“Il governo è impegnato sia in un piano di riduzione delle perdite della rete idrica, nel quale sono stati stanziati 4,5 miliardi“, e “più recentemente con con la legge di Bilancio che viene discussa in Parlamento in queste settimane con un piano contro la siccità, che per la prima volta si propone di valorizzare l’accumulo di acqua piovana in circa 2mila bacini di piccoli e medie dimensioni”.
Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio, lo dice nel corso del suo intervento all’apertura dei lavori del summit internazionale ‘Acqua e Clima. I grandi Fiumi del Mondo a confronto’, al via oggi (ieri per chi legge) in Campidoglio e che riunisce i responsabili dei maggiori bacini fluviali del Pianeta. "Sappiamo noi romani in modo particolare che il tema dei bacini, della raccolta di acqua, può avere un’influenza notevole e quindi bisogna lavorarci con occhio rivolto al futuro”, conclude Gentiloni.
“In Italia viviamo entrambi i lati della medaglia dei cambiamenti climatici. Da un lato abbiamo la siccità che ha proprio nei fiumi la sua cartina tornasole più evidente, con l’abbassamento dei livelli e delle portate e, quindi, le enormi problematiche che si innescano per l’agricoltura oltre che per la sopravvivenza stessa degli ecosistemi.
Dall’altro lato il nostro paese è colpito sempre più spesso da alluvioni, inondazioni che innescano frane e disastri nei centri urbani, inadeguati a reggere la pressione delle ‘bombe d’acqua’”. dice il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, nell’apertura dei lavori del summit.
“Quello che accade in Italia – sottolinea Galletti – si ripropone su scala crescente nei bacini dei grandi fiumi. Territori sempre più vasti, a causa dell’innalzamento delle temperature e della conseguente desertificazione, non riescono più ad offrire alle popolazioni la possibilità di sostentamento che nei paesi più poveri viene dall’uso della terra e dalle risorse anche alimentari che la terra può offrire.
La conseguenza di ciò, oltre ad una grave perdita di biodiversità- conclude Galletti- sono le migrazioni sempre più massicce, soprattutto da alcune aree del continente africano che rischiano di diventare inadatte agli insediamenti umani”.
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