Categorie: Cronaca

Emergenza, chi risponde quando chiami il 118, il 115, il 113 o il 112?

Parlando con alcune delle persone che lavorano sia al NUE (Numero Unico Europeo di Emergenza 112), ma anche presso le sale operative dei VVF, dei CC, del 113 e del 118 e cercando di dare solo il giusto peso al tono usato da alcuni giornali nel riportare critiche, credo, che ancora siano molte le persone che non sanno, ma dal 2010 in parte del territorio italiano, quando si chiama il 118, il 115, il 113 o il 112, non rispondono più “operatori esperti” del servizio di soccorso sanitario, dei vigili del fuoco, della polizia o dei carabinieri. L’introduzione di questo 112 (numero unico), è obbligatoria per i paesi dell’Unione Europea, e l’Italia la sta portando avanti purtroppo con notevole ritardo: abbiamo passato però da pochi anni la fase di sperimentazione. Detto che le sperimentazioni servono proprio a migliorare il sistema, cerchiamo di capire se davvero il numero unico di emergenza funziona male, come taluni dei suoi critici hanno sostenuto, in seguito a casi come quello recentissimo dell’incendio di Messina, con forti critiche al 112, la centrale di Catania che ha ricevuto chiamate in cui qualcuno ha dato degli assassini agli operatori, ha raccontato al Post, Nico Le Mura, responsabile dell’area operativa della società regionale Sicilia emergenza-urgenza sanitaria 118 (SEUS 118).

Rispondono da otto anni dal numero unico di emergenza 112-NUE, operatori certamente formati, ma provenienti da posizioni e condizioni lavorative diverse o anche da cooperative che operavano in campo sanitario. Nelle centrali operative del NUE (Numero Unici di Emergenza), spesso lo chiamano “uno-uno-due” cercando di distinguerlo dal vecchio 112 dei carabinieri: il numero è lo stesso, ma chiamandolo solo in certe parti d’Italia non si parla più con i carabinieri. Nei prossimi anni il numero unico per le emergenze sarà esteso a tutto il paese: anche chiamando il 118, il 115 e il 113 si verrà reindirizzati automaticamente all’112 (con l’apostrofo perché è “l’uno-uno-due”).

Ma come funziona il 112

Nelle province in cui è attivo il numero unico, il 112 è l’unico numero per le emergenze che è possibile chiamare: chi chiama 118, 115 e 113, oltre che il 112 pensando di sentire i carabinieri, viene reindirizzato alla centrale del numero unico. Anche se il protocollo che stabilisce come funzionano le centrali dell’112 è stato elaborato dal Ministero dell’Interno, sono le regioni a occuparsi della loro gestione: in alcune regioni, per esempio in Friuli Venezia Giulia, il compito è delegato alla Protezione Civile.

Nelle regioni in cui l’112 è già da tempo attivo, ci sono diverse centrali operative che ricevono le chiamate provenienti da diverse province: la Lombardia per esempio ne ha tre, il Piemonte due (una delle quali serve anche la Valle d’Aosta) e la Liguria una. In Sicilia se ne occupa direttamente l’assessorato regionale alla Salute, mentre in Lombardia l’Azienda regionale emergenza urgenza (AREU). Le centrali dell’112 qualcuno le ha definite “laiche” perché gli operatori che ci lavorano non fanno parte di nessuno dei corpi statali che offrono servizi di emergenza né si sono formati come operatori del 118, ma hanno ricevuto una formazione apposita.

Cosa succede dopo una telefonata all’112

Ad ogni segnalazione gli operatori del 112 prendono ed impegnano alcuni preziosi minuti su le prime informazioni dell’urgenza/emergenza segnalata e le inseriscono in una “scheda digitale”. Poi passano sia verbalmente che la scheda al servizio di emergenza di competenza – ambulanza, vigili del fuoco, polizia o carabinieri – praticamente l’evento. Una grossa novità dell’112, rispetto ai vecchi numeri di emergenza, è che insieme alla chiamata gli operatori dovrebbero anche ricevere dei dati per localizzarla, che si dice che arrivino in qualche secondo?

