Covid-19. Il poeta che ha vissuto la guerra e “l’asiatica” si racconta

Bruni è autore di 5 raccolte poetiche ed è una colonna della cultura e della memoria storica della cittadina di Artena

Queste settimane di isolamento e notizie sconvolgenti si rivelano paradossalmente cariche di creatività: spunti di riflessione, poesia e musica fanno cantare dai balconi, o aggregano le persone per mezzo di un connessione online. Ciascuno di noi si fa testimone di un periodo che non dimenticheremo. Per i giovani è la prima grande emergenza vissuta in modo collettivo, per chi è un po' più saggio, invece, questa non è la prima tragedia che vede affliggere l'umanità.

Ezio Bruni si definisce un improvvisatore di poesie in ottava rima. I temi che sceglie sono diversi: la natura sicuramente, ma anche la politica, la vita quotidiana, l'amore e gli affetti, la morte, la fede, e adesso anche questo Coronavirsus con il quale ci troviamo ad avere a che fare. Per lui tutto è poesia, anche un ortaggio nel suo orto. Bruni è autore di 5 raccolte poetiche ed è una colonna della cultura e della memoria storica della cittadina di Artena.

Cominciamo con le presentazioni. Chi è il poeta Ezio Bruni?

“Io sono nato nel 1940 e mi definisco un piccolo poeta. Posso dire di aver visto situazioni di emergenza simili a quella di questo virus, ma certo soprattutto la comunicazione e la circolazione delle infomazioni erano diverse. Sul finire del secondo conflitto avevo 4 anni e ricordo quando all'arrivo degli americani e degli alleati ci siamo dovuti far riconoscere per dimostrare che non eravamo complici dei tedeschi. Così con la mia famiglia andammo a Cori, a piedi da Artena, con i miei sette fratelli di allora. A 4 anni feci quella camminata di corsa, con paura, a piedi, questo lo ricordo. Ci hanno posizionati in dei casali grandi, nella paglia, ci vennero i pidocchi. Un bel ricordo sono le caramelle date dagli americani, erano un gesto piccolo ma per noi che non avevamo niente era un evento bellissimo. A 16 anni invece mi venne l'influenza asiatica e quello fu duro: sono stato male per circa 15 giorni, febbre altissima ma non avevamo termometro, ricordo di aver sofferto”.

Lei testimonia però che ci si può riprendere da gravi conflitti e carestie, che anche quando tutto sembra perduto, si trovano nuove forze.

“Sì, dopo due guerre mondiali eravamo nella miseria, solo macerie intorno, ma ci siamo impegnati: dalle baracche siamo passati alle capanne di legno fino alle case. Abbiamo tirato fuori la volontà, l'umanità può sempre riprendersi. Quello che mi dispiace e amareggia di più è il fatto che ora la scienza, la politica e le risorse ci sono, eppure non c'è una visione comune dei capi di stato per uscire da questa situazione. Perché andiamo sulla Luna e non ci curiamo dei nostri cittadini? Perché rompiamo le scatole alle stelle e non progrediamo nella scienza della convivenza e del rispetto? Basta con la plastica, ad esempio. Quando ero ragazzo si usavano le bottiglie di vetro e poi si riconsegnavano, senza sprechi e inquinamento. Ogni settimana riempio una cariola di rifiuti che ripulisco da suna scarpata sotto casa mia…adesso non posso fatre nemeno questo”.

Che cosa ha rappresentato la poesia nella sua vita?

“La poesia mi ha aiutato tantissimo, quasi tutte le notti io scrivo. Lo faccio anche ora che non posso uscire per via dell'isolamento. Lo facevo anche quando ero infermiere e i pazienti mi chiedevano prima di dormire, di portare loro il pappagallo e di leggergli qualche mio brano. La poesia da coraggio. Per 28 anni sono stato vicino ai pazienti a Velletri. La poesia aiutava più delle iniezioni, le persone in ospedale cercavano affetto e consolazione. Per questo comprendo gli infermieri che stanno lavorando oggi, sono eroi”.

La poesia può essere un modo per rendere le persone più attente e sensibili in una situazione come quella rappresentata da questa pandemia?

