Fedez, Ferragni, Di Vaio: i bambini usati baby influencer

Il 62% dei bambini inizia a stare davanti al computer a 5 anni. Un 45% di loro inventa video da scambiarsi con i coetanei

Baby influencer

Chi di noi non conosce i volti dei bambini di Fedez e Chiara Ferragni, oppure di Mariano Di Vaio? Sono i baby influencer, ma ogni pubblicità per i bambini è a rischio di abuso.

Noi spesso non ci pensiamo ma la montagna inverosimile di messaggi, immagini e video che migliaia di TV, decine di piattaforme commerciali e social network, vomitano ogni minuto su di noi, spesso vanno a colpire proprio i minori.

Anzi sono volutamente rivolte a loro, attraverso cartoons e pubblicità o video ideati e mirati a questo scopo, magari da altri bambini!

Baby influencer: il 45% crea video in rete

Secondo una ricerca di BNP Paribas, Cardif e Friendz il 62% dei bambini inizia a utilizzare tecnologie informatiche a partire dai 5 anni.

Stare sui social network è una delle attività più continuative e in qualche modo preoccupanti dei bambini di oggi. Più che a un gioco assomiglia a un’ossessione. Ci stanno fino a una media di 107 minuti al giorno.

La maggior parte delle piattaforme prevede un limite di 13 anni per le iscrizioni. Ma i bambini che utilizzano i social network non hanno un account loro, utilizzano quello dei genitori.

Sono questi ultimi che, essendo tutori legali del minore, forse, gestiscono i loro profili social e si occupano delle collaborazioni con i brand o forse, più facilmente, lasciano che i figli si mettano davanti allo schermo e facciano le loro esperienze senza rompere le scatole ai genitori stessi.

Oggi i bambini nati dopo il 2010 sono anche una generazione di creativi: in media il 45% si diverte a creare contenuti da condividere con i propri seguaci. Sono i baby influencer. (Fonte: insidemarketing)

Nel 2021 in Francia è nata la Legge per regolamentare il settore

Nel 2021 è stata votata in Francia la prima legge per baby influencer europea. Ovvero una legge per porre le basi, dal punto di vista normativo, circa la presenza di minori nel web e sulle piattaforme social, nel caso in cui la loro presenza sia finalizzata a introiti economici e venga identificata come una modalità di occupazione professionale.

Molto spesso i minori sono utilizzati per annunci pubblicitari su manifesti o video, messi in onda sulla rete o nelle tv. Si tratta di una fetta importante del mercato dell’influencer marketing.

Per esempio oggi ci troviamo a fronteggiare casi come quello di Ryan Kaji, un bambino di origini vietnamite, che opera con video suoi su Youtube, pare arrivi a guadagnare in un anno oltre 26 milioni di dollari.

Già è entrato nella classifica di Forbes tra le persone più pagate al mondo. Ryan ha 35 milioni di followers ed ha pubblicato 2.412 video fino ad oggi.

Non solo Fedez, Ryan’s World: 26 milioni di dollari per il baby influencer

Ryan’s World è un canale Youtube per bambini dai 2 ai 6 anni, con Ryan come protagonista con i suoi genitori e le sorelle gemelle Emma e Kate.

Un canale che pubblica un video al giorno ed ha oltre 2 miliardi di visualizzazioni a gennaio di quest’anno, 35 milioni di abbonati e un totale di 45 miliardi di visualizzazioni calcolando tutti i video postati. È uno dei 10 canali di YouTube con più iscritti negli Stati Uniti.

Da alcune riviste di settore viene descritto come “una miscela di buffonate infantili e consumismo implacabile spesso travolgente.

Questi dati ci danno la dimensione di una deformazione evidente, una delle peggiori forse, della nostra società occidentale.

Un bambino che influenza altri bambini a comprare prodotti senza nessun controllo preventivo su quello che dice, propone, vende. Questo finché non si muovono le istituzioni, dove ci sono e funzionano. Ma spesso si interviene quando la frittata è stata fatta e quando il fenomeno è difficile da contenere.

Baby influencer per vendere prodotti e “cibi non sani”

Rayan e la sua famiglia hanno stretto numerosi contratti pubblicitari con case di giocattoli e di prodotti per l’infanzia per cui è evidente che i loro video costituiscono un forte incentivo agli acquisti da parte del pubblico.

Il 28 agosto 2019 la Truth in Advertising e la Federal Trade Commission hanno presentato un reclamo contro la famiglia Kaji.

Quasi il 90% dei video di Ryan Toys Review includeva almeno una raccomandazione di un prodotto a pagamento rivolta ai bambini in età prescolare, un gruppo troppo giovane per distinguere tra una pubblicità e una recensione” ha sostenuto il rappresentante di Truth in Advertising.

Queste pubblicità raffigurano cibi malsani. Con tale denuncia la FTC ha potuto portare Youtube e Google in giudizio chiedendo 170 milioni di dollari come penalizzazione.

Tutti i guadagni del bambino congelati in un suo c/c privato

La legge francese, in discussione dal 2019, è stata votata all’unanimità dall’Assemblea Nazionale ed è entrata in vigore in Francia dal 2021.

Con le sue previsioni (su orario di lavoro, retribuzione, possibilità di esercizio del diritto all’oblio) è, però, un precedente significativo in materia di kid influencer marketing.

Il voto è arrivato a metà ottobre 2020 per la legge denominata “sfruttamento commerciale dell’immagine di minori di sedici anni sulle piattaforme online” ed è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale.

