Intervista a Marco Travaglio: “Vi racconto un po’ della mia vita privata”

Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, svela qualcosa in più della sua sfera privata

Marco Travaglio, attualmente direttore de Il Fatto Quotidiano, da lui cofondato nel 2009,  è senza dubbio uno dei giornalisti italiani di maggiore popolarità sia grazie alla sua penna caustica, che non conosce piaggeria, sia per le sue invettive televisive all’interno dei programmi televisivi di Michele Santoro. Ma pungolato dalle nostre domande, svela qualcosa in più della sua sfera privata e ne esce fuori un uomo ironico e per nulla serioso.

Chi sono i protagonisti del suo ultimo  libro “Slurp” ( edizioni Chiarelettere)?

Quasi tutti i giornalisti italiani: gli adulatori,  la cortigianeria, quelli che hanno fatto della la piaggeria, del  leccaculismo la loro  professione. Se avessimo avuto una stampa critica e libera magari avremmo avuto un governo migliore e avremmo conosciuto tante verità .

Tra gli autentici  campioni della cortigianeria giornalistica ci fa qualche nome?

Primo fra tutti Bruno Vespa,  abilissimo, ha lo stesso percorso giornalistico di Giuliano Ferrara, non c’è un governo che non abbiano leccato entrambi. Poi Vespa scrive un libro all’anno e a seconda del governo in carica, incensa il potente di turno.  Si tratta di giornalisti che stanno sempre  dalla parte del potere, cioè dalla parte sbagliata. Montanelli diceva che quando il politico ricopre un incarico di potere, è proprio in quel momento che bisogna  diventare scettici e diffidenti nei suoi confronti.

Quando ha conosciuto Indro Montanelli?

Ero un ragazzino di belle speranze, avevo  ventitré anni e scrivevo su un settimanale di Torino Il Nostro Tempo Gli ho scritto, ci siamo incontrati a  Milano e gli ho lasciato degli articoli. Da lì ha iniziato a farmi scrivere come corrispondente da Torino e  successivamente mi ha portato con sé a La Voce. Ho avuto la fortuna di frequentarlo dall’86-87 al 2001 fino a un mese prima che morisse. Credo che gli sia piaciuto che fossi un rompiscatole.  Era un uomo  generoso, che ha sostenuto tanti  giornalisti emergenti: me, Peter Gomez e altri eravamo una redazione molto giovane e ci considerava i suoi cocchi. Gli piaceva molto l’uso che facevo dell’archivio, cioè le affermazioni dei politici che archiviavo e che a distanza di tempo mettevo a confronto sottolineandone l’incoerenza. Infatti diceva che io uccidevo  non con la spada ma con l’archivio.

Molti la definiscono  l’erede di Montanelli, cosa ne pensa?

Lui era altissimo, ma in compenso io ho qualche capello in più. Scherzi a parte, un uomo così ne nasce uno ogni millennio, chiunque si paragoni a Montanelli è un poveretto, lui è un genio, io sono una persona normale.

Non parla mai della sua vita privata, ma come hanno vissuto la sua improvvisa popolarità i suoi figli?

Ho due figli: Alessandro ed Elisa  e nel momento della popolarità televisiva, con Santoro  nel 2001, erano piccoli, quindi hanno sempre convissuto col fatto di avere un papà conosciuto. Non mi ritengo ‘famoso’, perché non faccio vita di società, me ne sto per i fatti miei, non amo essere confuso con altri ambiti, io sono e resto un giornalista. I miei figli hanno pagato sicuramente un prezzo alto, avrei voluto essere più presente, io sto spesso in giro, però ormai ci sono abituati. Vivo tra Torino e Roma dove si trova la redazione del Fatto Quotidiano, sto con la mia famiglia dal sabato al lunedì e poi torno a Roma, così ogni settimana. Con loro ho un bellissimo rapporto ma ho sempre un  forte senso di colpa.

Cosa ha provato vedendo suo figlio Alessandro concorrente da Maria de Filippi e Gerry Scotti su Canale 5 nel programma  Italian’s Got Talent?

Essere  mio figlio è un handicap per lui, qualcuno ha trovato il modo di dire fosse stato raccomandato, invece, purtroppo per mio figlio,  è stato strumentalizzato. Lui  fa il rapper, scrive canzoni,  ha appena iniziato, non so nemmeno se sia bravo, ma è stato notato, lo hanno selezionato e poi eliminato. Sta facendo la sua strada, nello stesso tempo studia,  sono contento che sia appassionato di musica e che non sia un ignavo. Mi imbarazzerebbe molto se i miei figli facessero i giornalisti, perché verrebbero tacciati di essere dei raccomandati e non riuscirebbero a fare il loro percorso.

È vero che lei è un grande fan di  Renato Zero?

Nel suo scorso tour, su cinquanta concerti, io ne ho visti undici, per cui sono sorcinissimo, ma amo moltissimo anche Paolo Conte, Franco Battiato e poi adoro Raffaella  Carrà,  sono innamorato pazzo di lei, è simpatica e di una bravura assoluta, in più legge il Fatto Quotidiano. Ho gusti musicali onnivori, la musica in casa mia c’è sempre stata.

A molti ha sorpreso la sua scelta di  prendere Selvaggia Lucarelli al Fatto Quotidiano, come l’ha conosciuta?

Non la conoscevo come figura del web, ma quando , anni fa ebbi   uno screzio con Santoro,  lei scrisse un pezzo ferocissimo dove ci pigliava amabilmente per i fondelli e mi piacque molto, così mi sono informato e ho scoperto che era una catalizzatrice di simpatie,  contatti e fan del web. L’ho incontrata a una rassegna di libri l’anno scorso, casualmente,  le ho chiesto se voleva scrivere per Il Fatto e lei ha accettato. Mi piace il suo modo di scrivere e amo contaminare il giornale con tante firme e diversi temi, come ad esempio il costume, su cui eravamo un po’ carenti, intenti  seriosamente ad occuparci di politica.  Con lei abbiamo colmato questa lacuna. Molti  lettori, soprattutto donne,  hanno iniziato a leggerci proprio dopo che è arrivata Selvaggia.

Cosa le piace di più del suo ruolo di direttore?

Mi diverte far girare, far ruotare i miei collaboratori e mischiare le ‘carte’, sorprenderli e farli scrivere di tutto . Noi giornalisti dobbiamo dare tutti i giorni un motivo ai lettori per comprare il giornale e tirare fuori un euro e mezzo.  Perciò, se riusciamo a inoculare un po’ di curiosità, d’altronde è per curiosità che facciamo questo mestiere,  allora siamo riusciti nel nostro compito. Dobbiamo tornare a  sorprendere i lettori.

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