La pasta, il tesoro della cucina italiana

La locandina di Apicio è la rubrica di food economia di Domenico di Catania, consulente economista e chef

Federico Fellini diceva che la vita è una combinazione di pasta e magia, la grande Sofia Loren disse: “Tutto quello che vedete lo devo agli spaghetti” e come non ricordare il grande Alberto  Sordi nel film “Un americano a Roma” e la frase: “Macaroni… m’hai provocato e io te distruggo! Macaroni, io me te magno!”… la pasta italiana è celebrata veramente da tutti e rappresenta un vero tesoro della nostra tradizione gastronomica, dalla pasta all’uovo ripiena, tipica della pianura padana, fino alle paste di semola caratteristiche del centro sud Italia tanta è la varietà di impasti e formati che c’è davvero da che sbizzarrirsi. La ricette che all’apparenza posso sembrare semplici perché fatte di pochissimi elementi di base ma anche di trucchi e segreti, che vengono tramandati da generazioni di pastai, che meticolosamente seguiti portano a un risultato migliore nel tempo.

IN TALIA PAESE CHE VAI PASTA CHE INCONTRI

Nel suo lungo percorso storico, infatti, la pasta è stata protagonista sulle tavole di principi e contadini: nei palazzi della nobiltà del Regno delle due Sicilie venivano serviti suntuosi pasticci di pasta dai ripieni e decori imprevedibili, mentre i maccaruni, per la loro semplicità sono i meglio rappresentanti della pasta di semola che veniva portata anche al tavolo di pastori e contadini. In tempi più recenti in Calabria si diceva che una ragazza era pronta per sposarsi se sapeva fare almeno 15 tipi di pasta chiaramente di semola. Nelle puglie tradizione vuole che le paste siamo preparate esclusivamente a mano cosi come cavatelli o cavatieddi occore solo abilità della pastaia e un tagliere di legno. Passando per la Campania dove un intero paese del napoletano, Gragnano, grazie al suo microclima composto da vento, sole e giusta umidità si è dedicato alla  produzione della famosa pasta di semola di grano duro con acqua della falda acquifera locale e dalla famosa trafilatura a bronzo ma che dal  2013 ha ottenuto il marchio di indicazione geografica protetta (IGP). Ma se tutto il sud la pasta è di sola semola e acqua dal centro italia al nord gli impasti si arricchiscono di farine di mais (come ad esempio i tacconi marchigani) e soprattutto incontrano le uova e qui è d’obbligo citare i famosi tonnarelli romani. Ma sempre le uova hanno spopolato nelle paste dell’Emilia Romagna, dove la tradizione della pasta fresca e vivissima tanto è vero che pastifici storici fanno la gara del cappelletto e del tortellino più gustoso. 

LA STORIA DELLA PASTA

Inizio subito col dire forse in maniera un po’ presuntuosa,ma con orgoglio italiano, a sfatare un mito che la pasta o meglio gli spaghetti sono stati portati nel lontano 1292 da Marco Polo dalla Cina. Ciò non è vero perché molti documenti scritti rilevano l’esistenza della pasta prima dei viaggi di Marco Polo in particolare un documento che risale al 1154 del geografo arabo Al-ldrin parla di un cibo di farina in forma di fili chiamato “tryah” che si produceva a Palermo. Quindi la pasta, intesa proprio come maccheroni sia originaria della Sicilia nella località di Trabìa, presso Palermo, dove si fabbricava appunto questo particolare cibo di farina in forma di fili. I siciliani, infatti, per secoli sono stati maestri nel cucinare pasta.

Bisogna dire comunque che fino al 1700 esiste una gran confusione; tipi diversi di pasta vengono chiamati normalmente come maccheroni finché, i napoletani, divenuti i più famosi mangia-maccheroni, si appropriano del termine e lo usano quasi esclusivamente per identificare paste lunghe trafilate. Ma proprio a Napoli verso la fine del 700 e precisamente a Gragnano, come accennavo nella premessa, per la produzione della pasta comparirono sul territorio i primi pastifici a conduzione familiare. La storia successiva, data l’origine della fama di Gragnano come patria della fabbricazione della pasta al 12 luglio del 1845, giorno in cui il re del Regno di Napoli, Ferdinando II di Borbone, durante un pranzo concesse ai fabbricanti gragnanesi l’alto privilegio di fornire la corte di tutte le paste lunghe. Da allora Gragnano diventò la Città dei Maccheroni.  

