Roma, accampamenti in pieno centro: cosa significa davvero accoglienza?

Nei pressi della Caritas della Stazione Termini a Roma, si è sviluppato una sorta di insediamento spontaneo

Roma accampamenti

Roma accampamenti

Roma accampamenti in pieno centro. Nei pressi della Caritas della Stazione Termini a Roma, si è sviluppato una sorta di insediamento spontaneo.

Divisori dei lavori stradali vengono usati come pareti, lenzuola e materassi a fare da mura per questi “alloggi” di (s)fortuna, liquidi e rifiuti fuoriescono da queste costruzioni di indigenza, malessere, povertà, assenza di prospettive.

Le foto che vedete sono state scattate in viale Pretoriano, dietro alle antiche Mura di Via di Porta Tiburtina dove è sorto un vero e proprio villaggio. Siamo a due passi dal ricco quartiere Pinciano e Parioli della Capitale. Molte delle persone che occupano questi spazi sono straniere: accampate, accalcate, per di più senza alcun rispetto per le norme anti contagio imposte dalla pandemia da Sars-coV-2.

Queste immagini dovrebbero farci riflettere su molte questioni che riguardano la nostra storia e la nostra etica. Cosa significhi Europa, cosa significhi davvero accoglienza e solidarietà. Quali prospettive professionali, umane e sociali debba davvero offrire la solidarietà internazionale.

L’immigrazione è un fatto umano complesso, che non origina dai gommoni e non parte dalle frontiere. L’immigrazione è una risposta a dinamiche sociali, economiche, perfino climatiche. È il prodotto di strategie internazionali, scelte geopolitiche, scacchiere di convenienza, e non può essere liquidato con un solo “Chiudiamo i porti” o con un “Accoglienza punto e basta”. Le ideologie che ci fanno sentire sicuri sono in realtà debolezze. Sentirci migliori perché sbarriamo i confini o sentirci migliori perché li apriamo senza lungimiranza, non aiuterà nessuno se non noi stessi a dormire più sereni. O perché “li abbiamo chiusi fuori”, o perché “li abbiamo lasciati entrare”.

Che senso hanno le nostre azioni, la nostra politica, il nostro benessere se in molti casi le stesse nazioni che abbiamo colonizzato, sfruttato, ai cui governi vendiamo armi, le stesse che ci hanno resi forti sono ora anche la nostra debolezza?

Accampamenti Roma, solidarietà e confini

Dobbiamo chiederci se siamo capaci di fondare l’unica società migliore possibile: quella che veda la solidarietà come connessione e non come eroicità. Che intenda la comunità umana come connessione e partecipazione utile e non come utopia o ideale. A questo proposito è utile ricordare il concetto di “confine” secondo il filosofo e psicologo Massimo Recalcati. Il confine non è un muro rigido ma un terreno fertile. Il confine è quel punto dove l’identità è porosa ma non priva della propria affermazione. “Confine” non è una brutta parola ma è ciò che ci permette di avere un’identità, di essere al mondo. L’immigrazione è infatti spesso la reazione alla sofferenza dei confini dei paesi dai quali si migra, dai quali si fugge, proprio perché in quei luoghi la sovranità del popolo che ci abita non è affermata ma calpestata da Governi tirannici e bande criminali.

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