Il sottosuolo di Roma è a rischio mentre il Paese crolla

Corruzione, inquinamento, infiltrazioni d’acqua, mancanza di competenze chiare e di pianificazione le cause dei dissesti stradali e dei crolli dei viadotti

La voragine della Pontina, SR 148, al km 97,700 rinnova la polemica sulle voragini e sulle buche che si aprono sulle strade d’Italia. Ponti e viadotti che crollano, il manto stradale che, con le piogge incessanti, si sgretola, si consuma. Il terreno sottostante all’asfalto che viene scavato dalle infiltrazioni di pioggia o da quelle di tubature danneggiate.  L’Acea sostiene che a Roma si verifichino almeno 90 voragini all’anno, tra piccole e grandi, mettendo a rischio per possibili frane 250.000 persone. L’elenco è incredibile: la Balduina, la Montagnola, via Catania, via Appia, Ostia, Tor Pignattara e adesso la voragine della Pontina, dove ha perso la vita un automobilista che c’è finito dentro con la sua auto mentre l’altro passeggero è rimasto illeso. Anche qui un canale agricolo, ingrossato per le piogge di questi giorni, ha sgretolato il terreno e aperto uno spazio enorme che ha dissolto entrambe le corsie stradali.

Ma Roma e la Pontina non sono sole in questa Italia dissestata. Tutti sappiamo cosa è successo a Genova e i viadotti che sono crollati in più zone del paese, in questi ultimi anni, uccidendo persone che vi stavano passando o sopra o sotto. Le voragini si registrano a Napoli, Reggio Calabria, Lecco, Monza, Acquasparta, Palermo, Milano, Messina, Ancona, Sanremo, Cremona, Varese, Dossena, Cantù… insomma è tutta l’Italia che segnala un’emergenza manutenzione viadotti, tunnel, buche e voragini pericolose per il transito di auto e pedoni.

Nel mondo uno dei casi più famosi rimane la voragine che nel maggio 2010 è comparsa a Città del Guatemala. Nei pressi di un incrocio stradale si aprì una buca circolare larga 20 metri e profonda 100! Ci finì dentro un intero palazzo di tre piani e una abitazione che gli era vicina. Qualcosa del genere era già accaduto nel 2007. Il sottosuolo di Città del Guatemala è composto da ceneri vulcaniche estremamente friabili. Una infiltrazione d’acqua piovana, col tempo, lava via le ceneri e, lentamente, scava sotto il manto d’asfalto una voragine. Quando lo strato d’asfalto diventa troppo sottile per reggere il peso soprastante viene giù tutto. Il meccanismo è sempre lo stesso. La causa la malafede di chi costruisce strade e ponti su aree a rischio.

Città del Guatemala 2010

Altro caso incredibile accaduto nel novembre del 2016 a Fukuoka nel sud del Giappone. Anche qui ad un incrocio di questa popolosa città, porta di accesso del Giappone per la Corea del Sud e divenuta famosa anche per una bellissima canzone scritta da Juan Luis Guerra (Bachata en Fukuoka), si aprì una voragine di 27 metri per 30 e profonda 15. La causa furono i lavori della metropolitana che avevano aperto delle buche ai lati della strada. Solo che in due giorni le maestranze giapponesi riempirono la voragine con 6.200 metri cubi di sabbia e cemento e in una sola settimana la strada venne riaperta al traffico. Altri mondi.

Fukuoka Giappone 2016

Ultimo caso spettacolare fu il crollo di 200 metri del Lungarno Torrigiani a Firenze. A pochi metri dal Ponte Vecchio, in pieno centro, di fronte agli Uffizi.  Venti auto sono state semi inghiottite dall’acqua che ha scavato il terreno fino a creare il vuoto.

A Roma si aprono 90 voragini all’anno?

La Pontina è un vero dramma nei collegamenti fondamentali tra Roma e l’area a sud, Terracina, San Felice Circeo e Latina. Sono anni che si chiede diventi una superstrada, con una manutenzione adeguata alla sua importanza. Non succede nulla. Ogni volta che si aprono buche più o meno grandi e ogni volta che si fanno i conti con le strade dissestate del centro cittadino della Capitale, si aggiungono problemi a quelli già esistenti per il traffico, il maltempo, i costi del carburante, tutti a carico dei cittadini che sono costretti, per lavoro, a viaggiare su queste strade.

