Governo, nuove tensioni e nelle polemiche finisce anche il figlio di Salvini

Decreto sicurezza bis, autonomia, Tav gli scogli che possono affondare l’esecutivo

Pare che Luigi Di Maio abbia già inviato al suo pari grado – e pari carica – Matteo Salvini un sms di scuse dopo averlo definito "Quell'altro là". Scuse forse sui generis ma, dal momento che non si sta parlando di Dante né di Omero (e, se è per questo, neppure di scribacchini suoi conterranei), non ci si poteva aspettare un capolavoro. Sempre che poi sia fededegno il testo diffuso dai media: «Matteo non te la prendere, era un linguaggio colloquiale con gli attivisti, abbiamo tanto da fare».

Vero, se non fosse che il linguaggio colloquiale in questione poteva rappresentare l’ennesimo casus belli, come se il Governo giallo-verde non avesse già abbastanza motivi di tensione. Questa volta, l’atomica è arrivata dalla Calabria, dove il capo politico del M5S stava tenendo un incontro a porte chiuse con i militanti. Di norma, in barba alle battaglie sulla trasparenza (degli altri), in queste riunioni è vietato lo streaming. Tuttavia, nell’occasione incriminata qualcuno ha registrato le parole del vicepremier e poi le ha diffuse alla stampa.

Potrebbe anche sembrare un’ironica legge del contrappasso, se si pensa che l’house organ ufficioso del MoVimento si basa spesso e volentieri sulle intercettazioni – anche per creare casi in realtà inesistenti. Il problema è che Giggino, che già di suo non è esattamente un monsignor Della Casa, davanti a chi lo osanna riesce a dare il peggio di sé.

E nel tritarcarne finisce anche il figlio di Matteo Salvini, a causa dell'utilizzo personale della moto d'acqua della Polizia di Stato. Scuse di Salvini in questo caso, "Errore di papà", dice. L'invito è quello di occuparci tutti di cose un po' più importanti.

Tralasciamo il passo in cui Di Maio ha definito talvolta insopportabile l’atteggiamento della Lega: è un’opinione, e immaginiamo che il Carroccio la condivida in senso uguale e contrario.

Ciò che è davvero grave è il prosieguo della sua arringa. «Ogni volta che si deve approvare un provvedimento, in Parlamento o in Cdm» lo si sente dire, «ci dobbiamo sedere a un tavolo io, Conte e quell’altro là e dobbiamo fare un accordo».

Quell’altro là. Che poi sarebbe Matteo Salvini. Può sembrare una boutade, ma la realtà è che il linguaggio è un’arma estremamente potente, anche se dubitiamo che il leader grillino ne sia consapevole. Potrebbe però sempre chiedere ai suoi amici di una certa redazione, talmente avvezzi a questo tipo di scorrettezza da non aver mai scritto per intero il cognome del loro nemico politico giurato, limitandosi a indicarlo con l’iniziale.

È una pratica estremamente disumanizzante, il che spiega perfettamente l’irritazione del Ministro dell’Interno. «Quell’altro? Mah… Posso non stare simpatico ma ho un nome, mi chiamo Matteo…» si sarebbe sfogato con i suoi.

Vedremo se il messaggino del Ministro del Lavoro basterà a far tornare il barometro di Palazzo Chigi sul sereno. Intanto, i due vicepremier si sono praticamente ignorati ai funerali del Vice Brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega. E all’orizzonte appaiono già nuovi fronti temporaleschi. Decreto sicurezza bis, legge sull’autonomia, mozione sulla Tav, voto di sfiducia contro Salvini. Ogni singolo voto è una mina da disinnescare, se non si vuole far deflagrare l’esecutivo. E non è un caso che i due alleati-rivali sembrino già pronti ad addossarsi a vicenda la responsabilità dell’eventuale crisi.

Per esempio, Di Maio ha iniziato a raccontare la favola del Governo in bilico «perché a settembre si vota il taglio dei parlamentari». Peccato che, allo stato attuale, la Lega sia l’unica forza politica sicura di aumentare, e in modo considerevole, i suoi eletti in caso di urne anticipate. In modo simile, i pentastellati hanno fatto notare che il Carroccio non ha i numeri per far approvare autonomamente la Tav, che quindi passerà con i voti di Partito Democratico e Forza Italia «per fare un favore a Macron».

Ora, che i Cinque Stelle vedano i due partiti succitati come il male assoluto è questione interna, dunque la strategia di accostarvi la Lega può far presa al massimo sugli elettori grillini. Aggiungervi poi il riferimento a Monsieur le Président dovrebbe essere addirittura controproducente, visto che è stato proprio il MoVimento a fare asse col Pd per votare, alla testa della Commissione Europea, la candidata dell’inquilino dell’Eliseo – e di Angela Merkel. In realtà, la falla è proprio a monte del “ragionamento” (se così lo si vuole chiamare) di Giggino: che dimostra per l’ennesima volta un’ignoranza istituzionale imbarazzante quando ignora – o finge di farlo – che una mozione parlamentare viene votata dall’intera Aula, non certo solo dalla maggioranza.

Qualche giorno fa, Di Maio aveva affermato che non poteva essere colpa del M5S se in Parlamento tutti i partiti sono a favore della Tav. Vero, infatti la colpa dei grillini è essere contrari a un’opera che porterà sviluppo e modernizzazione per motivi puramente antistorici e ideologici.

Che poi sono gli stessi motivi che potrebbero portare alcuni senatori frondisti del MoVimento a votare contro il decreto sicurezza bis – anche se è più verosimile che alla fine i pentastellati decideranno “solo” di uscire da Palazzo Madama. Il provvedimento è cruciale per Salvini, così come la legge sull’autonomia, che Di Maio ha annunciato di star riscrivendo, scatenando le accuse di slealtà da parte del Ministro competente Erika Stefani. Se a ciò si aggiunge l’indiscrezione che alcuni senatori Cinque Stelle sarebbero pronti a votare la sfiducia a Salvini, si capisce che a essere decisivo per la tenuta del Governo Conte non sarà certo il comportamento della Lega.

Insomma, l’estate parlamentare è alle porte, e continuano ad affiorare scogli che potrebbero far inabissare la legislatura – Mattarella permettendo. Al momento, comunque, la tregua armata tra gli azionisti di maggioranza dell’esecutivo sembrerebbe reggere. In ogni caso, stavolta sarà molto improbabile che il Capitano vada a fondo con tutta la nave.

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