A cena meglio il pesce e la frutta mai a fine pasto? Attenti alle false verità

Per una buona parte della popolazione, il pesce a cena può essere un ostacolo al buon riposo notturno e non un aiuto

Pesce crudo

Bisogna che chiariamo una cosa e lo facciamo attraverso qualche esempio sulle tante affermazioni più o meno assolute che si leggono qua e là. Le verdure amare sono “detox” per il fegato, oppure gli alimenti che contengono triptofano aiutano il sonno (vero n.d.a.). Quindi a cena va bene il pesce (sbagliato n.d.a.), o ancora la frutta va mangiata lontano dai pasti o altre affermazioni del genere.

Alimentazione: attenti alle verità assolute

Facciamo attenzione. Poche cose si allontanano dalla verità come quelle che hanno la presunzione di essere la verità assoluta.

Ad esempio le verdure amare non sono tutte disintossicanti per il fegato. I carciofi (nemmeno tanto amari) o la cicoria (parecchio amara) lo sono di sicuro ma il radicchio, soprattutto alcune varietà, o la melanzana, specie se con la buccia (amara anche lei), non lo sono affatto perché le caratteristiche del ferro che contengono non facilitano la funzione epatica.

Ma, sempre per non generalizzare, radicchio e melanzana non sono per niente da buttare ma vanno usate per altri scopi, altrettanto utili, diversi dal drenaggio epatico.

Andiamo avanti, è vero che il triptofano è un induttore del sonno perché è un precursore della serotonina, ma il triptofano contenuto nel pesce è del tutto inutile a questo scopo perché il pesce, soprattutto quello di mare, contiene tanto di quello Iodio da essere un attivatore metabolico e non certo un sedativo, annullando così il possibile effetto rilassante del triptofano.

Lo iodio infatti aiuta la tiroide a lavorare di più e una tiroide attiva aiuta lo stato di veglia, non certo quello di riposo. Quindi, per una buona parte della popolazione, il pesce a cena può essere un ostacolo al buon riposo notturno e non un aiuto.

Il momento giusto per mangiare la frutta

E infine, riguardo al mangiare la frutta lontano dai pasti, l’idea è che in questo modo si dovrebbe ridurre il gonfiore intestinale anche se non si capisce perché, presa a fine pasto, la frutta dovrebbe aumentarlo se la funzione epatica e pancreatica (quindi le funzioni digestive) sono in ordine.

Ma, e questo è più importante, se diamo della frutta a digiuno a una persona con disturbi della glicemia (cioè il bilancio degli zuccheri nel sangue) di certo non abbiamo avuto una buona idea. Il motivo è che il fruttosio (lo zucchero della frutta) è fra i più rapidi a passare nel sangue, soprattutto a digiuno, creando un picco di iperglicemia seguito da un altrettanto rapida discesa in ipo, che giorno dopo giorno costringono il pancreas (già in difficoltà di suo) a subire un stress funzionale quotidiano e continuo che, alla lunga, potrebbe esaurire ancora di più la sua capacità di produrre insulina.

Perciò facciamo attenzione a utilizzare consigli presi qua e là e ricordiamoci che, per essere utili, qualunque indicazione ha bisogno di tenere conto di tre informazioni fondamentali:

  • chi è la persona che usufruisce di quel consiglio, quindi quali sono le sue caratteristiche metaboliche e quali sono le sue patologie, se ne ha;
  • qual è l’obiettivo prefissato nella dieta prescritta a quella persona e quindi perché gli/le si da quel determinato consiglio;
  • ogni prescrizione alimentare va inserita in una dieta complessiva della quale, il consiglio in questione, no può non tenere conto.

Perciò, in parole povere, dipende. Non prendiamo per verità assolute affermazioni che non tengono conto degli aspetti che abbiamo elencato, perché le pillole di saggezza sintetiche e generaliste in medicina sono inutili, quando non rischiano di fare addirittura qualche danno.

Dott. Antonio Sbardella