Un esempio per capire cosa succede nella pratica. Se chiama una persona per segnalare un incidente automobilistico, l’operatore dell’112 annota le informazioni su chi sta chiamando e chiede dove sia l’incidente per confermare la localizzazione che ha ricevuto. Dopo aver capito di che emergenza si tratta, l’operatore dell’112 passa la chiamata al servizio di soccorso sanitario, ai vigili del fuoco o alle forze di pubblica sicurezza, a seconda di cosa gli è stato detto.

Se ci sono feriti, per esempio, si chiama sempre per primo il soccorso sanitario. Spetta poi al primo PSAP di secondo livello (nel caso dell’incidente automobilistico con feriti, il soccorso sanitario), chiamare appena possibile eventuali altri PSAP di secondo livello necessari (i carabinieri o la polizia, i vigili del fuoco se ci sono persone incastrate all’interno di un veicolo). Nei casi in cui la persona che chiama non parla l’italiano, se necessario l’operatore dell’112 attiva una teleconferenza per la traduzione con un altro operatore; il collegamento con l’interprete continua anche quando la chiamata è trasferita allo PSAP di secondo livello.

In tutto ciò, viene dichiarato che gli operatori dell’112 agiscono anche da filtro, alleggerendo il lavoro dei servizi di emergenza: bloccano le chiamate fatte per errore, quelle che non segnalano vere emergenze, le richieste di informazioni, gli scherzi e quelle inutili perché segnalano fatti già resi noti da qualcun altro. Prima tutte queste chiamate raggiungevano direttamente i servizi di emergenza, ora no. Questo lavoro di filtro dovrebbe essere utile per non far perdere tempo agli operatori del soccorso sanitario e degli altri servizi di emergenza.

Un’altra novità introdotta con l’112: ogni giorno tutto ciò che riguarda le telefonate ricevute dalle centrali operative, dai tempi di risposta al numero di chiamate perse, viene registrato insieme alle conversazioni telefoniche. I dati medi sono inviati al Ministero dell’Interno ogni mattina. Per questo, ogni giorno i responsabili delle centrali operative possono verificare se ci siano stati particolari ritardi nelle risposte o meno e si possono calcolare medie annuali sui tempi di risposta che in passato non si potevano fare.

Le critiche che vengono mosse al 112

Soprattutto nell’ultimo anno l’112 ha ricevuto molte critiche da alcuni sindacati dei lavoratori dei servizi di emergenza – quello dei vigili del fuoco CONAPO, quelli della polizia SAP, SIAP e SIULP e quello degli infermieri NURSIND – oltre che da singoli cittadini. Uno dei critici che si è fatto sentire di più è Mario Balzanelli, direttore del 118 di Taranto (dove non c’è l’112) e presidente della Società italiana Sistemi 118 (SIS 118), un’associazione che rappresenta i dirigenti e gli operatori addetti ai servizi di soccorso sanitario.

La questione della risposta doppia

Un altro aspetto del sistema dell’112 che è stato criticato è il fatto che nei casi in cui è necessario l’intervento contemporaneo di due diversi Enti preposti al soccorso: per esempio il soccorso sanitario e i vigili del fuoco, deve essere il primo che è stato allertato dalla centrale dell’112 a chiamare il secondo: questo rallenterebbe ulteriormente la risposta all’emergenza.

Le critiche, che hanno trovato spazio sui giornali dopo la morte di alcune persone, riguardano vari aspetti della gestione delle emergenze con l’112.

A volte sono state riportate dai giornali con toni allarmanti: dopo l’incendio di Messina e le relative critiche all’112, la centrale di Catania ha ricevuto chiamate in cui qualcuno ha dato degli assassini agli operatori, ha raccontato al Post Nico Le Mura, responsabile dell’area operativa della società regionale Sicilia emergenza-urgenza sanitaria 118 (SEUS 118).

