Dove andranno a finire i rifiuti della Regione Lazio?

Rifiuti, raccolta differenziata, discariche, termovalorizzatori, poche gioie e tanti dolori per tutte le amministrazioni…

Rifiuti, raccolta differenziata, discariche, termovalorizzatori, poche gioie e tanti dolori per tutte le amministrazioni. Almeno così sembrerebbe. Si parla contro quello, a favore di quell’altro, c’è chi dice sì e chi dice no. Ma che cosa sta succdendo? Abbiamo cercato di fare un riassunto degli ultimi anni, per capire cosa potrebbe succedere in seguito. Delle sorti dei rifiuti e relativi interventi per il loro smaltimento, come noto, decidono le Regioni con quelli che si chiamano piani regionali dei rifiuti, nei quali si trovano tutti i territori divisi per ATO, ovvero Ambiti Territoriali Ottimali, gli impianti esistenti, utilizzati, quelli che saranno mantenuti e ristrutturati e quelli che verranno dismessi, le procedure di raccolta differenziata e tutte le indicazioni sullo smaltimento. Per riassumere cinquecento pagine di piano regionale rifiuti non basterebbe lo spazio a disposizione, però è interessante vedere come, nella vita di tutti i giorni si inveisce contro quello o contro quello, magari per sentito dire, o perché quello ci è più simpatico di quello.

Già dallo scorso anno, in Regione, discutendo sulle linee guida del nuovo piano regionale dei rifiuti si è parlato di una forte spinta alla raccolta differenziata, della revisione tecnica dell’impiantistica esistente e un cambio della governance dell’ambito di gestione rifiuti, con l’idea di arrivare a un ATO unica alla quale molti territori si sono ribellati. La raccolta differenziata aumenta, certamente, ma si è ancora molto lontani dagli obiettivi fissati dalla normativa europea e il Lazio figura tra le ultime regioni in classifica nazionale secondo il rapporto Ispra. Secondo quanto affermato più volte dal Ministro al ramo, servono impianti per smaltire almeno 500 mila tonnellate l’anno di umido. L’allora decreto sblocca Italia del Governo Renzi aveva previsto che nel Lazio ci fosse bisogno di quattro impianti di termovalorizzazione: oltre agli impianti di S. Vittore, Colleferro e Malagrotta, un quarto impianto per la copertura di un fabbisogno di incenerimento pari a 879.382 tonnellate all’anno.

La Giunta regionale, in conseguenza a questo decreto, con la proposta di modifica di aggiornamento della delibera del fabbisogno, dgr 199/2016, cancella l’ipotesi del quarto impianto, ma anche il termovalorizzatore di Malagrotta, autorizzato dal piano dei rifiuti in vigore. La Regione prevede, così, nel nuovo piano solo due impianti perché, sempre da quello che si legge dal piano regionale, l’ammodernamento dei due impianti porterà ad avere una capacità autorizzata per un quantitativo da valorizzare pari a circa 640 mila tonnellate di rifiuti rispetto ad un fabbisogno attuale pari a 963.950 t/anno e nel 2026 di 694.890. L’impianto di Colleferro è proprio uno dei due impianti protagonista di ammodernamento per rimanere in vita e in azione ed essere adeguato alle esigenze della regione. Per tale operazione la Regione ha stanziato 12 milioni e 600 mila euro. Nel medesimo piano si legge, in merito alle discariche, con particolare riferimento a quella di Colleferro, di aumentare la volumetria di 600 mila mc, con lo spostamento dei tralicci e 565 mila mc con le due discariche di Latina, ma anche di aprire nuovi siti. A conferma di questo c’è la lettera che la Regione ha inviato di recente al Sindaco della Città Metropolitana ed ai presidenti delle Province perché individuino con i sindaci i nuovi siti per le discariche di cui c’è bisogno.

La buona notizia del piano regionale, dunque, che la Regione non andrà a realizzare nessun nuovo impianto, ma l’obiettivo è quello di far lavorare al meglio gli impianti esistenti e Colleferro viene annoverato tra questi. I lavori sono nel frattempo iniziati e si stava portando a compimento questo progetto. Questa la cronistoria dell’anno appena trascorso in fatto di smaltimento rifiuti. L’anno si è poi concluso con la nota protesta contro il revamping, per cui la Regione ha bloccato tale intervento, dopo averlo deliberato e dopo aver stanziato fondi importanti, con la motivazione, espressa ufficialmente in aula di consiglio dall’assessore regionale al ramo, che i rifiuti possono essere portati nei cementifici (Colleferro e Guidonia) e in impianti similari, come la centrale a carbone di Civitavecchia. Questa la fine dell’anno 2017. Da allora, ad oggi compreso, il famigerato camion, bloccato dalla protesta cittadina a Colleferro Scalo, trova spazio presso centro di sosta per mezzi pesanti in via Casilina a Colleferro, con tanto di costi di gestione e giacenza che la società operante per il revamping dovrà recuperare, chiedendoli alla società che ha commissionato tali lavori. Chi pagherà e soprattutto cosa succederà, lo scopriremo solo vivendo.

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