“Dante, Ariosto, Petrarca, il Tasso hanno detto cose che possono insegnarci lezioni in tutti i tempi. Io non sono una persona istruita ma la poesia la comprendo e la amo profondamente. Una cosa che mao fare in giro per il Lazio ma anche in Abruzzo e Toscana sono le gare di poesia improvvisata: noi poeti ci sfidiamo con le nostre rime, improvvisando versi. Sono divertenti ed è la mia attività preferita”.

Fantastico! Un po' come fanno i rapper oggi! Come si intitolano le sue raccolte poetiche?

Sprazzi di vita, L'intimo di un cuore, 'Mpesticcio de grammatica artenese, Tutto della mia vita ti rivelo senza levar dall'accaduto un velo (2000 mila versi e 250 ottave tutte concatenate) e l'ultimo è un racconto dedicato a Macere, una sorta di albero genealogico dal 1850 ad oggi. Narro dunque la nascita di questa località. Oggi nessuno conosce la storia del luogo da cui proviene, i giovani non conoscono chi li ha preceduti e nemmeno sanno riconoscere un'erba velenosa da un'insalata, io credo che dovremmo conoscere la nostra memoria e la natura. A proposito di giovani, vorrei dire una cosa che forse può non piacere. Di questo virus non mi preoccupano gli anziani, noi abbiamo fatto la nostra vita, la famiglia, il lavoro. Possiamo anche partire, ma i giovani no. Devono ancora amare, stare coi loro figli. Io voglio che i giovani siano al sicuro anche più degli anziani”.

Ecco una poesia dell'autore, dedicata all'emergenza che stiamo vivendo.

Il Virus “Corona”

È già da tempo che parlar si intese
del terribile virus corona,
sembra la provenienza sia Cinese
che tutt’oggi ancor non l’abbandona;
la Cina che ha lottato a proprie spese
sacrificando ognun zona per zona
tanto che Xi Jinping ha dichiarato
che il peggio per la Cina sia passato.

Ora si sta allargando in ogni stato
e maggiormente nell’Italia nostra,
il Lombardia molto assatanato
come la giornalistica ci mostra
giorno per giorno è sempre peggiorato
questo congegno di una triste giostra
che purtroppo cammina di ora in ora
e tutto lo stivale deteriora,

Spero, la sanità resiste ancora
a tanti sacrifici collettivi
che lotta, rischia tanto e che lavora
lottando tra i pazienti positivi
sperando che un bel numero migliora
e che un vaccino un giorno a l’altro arrivi
che possa modificar brutti pensieri,
ai malati, ai medici e infermieri.

Però purtroppo sono fatti seri
che questo brutto morbo ancor cammina
nonostante i provvedimenti veri
con il camice, i guanti e mascherina
e sorvegliati dai Carabinieri,
però se chiusi in casa o in cantina
sarà un periodo scomodo e complesso
Però potremmo compiere un successo.

Mentre scrivo le ottave, vi confesso
che sento tanta preoccupazione
con un filo di speranza al tempo stesso,
però se accendo la televisione
scopro che questo virus è in progresso
che si sta diffondendo a ogni nazione
è un morbo sconosciuto, brutto male
forse possiamo dir, peste mondiale.

Spesso il mio pensiero personale
mi porta ai giorni del tempo passato
quando la sofferenza era normale
senza toccare i doni del creato,
poi vien la grande scienza eccezionale
che in tutto il mondo ha modificato
il vivere con notevole bravura
ma non curando la temperatura.

A me sinceramente fa paura,
faccio appello ai capi degli stati
che portino rispetto alla natura,
e l’altro appello a tutti gli scienziati
che di andare su Marte hanno l’arsura
per arrivare al picco dei primati,
forse in cerca del tavolo celeste
e in terra viene il picco della peste.

Spero che queste ottave mie modeste
scritte con nostalgia e sentimento,
rinchiuso in casa, giornate come queste
abbiano un senso di ragionamento
senza pretese, senza far proteste,
tutti speriamo ad un miglioramento
e che la scienza lasci star le stelle
e blocchi presto il virus ribelle.

Artena 18/03/20 Ezio Bruni

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