Già all’inizio dell’800 la città di Gragnano era diventata celebre per la qualità dei suo maccheroni e si contavano la bellezza di 70 pastifici, ma è a metà del secolo che la produzione raggiunse il suo apice: in quel periodo il 75% della popolazione attiva lavorava nell’industria dei maccheroni, i pastifici erano più di 100 e producevano oltre 1000 quintali di pasta al giorno. Nei secoli i cambiamenti strutturali e architettonici della città andarono di pari passo con la produzione della pasta secca. Via Roma, il simbolo della pasta Gragnano, fu rimodellata per favorire la sua esposizione al sole, diventando così una sorta di essiccatoio naturale per la pasta. Dal 900 ad oggi il confronto fra la produzione artigianale di Gragnano e l’ industria del nord determinò una drastica diminuzione dei pastifici gragnanesi. Quelli che proseguirono la loro attività puntarono sulla qualità. Con il passare del tempo, comunque sia la pasta artigianale che quella industriale del nord si diffonde in tutto il  mondo.      

LA PRODUZIONE. Il processo produttivo si compone delle seguenti fasi principali:

– L’Impasto e la Gramolatura: la semola di grano duro ottenuta viene impastata con acqua, in una percentuale non superiore al 30%. La successiva fase della gramolatura, fa si che l’impasto ben lavorato diventa omogeneo ed elastico;

 – L’Estrusione o Trafilatura: la trafilatura e’ una fase molto importante per ottenere una buona qualità del prodotto finale. Una volta ottenuto l’impasto, questo viene trafilato in stampi, ovvero in “trafile”, cioè utensili che, nel caso della “trafilatura in bronzo” sono appunto di bronzo in quella industriale è solitamente in teflon , che permettono di conferire alla pasta una superficie rugosa ( nel caso della trafilatura in bronzo abbiamo una rugosità importante) determinandone la forma: l’impasto, infatti, viene spinto contro la trafila che, grazie a fori sagomati, permette l’uscita della pasta con le forme tipiche conosciute.

– L’Essicamento: l’essiccazione varia a seconda dei formati e comunque avviene ad una temperatura compresa tra 40 e 80°C per un periodo compreso tra le 6 e le 60 ore. E’ questo il momento più delicato di tutto il ciclo produttivo. La pasta viene ventilata più volte con aria calda. Ad ogni ciclo di ventilazione si ha la caratteristica sotto-fase “dell’incarto”, ovvero si ha la formazione di una sorta di crosta superficiale rappresentata dalla pasta esterna completamente essiccata. Per osmosi, poiché la pasta più interna e quindi non a diretto contatto con l’aria calda dell’essiccatoio, è più umida rispetto alla pasta più esterna, trasferisce umidità alla crosta superficiale ammorbidendola nuovamente. A mano a mano che l’umidità affiora viene eliminata con i successivi cicli di ventilazione con aria calda. La fase dell’essiccamento può essere ottenuta o attraverso le celle statiche, o nei tunnel per l’essiccamento nei quali circola aria calda; – Il Raffreddamento e la Stabilizzazione: l’elemento finale dell’essiccazione è il raffreddatore che provvede a portare a temperatura ambiente la pasta ancora a temperatura d’essiccatoio e quindi a stabilizzare la propria temperatura prima di immetterla nell’ambiente esterno;

– Il Confezionamento: deve essere sul luogo di produzione, entro le ventiquattro ore successive alla produzione, sia per evitare le perdite di umidità che comprometterebbero le qualità organolettiche speciali del prodotto, sia perché, la perdita di umidità e l’eccessiva manipolazione durante il trasferimento determinerebbero la rottura e il danneggiamento delle diverse forme ottenute.

