Cassino. Depuratore riversa veleni nel fiume: 3 arresti. Gli indagati sapevano

Ai domiciliari anche l’amministratore delegato della società che gestisce l’impianto. Project manager della A&A: “sembra Gardaland”

Depuratore di Cassino

Depuratore di Cassino

Alla luce delle indagini svolte dai carabinieri del Nucleo investigativo di polizia ambientale, agroalimentare e forestale, durante le mattinata di ieri, 23 settembre, su ordine del gip, i militari del gruppo forestale di Frosinone hanno messo ai domiciliari l’amministratore delegato della A&A, la società che gestisce il depuratore del Consorzio industriale di Cassino, Riccardo Bianchi, il direttore dell’area tecnica, l’ingRoberto Orasi, e il tecnico Amedeo Rota, accusati di inquinamento ambientale. Dal depuratore consortile, dove confluiscono gli scarichi di diverse aziende e Comuni del cassinate, uscivano veleni. Notificato poi ad altri due indagati un obbligo di dimora e un divieto di dimora. È avvenuto infine il sequestro del depuratore. Sei in totale gli indagati.

“Sembra Gardaland”

Come riporta la giudice Vittoria Sodano nell’ordinanza, in una telefonata con la sorella il 17 luglio del 2020 la project manager della “A&A” dice, riferendosi alle condizioni del depuratore: “Praticamente quella vasca di ossidazione mi sembra Gardaland”.

Gli indagati erano a conoscenza delle problematiche…

In un’altra conversazione un dipendente, anche lui indagato, descrive al responsabile degli impianti Cosilam, Amedeo Rota, la gravità della situazione che sta riscontrando alla stazione di sollevamento: “È grave sta cosa”, evidenziando un malfunzionamento del sistema automatico di partenza delle pompe. Riferisce anche, scrive ancora il gip, che i liquidi trasbordano dalla stazione di sollevamento e vanno a finire nel Rio sottostante. E i presenti se ne sono accorti. “Sotto qua al gruppo, l’acqua del pozzo va sotto quella vaschetta dove stanno le valvole di ritegno e e questi l’hanno visto questo fatto qua”.

…Ma non facevano trasparire nulla

Dunque dalle conversazioni telefoniche e ambientali captate nel corso delle indagini dei carabinieri forestali emerge come gli indagati fossero a conoscenza delle problematiche dell’impianto di depurazione di villa Santa Lucia. Ciò nonostante, sottolinea lo stesso giudice nell’ordinanza, “si preoccupavano essenzialmente di non far trasparire all’esterno i problemi, piuttosto che adottare gli accorgimenti necessari per evitare l’inquinamento del corso d’acqua”.

“Se ce li dà, 10/15 mila euro, lo aggiustiamo”

Rota conosce bene la problematica: “Eh lo so, lo so”. È consapevole che l’unica soluzione sarebbe riparare la tubazione, ma che, d’altra parte, sono necessari 10/15 mila euro. Con tono ironico dice infatti al dipendente di recuperare il denaro da chi avesse segnalato il problema. “Digli che se ce li dà, 10/15 mila euro, lo aggiustiamo”.

Lascia un commento