Religione, Maria: segno dei tempi nuovi

di Il capocordata

L’annuncio dell’angelo a Maria (Lc. 1, 26-38)

E’ senza dubbio la più nota delle ambasciate celesti: quando Dio ha qualcosa di importante da rivelare agli uomini può farlo direttamente, in visione o in sogno, oppure mandare un suo messaggero. Di solito i destinatari di queste rivelazioni sono uomini, ma quello di Maria è uno dei pochi casi in cui la referente è una donna. Anche per Maria la visita di un essere angelico è connessa alla maternità, ma le circostanze in cui avverrà la nascita e l’importanza del nascituro rendono l’evento unico in questo genere.

“Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te” (v. 28). Le parole dell’arcangelo Gabriele gettano Maria nello scompiglio, come attesta l’uso del verbo “turbare” (diatarasso), che implica grande stupore e turbamento interiore. Per quanto alcuni attribuiscano l’inquietudine  all’apparizione di un essere angelico o al fatto che un uomo rivolga la parola a una donna in maniera non consona ai costumi del tempo, l’evangelista Luca, invece, è piuttosto esplicito nel connettere il turbamento alle parole dell’angelo.

A quali parole in particolare? Certamente l’affermazione più forte è “piena di grazia”. L’uso del participio passato “gratificata” (kacharitomene) indica una condizione del passato che perdura nel presente, perciò secondo l’evangelista Maria è colei in cui la grazia è presente da prima e lo è tuttora. In altre parole, la grazia dimora in lei in maniera stabile e permanente. Si comprende, quindi, la portata del titolo che l’angelo le ha rivolto, non un semplice complimento, ma un’affermazione che la rende unica.

Gli annunci divini sono sovente caratterizzati dalla richiesta da parte del destinatario di un segno che provi la veridicità di quanto gli è stato riferito viene da Dio. Maria non chiede alcun segno: è invece l’angelo che spontaneamente le offre la gravidanza inattesa di Elisabetta come segno che nulla è impossibile a Dio. Due nascite (di Giovanni Battista e di Gesù) ritenute irrealizzabili, per la vecchiaia dell’una e la verginità dell’altra, diventano così una conferma reciproca dell’intervento decisivo di Dio nella storia, perché ciò che era impossibile alla Legge, Dio lo ha reso possibile mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato.

Leggere questo brano nella solennità dell’Immacolata Concezione ci aiuta a mettere a fuoco il disegno provvidenziale che Dio ha imbastito per la salvezza degli uomini. Se, infatti, la perdita della grazia è conseguenza della disobbedienza di Adamo ed Eva alla volontà di Dio, in Maria questa frattura viene risanata dalla docilità della serva del Signore, pronta a obbedire alla sua parola: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (v. 38).

L’episodio si chiude con la disponibilità di Maria a un pieno compimento della volontà di Dio. In questo non è difficile ravvisare lo stesso spirito di consegna che anima Gesù nel Getsemani (“Non sia fatta la mia, ma la tua volontà”), nonché oggetto di una delle richieste del “Padre nostro” pregato da tutti i cristiani. Del resto non si comporta diversamente Giuseppe nell’annunciazione che riceve a sua volta nel Vangelo di Matteo, dove dopo aver avuto in sogno le informazioni su quanto il Signore aveva disposto per lui e Maria, ”fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”, dimostrando un’obbedienza non meno pronta di quella della sua promessa sposa.

La partenza dell’angelo, “e l’angelo si allontanò da lei” (v. 38), diventa la condizione perché si possa agire in piena autonomia. Il messaggero ha portato l’annuncio e ha confortato la destinataria, ma ora comincia il tempo della prova , dove Maria non è certo abbandonata a se stessa, ma deve affrontare la situazione con coraggio e determinazione. L’angelo ha svolto il proprio compito, ora tocca a Maria adempiere il suo.

L’itinerario di Maria è il nostro: la fede è sempre un appello personale, che trova risposta nell’accoglienza della grazia, nell’ascolto di una Parola di cui riceviamo il seme per donargli carne, nell’abbandono a Colui che ha preso l’iniziativa di questa avventura e fa di noi dei “servi” responsabili. Se Maria si dice la “serva” del Signore, questo non vuol dire che il suo ruolo si riduce a essere un semplice strumento nelle mani di Dio. Non cediamo facilmente alla tentazione di abbassare l’uomo per ingrandire Dio. La vocazione e la missione di Maria mostrano, al contrario, la serietà dell’appello di Dio, che non vuole fare nulla senza il “sì” libero della sua creatura.

Gesù, alla Madre tua Dio ha chiesto di partecipare a un disegno di amore troppo grande per essere compreso, troppo inedito per essere previsto, troppo bello per essere compiutamente scandagliato e capito. E lei, Maria, non si è tirata indietro, non ha posto condizioni, riserve: si è fidata totalmente e ha messo la sua esistenza nelle mani del Padre. Ma prima della sua risposta generosa c’è l’esperienza indicibile di una grazia che colma, che libera dalla paura, che porta gioia e pace nel cuore. E’ questa grazia la sorgente di una fiducia a tutta prova, che accetta di abbandonarsi senza chiedere garanzie, senza domandare rassicurazioni.                 

Bibliografia consultata: Carrega, 2019; Laurita, 2019.

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