IDENTIKIT DELLA PASTA DI QUALITA’

Ai miei lettori voglio fornire degli elementi importanti per riconoscere la pasta di qualità. Partiamo, quindi dalle semplicissime materie prime: acqua e semola di grano duro per questo motivo è essenziale che siano entrambi genuini, di primissima qualità e di ORIGINE ASSOLUTAMENTE ITALIANA.

Spaghetti, penne, maccheroni, ziti, tagliolini, fusilli, cavatelli, orecchiette, conchiglie, linguine … I formati di pasta e le tipologie di pasta fresca, all’uovo, ripiena, secca sono in pratica infiniti ma quella secca riguarda l’80 per cento dei consumi in Italia.

Solo di grano duro

Il grano duro regge meglio la cottura, ha più proteine e antiossidanti di quello tenero.

Fortunatamente In Italia una legge impone ai pastai di utilizzare solo semola di grano duro, il che rende la pasta secca italiana unica al mondo. Solo i prodotti destinati all’estero possono contenere grano tenero. Cosa ha spinto i legislatori italiani a preferire il grano duro per la produzione della pasta secca? In primo luogo la sua capacità di trattenere l’amido e garantire una cottura perfetta. Ma il grano duro contiene anche più proteine, glutine e più carotenoidi antiossidanti rispetto al grano tenero, e la pasta di grano duro presenta un indice glicemico inferiore, soprattutto nel caso dell’integrale.

Pasta trafilata al bronzo o al teflon

Come ho già accennato prima, la pasta trafilata a bronzo è più ruvida di quella trafilata a teflon. Le trafile, esternamente, sono tutte di bronzo. È all’interno che cambiano: possono avere un inserto in teflon o nuovamente in bronzo. Il teflon consente di velocizzare i tempi di produzione ed eliminare eventuali difetti della pasta dovuti alla scarsa qualità del grano utilizzato. Il teflon rende la pasta più liscia e più gialla, colore che viene accentuato anche dall’essiccazione ad alte temperature. La trafila in bronzo, più complessa da gestire, rallenta i tempi di produzione e viene utilizzata quando si vuole ottenere una pasta dall’aspetto artigianale, molto chiara e rugosa, ruvida, particolarmente adatta a trattenere i sughi e i condimenti. Viene abbinata all’essiccazione lenta, la migliore.

Al dente è più digeribile. La cottura al dente rende la pasta più digeribile

La pasta va scolata al punto giusto cioè al dente, ovvero quando è tenera all’esterno ma è ancora leggermente dura all’interno. Questo tipo di cottura, oltre a valorizzare il gusto della pasta, ne assicura la digeribilità. Più lungo sarà infatti il lavoro degli enzimi salivari e più lenta l’assimilazione dei carboidrati, minore sarà il rischio di incorrere in innalzamenti repentini della glicemia.

L’importanza del grano italiano; le due migliori tipologie per la pasta

Il grano antico Senatore Cappelli

Si tratta di una varietà di grano duro che prende il nome da quello del senatore Raffaele Cappelli, promotore, nei primi del ‘900, della riforma agraria che portò alla distinzione tra grani duri e teneri. Viene considerato il grano progenitore di molte altre varietà tuttora utilizzate ed è particolarmente ricco di proteine e di qualità organolettiche. Il grano Senatore Cappelli ha un profumo intenso e un sapore deciso, si presenta maestoso nei campi. Le sue spighe possono raggiungere il metro e ottanta di altezza ed è questo il motivo che l’ha reso meno pratico da coltivare, più cedevole al vento e alle piogge. Ama crescere nei climi secchi ed è considerato il grano duro italiano per eccellenza.

