Roma, Pd in tumulto: Mi taglio una mano piuttosto che votare Orfini & Co

“Non possiamo pensare di risolvere tutto con le primarie e con il congresso. Dobbiamo iniziare un nuovo cammino”

"Io questa volta non ho votato Pd. Io piuttosto che votare Orfini e quelli come lui mi taglio una mano". Pronti, via. Parte il processo al Partito democratico e ai responsabili della disfatta elettorale. A mettere Orfini sul banco degli imputati è Carla, tesserata e militante del Tuscolano, una dei circa cento convenuti all'assemblea 'Punto e a capo. La parola alla base del Pd', riunita alla Città dell'altra economia a Testaccio.

Sono i rappresentanti del partito sul territorio: consiglieri municipali, esponenti dell'associazionismo, segretari di sezione, semplici simpatizzanti. Introduce e coordina Aurelio Mancuso, ex presidente di Arcigay. "La sinistra non è morta, ma il Pd non sta molto bene – esordisce – ora non possiamo pensare di risolvere tutto con le primarie e con il congresso. Dobbiamo iniziare un nuovo cammino".

In estrema sintesi, a sentire questo centinaio di militanti (più di uno si commuove parlando della sua passione politica), la critica ai vertici del Pd parte da Orfini e dalla sua "occupazione manu militari" del partito romano e arriva fino a Renzi, anche se più di qualcuno difende il segretario dimissionario e quello che fu il suo governo. Siamo diventati e'lite, dicono in tanti, siamo scomparsi dalle periferie, "da partito liquido- chiosa Paolo- siamo diventati partito gassoso".

Maria Teresa, del Pd Marconi, parla di "disfatta totale" alle urne e domanda: "Sono gli elettori che non ci capiscono o è il partito che non sa interpretare i loro bisogni?".
(DIRE) Roma, 10 mar. – Claudia ammette la "depressione" seguita al 4 marzo, ma rilancia: "È il momento della resilienza".
Claudio Poverini osserva: "Mettiamo questi giovani, questi millennias scelti chissà come dentro al partito, e poi non ci cachiamo i ragazzi che lavorano nei call center. E pure i migranti, li salviamo e li chiudiamo nei lager. Ma dove vogliamo andare?".
Daniel intensifica il fuoco contro Orfini: "Venga a Tor Bella Monaca a spiegare quanto è bella e importante l'Europa…".

Dopo un'ora di dibattito, inevitabilmente, è Alberto Bitonti a parlare di "seduta psicanalitica". E rivela: "Molti amici mi hanno detto di aver votato M5s perché la destra non si può e Renzi mi sta sulle balle". Ecco, Renzi. In due, un ragazzo candidato alla regione Lazio che non ce l'ha fatta e una ragazza, si autodenunciano: "Noi siamo renziani della prima ora…". La platea li accoglie col sorriso.

Il ragazzo, Simone, chiede di "non aprire un regolamento dei conti". Chissà. Poco dopo parla un sessantenne che concede: "Renzi forse e' un condottiero, ma uno statista davvero no…". Pino prova a stare sul pezzo: "Bello parlare di valori, ma vogliamo fare un governo o stare all'opposizione?". La sua domanda resta senza risposta.

Salvo un paio di interventi nettamente critici verso i Cinque stelle.
(DIRE) Roma, 10 mar. – A un certo punto, mentre in sala sono già due ore che si dibatte e si prova a esorcizzare la sconfitta, Mancuso rivela: "È passato Andrea Romano, ma non è voluto entrare in sala. Dice che a lui non interessano le opinioni delle persone che sono qui". La platea, che fino a quel momento si è confrontata con garbo e rispetto, erutta in fischi e invettive.
"Er punto è n'altro- riassume un signore- ma che ce sta a fa Andrea Romano nel Pd?".
Poco dopo, ad assise sciolta, si scoprirà che si trattava di un omonimo del deputato ex Scelta civica ed ex condirettore dell'Unità. Polemica spenta.

Alla fine, dopo due ore e mezza di discussione e 29 interventi, Mancuso tira le somme: "Dobbiamo fare in modo che questa assemblea diventi permanente. La prossima volta vediamoci in periferia, a Tor Bella Monaca". La platea applaude e approva.
"Come ci si arriva?", scherza un democratico. (Ag. Dire)

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