Roma ha vissuto in questi ultimi tempi numerosi casi di voragini che hanno creato notevoli disagi alla popolazione e anche causato vittime innocenti.

Il 14 febbraio di quest’anno, in via Livio Andronico, alla Balduina si apre una di queste voragini, forse la più spettacolare. Tecnici dei vigili del fuoco, dell’Acea e vigili urbani intervengono subito per capire quale sia la causa di un simile disastro che, non fa vittime, se non le vetture che erano parcheggiate lungo la strada. Le tubature che si trovano sotto vengono troncate di netto, segno che la causa non è la corrosione ma lo smottamento improvviso. Era crollato un muro di un cantiere sottostante la superficie e questo ha creato lo smottamento. Venti famiglie restano per un po’ di tempo fuori casa a titolo precauzionale. Carlo Rienzi del Codacons non perde tempo e subito presenta un esposto alla magistratura per il continuo ripetersi di situazioni del genere. Come ho già scritto, questo della Balduina é un caso diverso dai soliti. Ovverosia le infiltrazioni d’acqua che creano i disagi stradali e possono causare i crolli del manto stradale, come sulla Pontina qui non si sono verificate.

Quali possono essere le ragioni di questi dissesti?

Michele Moramarco, ingegnere, responsabile dell’ufficio tecnico SITEB (Associazione Italiana Bitume e Asfalto Strade) sostiene che a Roma “la strada spesso non è realizzata con la giusta sequenza e sovrapposizione di strati legati. Ecco perché il problema delle buche è così diffuso. La situazione diventa più grave quando a causa di lavori le strade vengono aperte e richiuse frettolosamente con dei materiali scadenti e non compatti. I vuoti all’interno di questi materiali, mal progettati e mal compattati, con la prima pioggia si riempiono d’acqua che piano piano, accumulandosi, dilava i materiali non legati sottostanti”. 

Significa che le strade sono fatte male, a tirar via. Forse si usano materiali scadenti?

L’altra causa delle buche sono i mezzi pesanti. Roma è attraversata da camion e pullman, Tir e autobus, che individualmente non sono un problema “ma è la somma che fa il totale” (avrebbe detto Totò) e tutti insieme fanno milioni e milioni di tonnellate di merci, di persone, di bagagli che premono su un asfalto non sempre ben costruito. Si aprono così le crepe e le crepe fanno filtrare l’acqua piovana. Filtra oggi filtra domani si formano dei righelli di acqua che screpolano la sabbia o altro materiale deperibile che si trova sotto l’asfalto. Le crepe dal basso si ramificano in alto con il continuo passaggio dei mezzi pesanti e delle auto, perché anche queste ci mettono del suo.  Quando si forma la buca, inizia la formazione del possibile disastro. Arrivare al momento dell’apertura della voragine è solo questione di tempo. Poi basta un niente e sprofonda tutto.

Il 13 giugno del 2012 un’enorme voragine larga 12 metri e lunga 6 si apre in via Leone XIII, la strada a grande scorrimento che costeggia Villa Pamphili. La causa viene fatta risalire alla rottura di una fognatura privata, proveniente da via Leone Dehon e collegata a quella principale che scorre sotto via Leone XIII.

Voragine alla Montagnola 23 novembre 2017

Il 5 gennaio 2014 Roma sembra caduta in stato di guerra. Una pioggia incessante provoca danni un po’ dovunque. Centinaia di buche e voragini, strade che diventano una specie di formaggio groviera, frane, smottamenti e inondazioni bloccano il traffico in più zone. L’acqua ha fatto il suo, ha scavato, divelto, aperto, spaccato l’asfalto. Crollano dei muretti, le strade si trasformano in torrenti. A Prima Porta ci sono zone interamente allagate. La Cassia è interrotta. Allagata via Frassineto. Chiusa anche la Circonvallazione Ostiense all’altezza del sottovia in direzione Cristoforo Colombo. Il 19 gennaio del 2018 in via Catania, una donna anziana cade in una voragine che si è improvvisamente aperta ferendosi. L’associazione dei Consumatori denuncia il Comune per tentato omicidio. Il fenomeno delle buche si va intensificando. Ormai è diventato una barzelletta. Le strade di Roma sono come una gimkana per i motorini e le auto rischiano i cerchi delle ruote.

