Fedez, il successo fa rima con consenso: l’influencer al servizio del transumanesimo

Il Ddl Zan è un servizio al nuovo capitalismo transumano non alle minoranze e agli omosessuali

Fedez al concerto del Primo Maggio

Qual è la ricetta del successo oggi? Forse quella di sempre, ma i suoi megafoni non sono mai stati così potenti e capillari, in ogni smartphone, in ogni momento. Il successo oggi, fa infatti rima con consenso, e Fedez, di rime ne ha scritte.

Fedez: oggi successo fa rima consenso

Oggi avere successo significa spesso saper confondere le acque. Incarnare il capitalismo e diventare eroe (di quella che una volta era) della sinistra del popolo e dei lavoratori, avere una sfera di influenza da 12 milioni di seguaci e denunciare di essere stato censurato in Rai, farsi portavoce del Ddl Zan (Disegno di legge a sono contrari anche molti rappresentanti delle comunità LGBT) e usarlo come cavallo di Troia per vincere sul terreno del proprio tornaconto.

Dopo il suo monologo al concerto del Primo Maggio, si sono scatenate come sempre polemiche tra sostenitori e detrattori, che spesso sovrappongono il personaggio e i contenuti esposti.

Fedez ha commentato risentito “Se mi compro la Panda e non uso più la Lamborghini posso dire ciò che penso?”, la sua risposta non è affatto sciocca, infatti continuare a criticare il suo stile di vita milionario è fuorviante e non centra il problema.

Fedez non è credibile come ambasciatore di diritti civili, tuttavia questo non dipende della cilindrata dell’automobile, ma dal suo essere pronto a cambiare idea in base agli entusiasmi delle folle e ad agitare la sua bandiera in base alla direzione del vento del pensiero unico.

Queste contraddizioni non sono solo di Fedez, ma della nostra società.

“Sai, la gente è matta, forse troppo insoddisfatta, segue il mondo ciecamente, quando la moda cambia, lei pure cambia, continuamente, scioccamente” cantava Mia Martini, che le rime le ringhiava davvero.

Fedez, il problema non è il suo stile di vita ma le idee di cui si fa veicolo

Fedez rappresenta proprio quel mercato di persone e di valori che spaccia il progetto della distruzione della società in una “legge per la difesa delle minoranze”, come recita il mantra ormai indiscutibile.

Il Ddl Zan secondo molti bioeticisti, giuristi e filosofi, mentre non aggiunge nulla come aggravante per le aggressioni contro gli omosessuali, che dobbiamo impegnarci a condannare sempre, ha ben altri piani e altri “mandanti”.

serve infatti a traghettare l’ideologia Gender nelle scuole e nella quotidianità, destrutturare l’identità individuale, minare ogni senso di appartenenza biologica e culturale, diluire la sessualità naturale, mortificare il valore dell’umano fino al suo aberrante coronamento: la mercificazione della persona attraverso l’utero in affitto.

Ddl Zan: un servizio al nuovo capitalismo transumano

Il Ddl Zan promette di “abbattere gli stereotipi di genere”, ma questo falso proposito lo rende allineato all’odio che il potere economico-finanziario nutre per la famiglia e i legami, e non ad una “battaglia contro l’odio”.

La differenza tra uomo e donna deve essere appiattita, il valore archetipico dell’uomo e della donna devono essere ridotti a stereotipi o demonizzati nel paradigma per cui sarebbero “gabbie sociali convenzionali”: un servizio al nuovo capitalismo transumano non alle minoranze e agli omosessuali.

Del resto l’influencer commerciale è in nuce il veicolo considerato carismatico (!) di messaggi pubblicitari, e oggi la merce più redditizia è l’umano: sostituibile, intercambiabile, convertibile, surrogabile.

Il problema naturalmente non è Fedez, ma l’attuale incapacità di interpretazione della complessità diffusa nell’opinione pubblica, la trappola cognitiva dietro l’abbaglio ideologico.

Soprattutto per i più giovani, molti dei quali per sensibilità e per quella aspirazione eroica dell’adolescenza si lasciano manipolare dagli idoli più lontani dallo scopo che sembrano promuovere.

Sul vero tema della giornata, la Festa dei Lavoratori, riesce ad avere le sue ragioni perfino Selvaggia Lucarelli.

La blogger e giornalista ha obiettato che più che alla Rai Fedez: “poteva rivolgersi al suo principale datore di lavoro, Amazon, e usare quel palco per chiedere di tutelare i diritti dei suoi lavoratori che fanno pipì nelle bottiglie e i cui sindacati sono costantemente ostacolati. In questo Fedez poteva essere coraggioso. Dimostrare di avere il coraggio di perdere qualcosa”.

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