Cosa è cambiato per il settore? Sono stati messi dei limiti.  Per esempio sull’orario di lavoro. Va bene. Anche se la cosa può apparire ridicola, trattandosi di bambini che “lavorano” da casa e in famiglia.

È un po’ come fissarsi sul dito che punta la luna e non sulla luna. I bambini vengono equiparati ai modelli e agli attori. Anche questo è giusto ma quelli spesso sono adulti e possono decidere se l’orario di lavoro possa essere aggirato in cambio di remunerazioni sostanziose.

Quel che invece mi sembra decisivo come freno allo sfruttamento dei bambini è che la legge impone di versare i guadagni ottenuti tramite le attività on line dei propri figli su conti correnti a loro intestati e congelati, fino al compimento della maturità.

Anche questa norma però è aggirabile. Nel caso della famiglia di Ryan, tutti i componenti sono coinvolti e quindi tutti hanno diritto a un compenso, che immagino sarà gestito da una Società che li considera come dipendenti. Basterà assegnare a ciascuno una percentuale sui guadagni in modo cha a Ryan tocchi una parte piccola del Tesoretto e il gioco  è fatto.

I figli di Fedez e gli altri baby influencer in Italia, senza una legge che li tuteli

In Italia di bambini influencer ce ne sono. Fedez, da quando è nato il figlio Leone e poi la secondogenita Vittoria, li propone in ogni foto.

Mariano Di Vaio, il modello influencer più conosciuto in Italia, ha creato profili social per i suoi bellissimi figli con i quali collabora nella moda: Filiberto Noah nato nel 2019, Leonardo Liam nel 2018 e Nathan Leone, il primogenito del 2016.

Gaia Masseroni, figlia della fashion blogger Elisabetta Bertolini e di Diego Masseroni.

Ma il mondo dei baby influencer non è solo quello dei figli di volti noti. Ci sono infatti tanti altri bimbi che spopolano su instagram ed altri social , seguiti da numerosi followers con un engagement che lascia di stucco i più esperti marketer.

Tra questi il profilo di Gaia de Leonardis. Gaia è una bimba nata nel 2016, il cui vero nome è Maria Ciavotta. Da quando aveva 6 mesi “lavora” come influencer, ovviamente iniziando da “modella”. Seguitissima da mamme e fans della sua età.

Il suo account Instagram conta quasi 6.000 follower ed ogni post che pubblica riceve non meno di 200 like e diversi commenti.

Passeggini, seggioloni e magliette sono i prodotti che propone esibendoli nelle sue foto, si capisce perché. Non vi viene in mente il film con Anna Magnani “Bellissima”. Una mamma che faceva di tutto per imporre una povera bimba nel mondo del cinema?  Oggi quella bambina sarebbe una baby influencer, aiutata dalla mamma.

In Italia sono aumentati i fenomeni di sfruttamento minorile online

Ginevra Cerrina Feroni, vice Presidente Garante per la privacy ha dichiarato: “In questi due anni di pandemia digitale sono aumentate le ore di connessione, si è abbassata l’età di accesso dei bambini alla rete e sono aumentati i reati online”.

Da noi la legge francese non è in vigore e sono i genitori a sfruttare i propri figli in tutto e per tutto. Ci auguriamo che da genitori non si approfittino troppo della situazione ma comprenderete che sulla questione ci sia un vuoto legislativo gravissimo e di abusi se ne possono sempre commettere, per ignoranza o per avidità. L’occasione come si dice…

In Italia in assenza di una normativa specifica sul fenomeno, a parte qualche proposta, per tutelare il minore, si applicano un insieme di leggi del Codice Penale, sul lavoro minorile e sulla privacy. A tutela dei minori ci vorrebbe qualcosa in più che l’interesse del Garante della Privacy.

Baby influencer: un lavoro vero e proprio, anche se a farlo si divertono

Quello di realizzare video da postare sui social si configura come un vero e proprio lavoro che impegna i bambini e i ragazzi molte ore al giorno di fronte alla telecamera per realizzare contenuti. 

Internet già fa parte esageratamente della quotidianità per bambini e ragazzi di ogni ceto sociale e sappiamo quanto questo di fatto chiuda ogni soggetto in un mondo più virtuale che reale con risultati a volte anche molto deleteri.

Farne addirittura un lavorio non viene visto da psicologi ed esperti dell’età evolutiva il massimo per la corretta e sana educazione dei minori.

Le leggi vigenti in Italia

La legge italiana vigente parla chiaro: fino ai 12 anni di età il bambino non ha capacità di discernimento e ne fanno le veci entrambi i genitori congiunti. Inoltre il limite minimo di età per entrare nelle principali piattaforme social è 14 anni. Fatta la legge trovato l’inganno…

I bambini di età inferiore “giocano” a fare video coi loro genitori, dov’è lo sfruttamento? Se non si vuole vedere non c’è.

Il web nasconde comunque dei rischi e bisogna applicare delle norme di sicurezza a tutela della salute psico fisica dei ragazzi.

Occorre una normativa ad hoc sul modello della Francia.  Per i baby influencer il limite con lo sfruttamento minorile è sottile e si cerca di confondere le idee con il divertimento collettivo dei familiari. Il fenomeno porta con sé anche il problema dei diritti del minore nel momento in cui questo, cresciuto, decida di allontanarsi del suo passato online.

Si potrà cancellare tutto il materiale prodotto se con la maggiore età lui volesse affrancarsene? Ne avrebbe tutto il diritto del mondo.