Il 27 marzo 2018 maxi voragini si aprono a viale Isacco Newton. I vigili del fuoco parlano di almeno 30 metri di vuoto sotto la strada, che viene chiusa al traffico. Il 9 ottobre del 2018 tocca a via Cesio Basso, Balduina. Si apre una voragine stradale sotto una jeep parcheggiata, che resta in bilico.

Prima Porta gennaio 2014

Dietro le voragini ci sono le tangenti?

Gianfrancesco Turano si domanda perché le strade italiane crollino e se c’entrano per caso le tangenti sugli appalti (l’Espresso del 2 maggio 2017). Una domanda oziosa direte voi. Abbiamo spiegato che le crepe e le buche derivano dalla friabilità dei materiali vulcanici sottostanti all’asfalto. Con il tempo si formano cavità dovute all’acqua piovana che piano piano porta al crollo dello strato sottile di bitume sospeso sulla voragine. Altre volte però l’acqua, resa acida dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera, scioglie lentamente le rocce composte da minerali leggermente solubili come il calcare. In città a queste ragioni si aggiungono le rotture delle tubature vecchie, corrose, che hanno perdite d’acqua.

Turano scrive un’inchiesta che riguarda alcuni appalti pubblici per costruzioni di viadotti e strade degli anni ’90-‘91. Cita il crollo del cavalcavia (inutile) di Fossano, tra Cuneo e Asti, per la cui costruzione sembra vi fosse una “stecca” di due miliardi di lire pagata dal costruttore al ministro Giovanni Prandini, democristiano, tramite l’allora direttore dell’Anas Antonio Crespo, un suo fedelissimo. Negli anni successivi la mazzetta per una serie di lavori, che con gli anni stanno presentando il conto venendo giù, è passata da un acquisto gonfiato di una villa del Ministro per 7 miliardi di lire e la concessione di 670 miliardi di lire alla stessa Impresa, che ha acquisito la villa, per le opere pubbliche. Smottamenti, cavalcavia che cedono improvvisamente, manti stradali che si aprono trovano una motivazione nella (non) meticolosità con cui venero costruite e poi approvate queste opere. Il giornalista afferma che di cambiato rispetto ad allora (erano i tempi di Mani pulite) c’è solo una cosa, il modo in cui si versano le mazzette. Una volta si portavano le valigette piene di lire ai politici, ora ci sono i prestanome, i consulenti, gli acquisti di beni, meglio se su estero. Un sistema di triangolazioni che si può anche scoprire ma difficilmente interrompere e utilizzare come prova.

Crollo cavalcavia a Lecco

L’articolo di Turano si conclude tristemente con una sentenza di non luogo a procedere. “Il processo sui 35 miliardi di lire di tangenti Anas su 750 miliardi di lavori si è concluso in modo trionfale per gli imputati. Dopo le condanne in primo grado a Prandini, Crespo, Cesa, nel giugno 2003 la corte d’appello di Roma ha annullato la sentenza e rimandato gli atti alla Procura della repubblica in base a un verdetto con valore retroattivo della Corte costituzionale dove si stabiliva che il tribunale dei ministri non poteva fungere da pubblica accusa e da gip contemporaneamente

