Cucina

Olio extravergine d’oliva: ecco l’Orolio, il miglior evo tutto Ciociaro

Spesso viaggiando mi chiedo, quanta territorialità c’è dentro un paese, una regione, una provincia, un comune e come si fa a capirne l’essenza. Questa domanda me la pongo spesso in qualità di piccolo olivicoltore artigianale di Boville Ernica (Frosinone), in quanto vivo le varie fasi vegetative dei miei ulivi, dalla messa a dimora, alla potatura, alla concimazione all’utilizzo dei vari sistemi antiparassitari. Fino ad arrivare al periodo di raccolta e alla successiva molatura e spremitura e utilizzo del mio nuovo olio, che chiamo Orolio.

Gli olivi e l’olio della ciociaria

Gli olivi della Ciociaria, sparsi in un grande territorio formato da 90 Comuni, offrono un olio favoloso, purtroppo non conosciuto per diversi motivi, quali l’incapacità di fare squadra, di fare sistema e di sapersi aggregare ad ogni livello. Questo lo posso tranquillamente affermare avendo avuto modo di girare l’Italia in lungo e in largo, essendomi immerso negli usi, costumi, tradizioni locali, avendone assaggiato successivamente i vari prodotti, tra i quali gli olii extravergini d’oliva. Oli alcuni eccezionali altri meno ma, quasi tutti accomunati da un grande spirito di squadra dei produttori nel momento in cui si deve fare sistema per portare avanti le varie eccellenze territoriali destinati al consumo.

Rimanendo nell’ambito regionale, secondo una ricerca dell’Istat, nel Lazio, su una superficie complessiva di circa 61.000 ettari di terreno, vi sono presenti quasi 67.000 produttori agricoli, intendendo nella loro interezza anche gli artigiani come me che producono per il proprio fabbisogno personale. Una ricchezza unica considerando che l’analisi della distribuzione territoriale delle aziende olivicole individua la massima concentrazione (30,4% del totale) nella provincia di Frosinone seguite dalle province di Roma (22,8%), Viterbo (20%), Latina (17,3%) e Rieti (9,5%).

90 frantoi oleari attivi nella sola provincia di Frosinone

Altro dato statistico e forse poco conosciuto che necessita di essere evidenziato è che nel Lazio sono presenti circa 300 frantoi oleari, di questi, circa 90 sono attivi nella sola provincia di Frosinone, la quale non possiede, al momento, nessun riconoscimento I.G.P. o D.O.P., contrariamente alle altre provincie laziali.

Entrando nel merito normativo, si può affermare che la Denominazione di origine Protetta D.O.P., viene conferita solo agli oli extravergine d’oliva in possesso di determinati requisiti secondo un disciplinare di produzione contenente precetti e regole molto selettive e severe. Come ad esempio le varie cultivar da utilizzare, il territorio delle zone di raccolta, le varie acidità, i successivi controlli di verifica, il tutto utile a dimostrare una tradizione produttiva antica, consolidata, ed una provenienza certa e riconoscibile di assoluta eccellenza.

Attualmente in Italia, esistono 42 DOP e 4 IGP, di queste, ve ne sono presenti nel Lazio quattro, due nella provincia di Viterbo, una nella provincia di Roma, una nella provincia di Rieti e una nella provincia di Latina, denominate DOP Canino, DOP Tuscia, DOP Sabina e DOP Colline Pontine.

Non vi è traccia di Frosinone e provincia, verrebbe a questo punto da dire, povera Ciociaria, tanti terreni olivati, moltissimi produttori, numerosi frantoi, notevoli cultivar e nessun riconoscimento, né IGP né DOP.

L’olio evo ciociaro

Doverosa a questo punto la domanda, di chi è la colpa o l’incapacità e come si può arginare questa carenza? Come si può far conoscere l’olio frusinate e le sue cultivar, Rosciola, Leccino, Moraiolo, Carboncella, Frantoio, Itrana, e altre, testimone millenario della Civiltà contadina Ciociara?

Una storia che deve essere necessariamente salvaguardata in quanto l’olivo, pianta conosciuta anche come sacra e vitale, nel corso dei secoli è sempre stata tenuta in grandissima considerazione, basti leggere cosa scriveva Aristotele:

Se qualcuno avrà sradicato o avrà abbattuto un olivo, sia di proprietà dello Stato, sia di proprietà privata, sarà giudicato dal Tribunale e, se sarà riconosciuto colpevole verrà punito con la pena di morte…. (Aristotele, Costituzione degli Ateniesi 330-332 a.c.).