Per ciascuna critica, quindi, abbiamo chiesto ad alcune persone che lavorano negli enti che si occupano dell’112 in Piemonte, Lazio e Sicilia e Lombardia, di chiarire i meccanismi del servizio e dare una pertinente versione, per cercare di capire se il 112 funziona bene o no. In sintesi, tutti ritengono che non si siano mai presentate situazioni preoccupanti da quando è stato adottato l’112, anche se riconoscono che il sistema possa essere migliorato, come è già stato fatto in varie occasioni sia a livello regionale e nazionale.

Il tempo in più

Una delle storie per cui si è sentito parlare nella nostra regione, in modo molto critico del servizio 112 è quella del signor Gianfranco Ruggiu, un uomo residente ad Albano Laziale, in provincia di Roma, morto nell’estate del 2017 dopo aver avuto un malore.

La figliola, giornalista di Repubblica di nome Valentina; che da allora si occupa molto e spesso delle critiche al NUE, ha narrato con dei particolari tristissimi, la sua attesa dei soccorsi e delle molteplici chiamate a vuoto fatte per chiedere un’ambulanza:

«Rimanga in attesa». Sono passati più di due minuti ed è la seconda chiamata al 118. Attacco e riprovo a chiamare: «Rimanga in attesa». La terza chiamata la faccio dal mio cellulare e parte alle 3.19. minuti..minuti,minuti…Nel frattempo arrivano mio fratello e la compagna. «Rimanga in attesa». Lo sollevano, lo poggiano sul letto e vedo mio padre che si sta spegnendo. La chiamata è ancora aperta, sotto le grida di mia madre sento la voce registrata: «Rimanga in attesa». Non so cosa fare, vorrei solo un’ambulanza, qualcuno che ci aiuti. (dal testo di Repubblica……)

Da dove arriva l’112

L’112 è il numero unico di emergenza dell’Unione Europea e di molti altri paesi del mondo, tra cui l’Azerbaigian, l’India e l’Islanda. Usare lo stesso numero per tutti i tipi di emergenze in molti paesi diversi è un modo per ottimizzare la gestione delle risposte e per permettere anche a chi si trova in un paese straniero di segnalare un’emergenza senza difficoltà. In Europa l’112 è stato introdotto a livello normativo dalla Commissione Europea nel 1991, cioè l’anno successivo alle prime sperimentazioni italiane con il 118 – prima bisognava chiamare i singoli ospedali – e precedente all’estensione del 118 su tutto il territorio nazionale.

I paesi europei hanno adottato l’112 con tempi diversi.

L’Italia ci è arrivata in ritardo, tanto che nel 2009 era stata aperta una procedura d’infrazione, chiusa poi nel 2011 dopo le prime introduzioni del numero unico di emergenza nel nostro paese. Ai paesi membri dell’Unione è stata data la libertà di scegliere come introdurre l’112 e a quali servizi di emergenza collegarlo: in alcuni paesi è diventato l’unico numero per le emergenze (anche se le chiamate ai numeri vecchi vengono reindirizzate), mentre in molti altri è stato introdotto in modo parallelo, cioè come numero da chiamare quando non si sa a che servizio di soccorso specifico rivolgersi.

L’Italia ha scelto il primo modello, anche se non ha ancora introdotto il sistema in tutte le regioni. Il numero unico per le emergenze, il 112, è già attivo in Lombardia da alcuni anni e in diverse regioni, soprattutto del Nord Italia, è stato introdotto quest'anno. Un sistema nato per migliorare il servizio e renderlo più efficace ma che presenta anche dei punti critici, evidenziati da alcuni casi recenti di cronaca.

