Il grande successo della mostra Love al Chiostro del Bramante

I più importanti artisti dell’arte contemporanea celebrano l’amore in ogni sua forma

Fino al 19 febbraio 2017 il Chiostro del Bramante di  Roma in occasione dei suoi vent’anni di attività ospita la mostra LOVE. L’arte contemporanea incontra l’amore, a cura di Danilo Eccher, con il patrocinio di  Roma Capitale – Assessorato alla crescita culturale Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la mostra LOVE. L’arte contemporanea incontra l’amore, è prodotta e organizzata da Dart – Chiostro del Bramante in collaborazione con Arthemisia Group. La mostra vede come sponsor JTI e Generali Italia.

Per la prima volta sono riuniti tra i più importanti artisti dell’arte contemporanea, come Yayoi Kusama, Tom Wesselmann, Andy Warhol, Robert Indiana, Gilbert & George, Francesco Vezzoli, Tracey Emin, Marc Quinn,  Francesco Clemente e  Joana Vasconcelos, con opere dai linguaggi fortemente esperienziali (All the Eternal Love I Have for the Pumpkins della Kusama tra le più instagrammate al mondo) e adatte a coinvolgere il pubblico attraverso molteplici sollecitazioni. L’esposizione romana intende l’Amore, raccontandone le diverse sfaccettature e le sue infinite declinazioni. Un amore che si snoda lungo un percorso espositivo non convenzionale, caratterizzato da input visivi e percettivi.

La mostra inizia proprio con l’opera Love (1966-1999), il quadrato di lettere che Robert Indiana ha tracciato agli inizi degli anni Sessanta e che da allora continua a rappresentare l’icona più forte e suggestiva di un’immagine che si fa parola.

Per Yayoi Kusama lo spazio è ripetuto all’infinito in un caotico gioco di specchi nel quale bisogna immergersi, abbandonarsi, respirare la solitudine, nella sua ultimissima Infinity Mirrored room, All the Eternal Love I Have for the Pumpkins (2016).

I confini tra uomo e mondo, tra verità e incanto, crollano nell’attimo in cui si chiude la porta dell’Infinity room e allucinati paesaggi di zucche restituiscono il mistero di atmosfere mentali, sogni psichedelici nei quali le dimensioni si falsano, le prospettive si capovolgono, gli oggetti e i personaggi si confondono.

Essenzialità stilistica e centralità assoluta dell’immagine sono poi protagoniste di Smoker #3 (3-D) del 2003 di Tom Wesselmann: un’immagine volutamente stereotipata e commerciale, dettata dalla cultura di massa che impone la propria grammatica, andando a scardinare con il proprio vocabolario l’ordine sociale delle immagini attraverso un amore pop e coraggioso, sfiorando anche l’eros e la seduzione.

Gli acquarelli di  Francesco Clemente respirano gli aromi delle spezie orientali e presentano infiniti volti, come Androgyne Selfportrait III (2005), dove sorriso e dolore convivono, dove la vita e la morte si abbracciano indissolubilmente. In queste immagini l’amore si riconosce in tutta la sua ambiguità, si riflette su una piccola barca alla deriva prima di affondare e alzare dal proprio cuore il simbolo della resa, come nell’opera Surrender (2015).

A un universo turbolento appartiene l’opera di Marc Quinn con le sue rappresentazioni vittoriose di una natura felice, mazzi di fiori colorati e quel tripudio abbagliante di luci che allontana il sospetto del male ma che lascia spiragli al biancore gelido della fine, del tempo scaduto: sono fiori recisi come in Thor in Nenga del 2009: colori bloccati dalla chimica, natura congelata e il meraviglioso sorriso della morte che si affaccia, con arabeschi e pennacchi, in tutto il suo trionfo.

Ma è forse, in assoluto, Andy Warhol con l’immagine di Marilyn Monroe in One Multicoloured Marilyn (Reversal Series) del 1979-1986 a rappresentare, con più solida suggestione, il complesso ingorgo emotivo dell’amore.

Marilyn, non solo l’icona più riprodotta della contemporaneità ma volto stesso dell’amore, sogno visionario, allucinato di bellezza e disperazione, di eleganza e povertà, di infantile dolcezza e segreta perversione.

Un’intera vita contorta e contraddittoria congelata nella santità di un volto, il silenzio di uno sguardo in cui convivono tutte le espressioni, tutti i sentimenti, tutte le immagini possibili.

Video-istallazioni, inoltre, raccontano nel percorso espositivo i differenti linguaggi sperimentati da Ragnar Kjartansson, Tracey Moffatt, da  Nathalie Djurberg e  Hans Berg.

L’amore è raccontato nell’ingannevole impianto teatrale di God (2007) di  Ragnar Kjartansson e nelle romantiche e storiche scene dei baci cinematografici in Love (2003) di Tracey Moffatt; voci distorte di un mondo oscuro, fiori giganti di cartapesta che alludono a una bellezza inquietante, una struttura teatrale e filmica sono invece i protagonisti dell’opera The Clearing (Pastels and Red and Purple, 2015) di Nathalie Djurberg e Hans Berg.

Love va oltre il concetto di museo, infatti qui il vero protagonista della mostra è il pubblico che ha la possibilità di fotografare, giocare e interagire con tutte le opere durante il percorso espositivo, divenendo fruitore e divulgatore allo stesso tempo con l’hashtag ufficiale #chiostrolove.

Il totale coinvolgimento sensoriale caratterizza l’esperienza museale, abbracciando il concetto di ‘open access’ e di museo in continua evoluzione.

*Foto di Giovanni De Angelis

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