Sicuramente furono i Greci a portare l’olio in Italia verso la metà del primo millennio, ma furono successivamente i Romani a farlo conoscere in ogni luogo conquistato, ampliando gli studi sulla coltivazione, attraverso le potature, le concimazioni ed usando strumenti idonei alla spremitura, classificando le varietà dell’epoca.

Il ruolo dei monaci benedettini nella valorizzazione dell’olio

Con il crollo dell’Impero Romano, la cultura dell’olio scomparve per riapparire verso il V secolo grazie ai monaci Benedettini i quali, spinti dalle loro motivazioni religiose e seguendo la regola, Ora et Labora, impiantarono nei loro territori grandi estensioni di ulivi, dati successivamente in gestione ai contadini dei luoghi.

La Ciociaria, prima Romana, poi Papalina ci regala come sempre delle “chicche storiche”, come ad esempio la Villa di Marco Tullio Cicerone a Sora (FR), sulla quale è stata costruita la Chiesa di San Domenico. Ancora oggi, visitandola, è possibile scorgere sul portale d’ingresso della Chiesa un frammento di lastra di marmo in basso rilievo sulla quale vi sono incise scene di vendemmia e raccolta delle olive, stiamo parlando del I Secolo a.c..

Si continua a parlare sui vari canali di marketing dell’olio toscano, di quello pugliese o del ligure, tralasciando l’importanza della conoscenza storica dell’olio laziale, conosciuto anticamente con gli Etruschi e ora, con le chiavi d’accesso ad una nuova rilettura tutta Ciociara.

L’olio di Boville Ernica

Tornando ai giorni nostri e parlando di Boville Ernica, cittadina situata nel cuore della Ciociaria, facente parte dei Borghi più Belli d’Italia, attualmente conta un insieme di circa 1.100 ettari di terreno adibiti ad uliveti, visibili dalle innumerevoli vie che portano dalle campagne al centro storico e viceversa. Qui, ogni famiglia è un piccolo nucleo produttivo ad uso personale, avvalendosi per la spremitura dei 6/7 frantoi zonali capaci di rispondere anche alle esigenze di molatura dei paesi limitrofi.

Tantissime olive, ma pochi venditori/produttori, infatti parlando con alcuni di loro ho potuto apprendere come ci sia difficoltà nella creazione di una filiera capace di trainare l’insieme degli stessi, ognuno va per conto proprio e ognuno pensa che il proprio olio sia il migliore di tutti. Chiaro che con questi assunti non si va da nessuna parte.

Il Museo dell’Olio

Tempo fa, parlando con uno di loro, Antonio Genovesi, dell’omonima azienda Agricola, ho potuto scoprire che oltre a produrre un olio di elevate qualità è anche proprietario del Museo Dell’olio, con all’interno un frantoio antico risalente agli anni ’50 ed alcuni testi storici risalenti ai primi del ‘900, una memoria storica che non ha eguali in tutto il Lazio e di cui Boville Ernica si fregia di esserne la capitale.

Ma non basta, occorre recuperare il tempo perso, ecco perché il Comune di Boville Ernica si sta attivando come capofila, da una idea del Sindaco Enzo Perciballi e dall’Assessore al Turismo, Martina Bocconi, per l’ottenimento di un primo riconoscimento importante per l’olio prodotto in loco ma anche nei Paesi limitrofi circoscritti entro i confini storici appartenenti allo Stato Pontificio.

Quindi Olio delle Terre dei Papi, attraverso l’utilizzo di una DMO (Destination Marketing Organization), capace di valorizzare l’intero settore oleario, coinvolgendo in prima persona i produttori e facendo sistema con l’aggregazione di Enti, persone fisiche e giuridiche.

Storia, tradizioni, arte, cultura, aggregazione, sono queste le chiavi d’accesso che possono fare leva sulla costituzione in Ciociaria di una via dell’olio o meglio ancora Orolio.

Prendendo come spunto la Pasqua appena passata e la colomba che torna da Noè sull’Arca, trasportando nel becco un ramoscello d’olivo ad annunciare la fine del diluvio e l’inizio di una nuova era e di pace, mi auguro che qualcosa di grande possa nascere anche in Ciociaria, come una via dell’olio capace di gareggiare alla pari con tutti.

Il primo Cabernet in Italia è ciociaro: Atina DOC, verso il futuro

Marco Bordon

Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli studi di Bologna e in Marketing e Management presso l'Università degli studi di Chieti/Pescara. Sommelier AIS, Vice delegato provinciale Ais e Responsabilità comunicazione Ais provincia Frosinone. Revisore dei conti presso Pontificia Academia Cultorum Martyrum.

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