Perry Mason su Sky. Tutta un’altra storia, nel bene e nel male

E’ sempre un azzardo misurarsi con un antecedente ingombrante per fama ma il nuovo Perry Mason può contare su un traino di popolarità

Perry Mason

Perry Mason, Sky Atlantic

Perry Mason; USA, 2020. Una stagione finora uscita, di 8 episodi della durata di circa 60’ l’uno; annunciata una seconda stagione. HBO Su Netflix.

Se si hanno un po’ di decenni alle spalle, questo nome non può che materializzare agli occhi dello spettatore il volto e la figura imponente di Raymond Burr, carismatico interprete della omonima serie tv americana trasmessa fra la fine dei ’50 e i ’60 del secolo scorso. Tratta dai romanzi di Erle Stanley Gardner, fu un cult anche in Italia e lo è ancora.

Ora la HBO ci ripropone il personaggio, in una serie che, a differenza di quella lontana in cui ogni episodio un caso diverso, per 8 puntate snocciola un’unica, fosca storia.

Perry Mason e l’antecedente ingombrante

E’ sempre un azzardo misurarsi con un antecedente ingombrante per popolarità e riuscita; ma, se da un lato chi ci prova si espone a confronti impietosi e talvolta ingenerosi in caso di risultato inferiore all’originale, dall’altro il remake può contare su un automatico traino di audience dovuto al suo illustre e rimpianto predecessore. Vedi, nel cinema, i casi Sabrina, Scarface, La Cosa, Ben Hur, Psycho, Il Pianeta delle Scimmie, Conan il Barbaro, Total Recall…; o tra le serie: Visitors, Charlie’s Angels, Ironside. La maggior parte dei quali malriusciti.

La serie HBO è un reboot, perché esplora gli inizi della carriera del mitico avvocato: anzi avvocato non lo è ancora quando nel 1932 durante la Grande Depressione – investigatore malmesso e un po’ perso – indaga a Los Angeles per lo studio di un noto avvocato al tramonto, alle prese con un caso umanamente durissimo il cui colpevole è dato per scontato.

Diciamo subito che non ci convince (ma non perché somiglia poco all’originale) e non lascerà il segno (almeno la stagione finora prodotta).

Si iscrive, è vero, alla tipologia della cosiddetta prestige tv, ovvero produzioni ad alto budget che, rispetto alle antenate, puntano molto sulla confezione patinata (specie se d’epoca), sul taglio autoriale, sul cast&credits (qui Mason ha il volto di Matthew Rhys, protagonista del fortunato The Americans; in un ruolo importante c’è poi John Lithgow, un grande); per marcare la distanza dalle castigate antenate del passato non devono mancare, se ci stanno bene, sesso e scene crude. Ma qui l’impressione è il compitino del bravo studente senza slancio.

La riproposizione pedissequa degli stilemi di un genere: l’hard boiled, con l’investigatore privato di talento con un passato da dimenticare, che si autopunisce lasciandosi andare e mortificando se stesso, vestito in modo trasandato e con la barba in faccia, che si aggira in una Los Angeles da videogioco colto, tra eterne sigarette, bassifondi, poliziotti corrotti, assoli di tromba… insomma, avete capito. E, lì in fondo, se riuscirà a rimettere insieme i brandelli di se stesso, la possibile redenzione. Dobbiamo dire che la storia si fa meno scontata proprio quando Perry, intrapreso questo cammino, entra nella nuova parte.

Sky ci punta, lo pubblicizza molto; lo dà nel palinsesto un episodio alla settimana ma, appresa la lezione da Netflix, permette allo spettatore collegato con internet di guardarselo tutto di fila nella sezione on demand.

E voi, dovete vederlo? Se adorate a prescindere il genere e le atmosfere che vi abbiamo descritto; Inoltre vi piace il giallo tribunalizio tanto caro agli americani e qui sviluppato nella seconda parte della storia; se vi godete le prove d’attore… guardatelo. Se no, fatelo solo dopo aver esaurito le tante serie più autentiche e innovative in circolazione.

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