Femminicidio, Gelmini: “Subito il fermo per gli uomini violenti, tuteliamo le donne”

“Al lavoro per norme più efficaci con le ministre Bonetti, Lamorgese, Cartabia e Carfagna” dichiara la Gelmini

Mariastella Gelmini

Mariastella Gelmini

Come riportato sulle pagine di Repubblica, cinque ministre sono al lavoro per chiudere entro sette giorni un pacchetto contro il femminicidio. Esso comprenderà provvedimenti di fermo più efficaci per gli aggressori, una scorta per le donne che hanno denunciato e aiuti economici, in aggiunta al già presente “reddito di libertà”.

“89 casi di violenza al giorno un dato endemico e allarmante”

Mariastella Gelmini, titolare degli Affari regionali nel governo Draghi, ha anticipato alcuni provvedimenti. “Non possiamo abbandonare le donne alla ritorsione dei loro carnefici. Purtroppo un dato endemico e allarmante è quello degli 89 casi di violenza al giorno, che ha radici complesse: culturali, economiche, sociali. Estirparle è un processo che richiede tempo e una strategia a 360 gradi. Perché il codice rosso non ha risolto il problema? È una misura di
fondamentale importanza votata da tutto il Parlamento perché dispone una corsia preferenziale nelle indagini, prescrivendo tempi serrati per l’adozione dei provvedimenti. Ma sapevamo che, da sola, non sarebbe stata risolutiva anche perché presuppone che ci sia stata una denuncia“.

“Pensiamo a misure più efficaci”

“Con le ministre Bonetti, Lamorgese, Cartabia e Carfagna – prosegue – stiamo valutando un pacchetto di misure che puntano, da un lato, alla tutela delle donne che subiscono violenza, dall’altro a rafforzare l’efficacia delle misure sanzionatorie e interdittive. Pensiamo a misure di fermo più efficaci per gli autori delle violenze e una protezione per le vittime. Non possiamo lasciare sole le donne che denunciano, senza stravolgere le loro vite”.

“Le donne che denunciano devono essere protette”

“La reticenza delle donne a denunciare – afferma – è dovuta a molti fattori: alcuni psicologici, perché molte donne vivono gli abusi con incomprensibili sensi di colpa o pensano di riuscire a redimere il partner, altri pratici. A cominciare dall’aspetto economico che le costringe in una situazione di dipendenza dalla quale non vedono uscita. E poi c’è la paura di restare sole e di subire ritorsioni: è lì che dobbiamo intervenire. Le donne che denunciano devono essere protette“.

“C’è ancora da lavorare”

“C’è da lavorare ancora sulla preparazione di professionalità specifiche nella pubblica sicurezza, nei tribunali, negli ospedali: occorre competenza per decifrare i sintomi delle violenze e per affrontare situazioni che richiedono approcci multidisciplinari. Eutanasia? Sui temi etici ognuno di noi ha un’opinione che è il frutto della propria cultura e del proprio credo. Personalmente continuo a pensare che la nostra vita non appartenga solo a noi” conclude.

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