La riforma Europea

Lo chiamano uno-uno-due per distinguerlo dal 112 dei carabinieri. È il Nue, "numero unico di emergenza" che da anni l'Europa ha chiesto all'Italia di attivare per gestire le chiamate di chi ha bisogno dell'ambulanza, dei vigili del fuoco o della forze dell'ordine. Una sala operativa di primo livello che smista poi le telefonate a quelle di secondo. La prima ad istituirla, nel 2010 quando già il nostro Paese era stato sanzionato per i ritardi, è stata la Lombardia. Adesso la Regione, con 3 centrali, è il punto di riferimento. Nel 2015 è partita Roma, nella zona del prefisso 06, poi quest'anno Liguria, Piemonte, Sicilia orientale, Trentino e Friuli.

A cosa serve

Dove il Nue è attivo, chi fa un qualunque "vecchio" numero di emergenza viene indirizzato automaticamente alla centrale unica, che dovrebbe servire soprattutto a tre cose: localizzare la richiesta grazie al Ced (centro elaborazione dati) del Viminale, compilare la scheda anagrafica di chi chiama, tagliare le richieste improprie. L'ultimo punto è fondamentale, si stima infatti che il 30-40% delle telefonate ai numeri di emergenza sia per avere informazioni o comunque per motivi non urgenti. A 112, 113, 115 e 118 dovrebbero essere girate solo chiamate per le quali l'intervento è necessario. In Lombardia in media la centrale unica fa tutto in 50 secondi.

Le mie tre inutili chiamate nell'arco di un mese

Il caso Roma

Quest'estate i tracolli del Nue della capitale sono frequenti. Le attese per chi telefona certi giorni sono lunghissime per due motivi. Il primo ha a che fare con il numero degli operatori, che non sarebbe sufficiente. E infatti si è deciso di assumere. Il secondo, il più grave a detta degli esperti, sono gli incendi. Come sottolineano dalla centrale, nelle altre stagioni arrivano in media 350-400 chiamate al giorno da girare al 115. Quest'estate si è saliti in certi casi a ben 5mila. In un'ora i telefoni possono squillare anche 1.200 volte.

Questo perché tanti di coloro che passano vicino a un incendio, anche 100 alla volta, telefonano per segnalare. Il sistema così va in tilt, perché la centrale del Nue non è in grado di rispondere a tutti subito, e a cascata entra in crisi anche il 115. Centinaia di chiamate restano in attesa e ne fanno le spese gli altri servizi di emergenza, a partire dal 118. Alla riunione del Viminale si è deciso di non passare più ai pompieri tutte le telefonate che arrivano per lo stesso evento, come si faceva fino ad ora, e di liquidarle prima possibile.

Le Altre aree critiche

Forse Lombardia a parte, nessun Nue ha evitato polemiche riguardo a problemi e falle. A Torino a fine luglio l'annegamento di un bambino di 10 anni ha fatto partire all'attacco il sindacato autonomo dei pompieri Conapo: "I vigili del fuoco sono stati avvertiti ben 15 minuti dopo la richiesta di soccorso al 112". Il dato è contestato dalla Regione. In Sicilia lo Smi, il sindacato dei medici più forte nei 118 descrive una situazione delicata. "I cittadini ci dicono che i tempi di risposta si sono allungati parecchio con la centrale unica – dice Emanuele Cosentino – Ci vogliono anche 4 minuti per passare la chiamata dal 112 al 118.

E poi talvolta ci vengono dati interventi non di nostra pertinenza, magari risse per le quali ci vogliono i carabinieri. Il numero unico andava fatto ma così, anche nel resto d'Italia, è un'esperienza negativa". Punta sulla formazione degli operatori Felice Romano, segretario del sindacato di polizia Siulp. "Ci sono problemi con i centralinisti "laici" – dice. Insieme a loro in centrale ci vorrebbero anche persone formate per i vari tipi di emergenza, da vigili del fuoco a sanitari e forze dell'ordine. Solo loro hanno l'esperienza per inquadrare i vari casi. Senza una formazione specifica finisce che è come se rispondesse un disco e basta". Disco che purtroppo in molti conoscono bene…

* Piero Moscardini, ex Disaster Manager della Protezione Civile

 

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