Un altro grano antico la Saragolla

La saragolla (triticum turgidum durum) è una delle varietà del khorasan (triticum turgidum ssp. turanicum), grano duro che fu introdotto in Italia nel 400 d.C., del quale conserva le caratteristiche nutrizionali ed organolettiche. La saragolla ha un maggior contenuto di proteine e sali minerali rispetto ad altri tipi di frumento, è fonte di selenio e di betacarotene, e la pasta che si produce con questo cereale si distingue per il bel colore giallo, l’ottima tenuta in cottura e il sapore speziato. La coltivazione della saragolla è andata perdendosi nel tempo a causa dell’arrivo di grani duri più produttivi, ma sopravvive ancora in alcune zone dell’Abruzzo, del Lazio, del Sannio e della Basilicata, grazie all’opera di contadini e di piccoli pastifici che la lavorano. E’ una pianta rustica e resistente all’attacco dei parassiti, perciò particolarmente adatta alla coltivazione biologica.

SUGGERIMENTI PRATICI: COME ACQUISTARE LA PASTA

L’etichetta dice molto della pasta ma anche l’assaggio è fondamentale per capirne la qualità

Partiamo dall’etichetta e cerchiamo le diciture macinata a pietra, trafilatura a bronzo, a essiccazione lenta: con la molitura a pietra la frantumazione del chicco è minore e viene preservata l’attività enzimatica del grano; con la trafilatura a bronzo si ottiene la una pasta più ruvida, che trattiene meglio il condimento. L’essiccazione, altro passaggio delicato nella produzione della pasta, deve essere fatta a bassa temperatura, fino a un massimo di 60° (anticamente si faceva col sole) e molto lentamente. L’alta temperatura distrugge la vita della pasta, è come se la sterilizzasse. All’assaggio, la pasta deve avere un buon gusto e deve profumare. Gli aromi sono vietati nella sua produzione, pertanto se queste due caratteristiche ci sono, significa che sono il frutto della qualità del grano utilizzato e possono fare la differenza. Una buona pasta deve tenere la cottura, se non lo fa significa che potrebbe essere stata prodotta con grano di bassa qualità. La presenza di molti puntini bianchi o neri indica cattivo essiccamento o la presenza di farina di grano tenero, ma anche possibili impurità come frammenti di vario genere sia vegetale che animale (insetti).

Ricetta delle tagliatelle all’uovo

Delle ricette di cucina può sembrare la più semplice ma richiede una particolare sensibilità all’impasto, cosa che le nostre nonne avevano innata, ma noi, che viviamo nell’epoca dei “nativi digitali”, abbiamo perso questa dote, quindi la prima raccomandazione è di porre molta attenzione nell’impasto che non deve essere ne troppo morbido né troppo duro, ne troppo secco, ne troppo umido… dicevano i latini “in medio stat virtus” la virtù sta nel mezzo…appunto!!!

Ingredienti per 4 5 porzioni

300 gr. di semola di grano duro italiano

3 uova grandi (la regola della nonna 1 uovo ogni 100 gr.)

Sale

Procedura

Sul piano di lavoro mettete la farina a fontana (formate un monticello con un incavo al centro), fate cadere le uova sgusciate (intere non sono molto digeribili!!! Ahahah) nell’incavo e sbattetele leggermente con una forchetta incorporando farina.

A questo punto iniziate a impastare energicamente e a lungo fino ad ottenere un composto omogeneo e sodo. Ed è qui che interviene la vostra sensibilità regolandovi sull’utilizzo di piu o meno farina. Quando impastate scegliete un luogo riparato da correnti d’aria per non far seccare l’impasto che invece deve risultare “giustamente” morbido.

Una volta pronto formate una palla; stendete con il mattarello sulla spianatoia e portatelo in sfoglia sottile, infarinando all’occorrenza. Lasciate asciugare un 10 minuti, dopodiché, quando è leggermente asciutta per non appiccicarsi arrotolate la sfoglia e affettatela ottenendo tagliatelle da mezzo centimetro.

Alla fine distribuite la pasta su un canovaccio o sull’apposito stenditoio di legno e lasciate asciugare per altri 10 minuti.

Lessate la pasta in abbondantissima acqua salata e assaggiatela per scolarla al dente (il tempo dipende dallo spessore).

Buon appetito!

Domenico di Catania

Food consultant

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