Nessuna pianificazione solo inseguire le emergenze

A seguito dei crolli di diversi viadotti tra la Sicilia e la Lombardia e del ponte Morandi a Genova s’è finalmente accertato che il calcestruzzo non ha una durata eterna. Quello con cui si costruiscono ponti e palazzi è calcestruzzo rinforzato da tondini d’acciaio. Teoricamente si pensava dovesse durare la stessa età della roccia della quale è costruito. È acqua, sabbia, ghiaia e cemento. Il cemento è ottenuto da rocce calcaree. Si pensava fosse impermeabile ma non è vero. L’acqua e il salmastro (e anche l’inquinamento) lo deteriorano con gli anni e dopo 50 anni mostra i segni di un disfacimento pericoloso, arrugginiscono i tondini del suo armamento, si sgretola il calcare. Da una rapida stima s’è appurato che servirebbe la manutenzione in almeno 11.000 casi. Questa purtroppo è l’immagine di un Paese con un territorio sul quale hanno mangiato e vissuto di rendita generazioni di politici e di imprenditori, assessori, consulenti, tecnici. Non c’è mai stata una programmazione e siamo sempre costretti a inseguire le emergenze, per poi affidare in concessione e manutenzione i servizi a società che hanno solo a cuore massimizzare i profitti. Per ottenere gli incarichi si fanno gare al ribasso e si elargiscono tangenti che hanno come esito la realizzazione di opere con materiali scadenti, a basso costo, per rientrare non dei costi ma dei guadagni desiderati. Non sono solo le strade a trovarsi in questa situazione ma soprattutto le scuole, al 70% con problemi di tenuta e di manutenzione, gli edifici pubblici (qualche tempo fa è stato evacuato il Palazzo di Giustizia a Bari), gli acquedotti, le reti elettriche e telefoniche. È tutto il Sistema Paese che è al collasso e che richiederebbe interventi da qui ai prossimi 20, 30 anni.

Nel frattempo sappiamo che invece di fare la manutenzione i 26 concessionari delle Autostrade italiane, si sono arricchiti aumentando le tariffe con un introito che è più che triplicato in quasi 20 anni. Nonostante questo le autostrade sono ancora passabili cosa che non possiamo dire per la rete stradale è ridotta a uno schifo. Del tutto inadeguata a un paese come l’Italia, per le sue esigenze economiche e turistiche. Le competenze su di esse sono sempre più ingarbugliate. Non si sa mai se deve intervenire l’Anas, la provincia o il comune. I fondi non ci sono, le province vengono prima declassate e poi, invece di eliminarle del tutto, restano senza portafoglio a non gestire quello che era stato affidato loro, in una confusione che farebbe perdere la pazienza a Giobbe. Troppe leggi, troppi interventi a capocchia, nessuna pianificazione.

Non sempre si sa di chi siano le competenze

Paolo Viana sull’Avvenire 7 giugno 2017 ci svela perché succeda tutto questo.  Per via di una legge sul catasto delle strade mai applicata. Sostiene infatti l’ingegnere Maurizio Crispino, ordinario del Politecnico di Milano ed esperto della Struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture: “Il primo problema, che si colloca ben a monte della manutenzione di un’opera pubblica, risiede nella conoscenza del patrimonio infrastrutturale (…) Il decreto ministeriale 3484 del 1° giugno 2001 sul catasto delle strade non è stato applicato dalla quasi totalità degli enti pubblici gestori di strade, laddove la norma li obbligava a costituire un archivio che contemplasse l’organizzazione geometrica, le dotazioni strutturali e tutte le specifiche di ogni arteria, compresi i ponti su cui passa. Queste informazioni avrebbero dovuto essere unificate nell’archivio nazionale delle strade. Quel decreto è stato disatteso”.

Insomma, in Italia i ponti sono degli sconosciuti. Non si sa esattamente quanti sono, di chi sono e in che condizioni siano. Se questa è la situazione, ha ragione l’ex Ad dell’Anas Gianni Armani (dimessosi il 7.11 2018) quando afferma che “In tutti i casi non è lo stato di manutenzione la prima causa del crollo, anche se in alcuni è la concausa”. Non lo è perché non si può accusare nessuno di non aver garantito la manutenzione di ciò che non è suo.

L’unica cosa che i comuni riescono a pianificare sono le installazioni dei Velox per togliere soldi agli automobilisti che viaggiano con le loro auto a 10 km/h più velocemente di quello che stupidi cartelli stradali indicano, loro si ci sono, non le corsie di emergenza, ai lati della strada statale. Beh però coi fondi delle multe potrebbero ricostruire il manto stradale dissestato. Neanche per idea. Quei soldi servono a pagare gli stipendi e a coprire altri buchi, quelli del bilancio comunale.

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