editato non a caso nel giorno di Santa Cecilia patrona dei musicisti del 2021 dalla casa editrice romana ADM – I libri del Pantheon. Si tratta di un testo che raccoglie la loro lunga esperienza di insegnamento, in Italia e all’estero, e che da risalto soprattutto all’essenza del melodramma: la musica e il canto.

In realtà non si tratta di un semplice metodo musicale ma di un bel lavoro, anche nell’aspetto grafico, che, con le parole del Maestro Ciavarella: “Non bisogna mai dimenticare che il melodramma è una forma teatrale dove la parola parlata diviene parola cantata ( …) la comprensione del testo riveste un ruolo fondamentale nella messa in scena di un’opera lirica.”.

Le tecniche di insegnamento del belcanto

Ciavarella e Takenaka, tenore e soprano di grande levatura, hanno raccolto la loro esperienza e il risultato di uno studio attento delle grandi voci del recente passato in una tecnica di insegnamento centrato sulla naturalezza dell’emissione vocale e sulla comprensibilità della parola cantata. Gli allievi italiani, olandesi, inglesi, cinesi, australiani e giapponesi confermano che questo metodo di formazione dà ottimi risultati e può essere utilizzato anche da chi fa un uso professionale della voce.

Certo sarà difficile sentire in un tribunale il canto di un avvocato o in radio quello di un giornalista o magari di un cronista sportivo, per quanto possa essere tifoso di una squadra che ha appena segnato un gol. ma l’obiettivo è quello di usare al meglio il nostro “apparato fonatorio”.

Il volume ha in apertura il racconto inedito di Beniamino Gigli jr. delle lezioni di canto del grande nonno e prefazioni di prestigio scritte dai maestri Sergio La Stella, Peter Tregear, Miciko Tadè e Notiyuri Hirata. Ogni capitolo tecnico è corredato da un qr code con esempi per ciascun tipo di esercizio vocale e una serie di indicazioni di ascolto dei grandi artisti in particolari ruoli, tutti disponibili nella rete internet, e appunti sul lavoro dei maggiori librettisti italiani inseriti in ordine cronologico e con molte curiosità.

Le voci femminili e la pratica della castrazione

Non mancano poi inserti dedicati alla poco conosciuta (e riconosciuta) produzione femminile come Nannerl Mozart, sorella di Wolfgang, e Grazia Deledda, o Maria Luisa Coccia e la Marchesa Colombani. Non è stata dimenticata nemmeno la crudele pratica della castrazione per ottenere voci maschili con una estensione di voce particolarmente acuta che rimase in voga fino all’inizio del 1900 della quale esistono e sono indicate solo pochissime registrazioni.

A questo punto mi sembra evidente che non si tratta di un libro solo per gli addetti ai lavori “UT – Cantare la lirica italiana” è un metodo per la voce e anche una utilissima guida per l’ascolto che ci potrebbe autorizzare a fischiare sonoramente, come è tradizione degli appassionati del loggione, una buona parte dei cantanti contemporanei che sono a malapena in grado di farci comprendere qualche vocale e intuire qualche parola di senso compiuto.

A volte, anzi, non di rado possiamo ascoltare grandi interpretazioni del repertorio nazionale proprio in allestimenti stranieri. Speriamo che Takenaka e Ciavarella abbiano una moltitudine di allievi e di poter tramandare anch’essi quel bene culturale (sopravvivente nonostante la presente negativa influenza di agenti, procuratori e raccomandati) che è il canto lirico.

La lirica è senza barriere

In conclusione però non possiamo far finta che non ci siano in corso guerre e situazioni preoccupanti. Certo, si va avanti lo stesso come possiamo e come dobbiamo ma mi sembra il caso di ricordare quanto proprio la lirica sia parte di un mondo che, come la cultura tutta, non prevede confini nazionali.

Non possiamo dimenticare, tanto per fare degli esempi, che qualche anno fa nello splendido Teatro dell’Opera Nazionale dell’Ucraina a Kiev si sono tenute diverse rappresentazioni per “Ave Verdi” dedicate al bicentenario del grande compositore oppure il rapporto tra Solomia Krushelnytska e Giacomo Puccini, e ancora la grande scuola dei bassi che a partire da Ivan Steshenko, nato a Lebedyn ma allievo del Conservatorio di Milano dal 1912 al 1914, ancor oggi prepara voci di grande livello.

D’altro canto però, perdonate il gioco di parole, la produzione operistica russa ha visto stelle di prima grandezza come Fjodor Shaljapin, Galina Vishnevskaja, Elena Obraztsova e Dmitrij Hvorostovskij. Tra i contemporanei ricordiamo, tra i numerosi personaggi in attività, Maxim Mironov, raro “tenore di grazia”, nato nel 1981, che vive da decenni in Italia ed è ritenuto uno dei migliori interpreti delle opere di Bellini e di Rossini.

Ray Bradbury con “Fahrenheit 451”, Davide Rampello con “L’Italia fatta a mano”, Yuri Takenaka e David Ciavarella con “UT – Cantare la lirica italiana – Un metodo per la voce, una guida per l’ascolto” ci hanno consegnato dei libri che per il loro contenuto valgono ben più di quanto possano essere stimati una trasmissione televisiva o un milione di follower sui social. Avere queste opere tra le mani ci consente di essere una piccola parte di quel Pantheon meraviglioso che è l’intelligenza degli abitanti del pianeta terra. Auguro a tutti buone e utili letture … come queste.

Sebastiano Biancheri

Redazione

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