C’è un nuovo cinema sofisticato: la pay-tv

Le pay-tv per smarcarsi dai grandi competitor generalisti si propongono col mettere in catalogo e poi produrre in proprio titoli più curati

Siamo ormai serie-dipendenti. Anche noi cinefili della prima ora.
Non è che siamo diventati di bocca buona, che abbiamo abbassato l’asticella. E non è solo che in una serie “ce n’è di più”, né che siamo tutti affetti dalla sindrome del binge watching, compulsivamente forza-ti a “vedercene un’altra”; c’è del vero in queste ultime due, ma non ba-sterebbe.

Il cinema perde le sue unicità e la tv ne approfitta

Il punto è – e non ci piace ammetterlo – che nel confronto con la televi-sione il cinema sta venendo meno ad alcune sue unicità, e la sua avver-saria, la tv, ha pensato bene di cavalcarle. Spieghiamoci meglio. Qual era in origine la differenza fra cinema e fiction tv? Il televisore è dentro casa, quasi sempre nella stanza in cui la famiglia vive di più, molto presto clonato in camera da letto e in cu-cina. Coi palinsesti ininterrotti, in molte case lo si tiene acceso per de-fault, sempre, a prescindere. È la zia ciarliera, in genere allegra, a volte sentenziosa e moraleggiante. È il caminetto, ma acceso anche d’estate.
Questa collocazione finì presto per essere la missione della televisio-ne: educarci (ma questa si è persa strada facendo: i grandi romanzi sceneggiati della Rai di Bernabei sono un lontano, nostalgico ricordo), rassicurarci, lisciarci dal verso del pelo, assecondare le nostre debolez-ze.

Non porci interrogativi – che sono destabilizzanti – bensì ridurre tutto a formule esistenziali semplici, agevoli da far nostre e replica-re in società. Da qui ad essere usata da chi la dirige come suadente ma potente strumento a sostegno del “sistema” il passo fu brevissimo.
Il cinema, invece, è una scelta: devi “vestirti”, uscire (magari piove), spesso guidare e cercare parcheggio, pagare un biglietto; chi lo fa – pur avendo la tv – non vuole necessariamente conferme, verità e sentimenti predigeriti; ama anche essere spiazzato, doversi far domande. In ori-gine il cinema quindi è, al confronto, libero. E per quasi un secolo ha usato questa libertà a piene mani, spesso in direzioni politicamente scomode.

Il cinema si addomestica

Ma poi, che è successo? Gli alti costi del cinema non sempre riuscivano ad essere coperti solo dal botteghino (con un pubblico sempre più at-tratto dal divano di casa); contemporaneamente i crescenti network te-levisivi avevano sempre più bisogno di film, di cui il pubblico non sa fare a meno. Quindi – in Italia a partire dalla fine degli anni ’70, all’e-stero anche prima – il passaggio televisivo diventa sempre più una ri-sorsa economica per il produttore cinematografico, che comincia a cer-carlo fino a farsene condizionare; che significa costruire il film in fun-zione di quei passaggi, pensando al grande pubblico domestico, evitan-do temi e stili inadatti a quel pubblico e quindi a rischio di censura preventiva o di brutti tagli; in definitiva rendendolo più appetibile dai decisori delle reti. È così che il cinema (con le dovute eccezioni) si addomestica.

Arrivano le pay-tv

È in questo scenario che compaiono le pay-tv. Che per smarcarsi dai grandi competitor generalisti si propongono col mettere in catalogo, e poi produrre sempre più spesso in proprio, titoli più curati e più liberi da condizionamenti, che cominciano ad attrarre quel pubblico prepa-rato e curioso che è deluso da un certo appiattimento di cui il cinema si sta ammalando. Non solo la formula incontra il favore del pubblico, ma – e qui sta il sal-to – attrae sempre più registi e sceneggiatori coraggiosi e ambiziosi, e star del grande schermo, che finora avevano snobbato il prodotto te-levisivo.
Oggi, ai canali tradizionali, roccaforte delle famiglie, resta importare i tormentoni “comici” d’oltreoceano con le risate in scatola, le soap su-damericane, e produrre fiction buoniste al marzapane con cui ciascuno può identificarsi, redenzioni, biografie di personaggi reali edificanti o in odore di santità, medici tutta abnegazione, tutori della legge integer-rimi ma umanissimi.

Si assiste ad un cambiamento di ruoli

Fra cinema e tv assistiamo così ad una curiosa inversione dei ruoli, che manda in soffitta le vecchie etichette di telefilm e miniserie: la
serie è il nuovo terreno per sperimentare linguaggi, osare contamina-zioni. Quello che il cinema fa sempre meno. Non abbiamo fatto esempi, ci piace l’idea di aprire una consuetudine con voi: inaugurare – con tutta la parzialità e i tic di chi vi scrive, e pronti al contraddittorio – un osservatorio che intercetti e vi segnali quanto di attraente cinema e serie ci vengono proponendo, ma anche che peschi nel passato, titoli mitici o ingiustamente negletti che oggi grazie all’on demand abbiamo sempre a portata di clic.

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