Ypokritai – Attori

A tu per tu con Debby, Sara e Andrea

È un sabato sera di pioggia, e io sto andando a teatro.
Sì, mica c’è solo il cinema ad accoglierci quando piove.
C’è il teatro, anche quello più piccolo, che non vede l’ora di presentarci giovani talenti.

Entro al Petrolini a Testaccio, prendo il mio biglietto e mi siedo.
Scelgo le ultime file. Se posso, quando i posti sono liberi, mi metto un po’ in disparte. Preferisco le parole degli attori a quelle di chi siede vicino a me. Voglio concentrarmi sullo spettacolo.

La sala è piccola, l’ambiente familiare.
Gli attori li potresti toccare solo allungando una mano, ed è anche bello, perché c’è contatto. C’è vicinanza. Le emozioni arrivano dirette, ti guardano negli occhi.

E se gli attori si chiamano Ludovica Di Donato, Gabriele Carbotti, Alessandra Cosimato, Cristiano Priori, Fabrizio D’Alessio e Lorena Scintu, lo spettacolo è assicurato e le emozioni triplicate.

Ssshhh, fate silenzio. Si apre il sipario.

Un inizio col botto, perdonatemi l’espressione.
C’è Andrea, interpretato magistralmente da Gabriele Carbotti, su un letto. Poi a turno arrivano Marco (Cristiano Priori), Sergio (Fabrizio D’Alessio), Debby (Ludovica Di Donato) e Giada (Lorena Scintu). Sara (Alessandra Cosimato) è sempre in ritardo: arriva almeno venti minuti dopo l’inizio delle prove.

No, non le prove per Ypokritài, lo spettacolo messo in scena al Petrolini, ma alle prove dei protagonisti dello spettacolo stesso.
Si tratta infatti di sei ragazzi alle prese con una loro sceneggiatura.
Si arrangiano come possono, grazie all’aiuto del papà di Marco che è riuscito a fargli concedere il ‘dietro le quinte’ di un teatro.

‘Dietro le quinte’ è la parola chiave di Ypokritài.
Lo spettacolo del 1994 racconta e svela, a 19 anni dalla sua prima edizione e con un testo che è valido ancora oggi, i segreti, i vizi, le virtù non solo del mondo dello spettacolo, ma della vita di ognuno di noi.
Insomma, Patrizio Cigliano, autore e regista dello spettacolo e teatrante italiano più premiato, si è divertito a giocare sul doppio senso della parola Ypokritài: in greco attori, falsità in italiano. E d’altra parte sia gli ipocriti, sia gli attori indossano abitualmente una maschera. I primi per abitudine, i secondi per mestiere.

Ma fino a che punto gli ipocriti possono considerarsi attori, e quando gli attori smettono di recitare?
Ieri Luigi Pirandello e le sue maschere; oggi Patrizio Cigliano e i sei talentuosissimi attori alle prese con le Ypocrisie di un mondo che fa un uso smodato della maschera, da quando si sveglia a quando va a dormire, e ben oltre il palcoscenico.

Immedesimatevi.
Sì, perché questa rappresentazione è una sublime metonimia: tra risate (perché si ride da morire, davvero!), amori, passioni, ipocondrie (se non andate a vedere a teatro Andrea, Gabriele Carbotti, fidatevi, vi perdete tanto!), tradimenti, figli che impicciano la vita, copioni che hanno bisogno di ‘nomi di richiamo’ (sì, perché Cigliano mica si limita a denunciare l’Ypocrisia dei giorni nostri, ma si spinge ben oltre), questo gruppo di sei ragazzi altro non è che lo specchio di un mondo che va nel senso in cui noi lo conduciamo.
Tutto dipende da noi, e se il mondo va così è solo a causa nostra.
Ludovica, Alessandra, Gabriele, Fabrizio, Lorena e Cristiano non hanno colpa alcuna, se non quella di denunciare pubblicamente una realtà che nessuno vuole vedere.
E perché poi indagare? Si finge per convenienza; smascherarsi, eliminerebbe ogni vantaggio.

A peggiorare le cose, lo ‘Spray della verità’, destinato a diventare l’invenzione del Secolo, che condisce la sceneggiatura spalancando il sipario sull’Ypocrisia dei sei ragazzi, mettendoli a nudo.
Chi tradisce, chi ama per convenienza, chi non vuole accorgersi delle menzogne, chi pensa solo a se stesso.
Per questo fa paura, lo ‘Spray della verità’.
Basterebbe qualche spruzzata per arrivare alla verità, minando vite private, società, politica, sentimenti, rapporti interpersonali. Tutto rischia di cadere sotto i colpi di uno ‘Spray’, e di colpo lealtà-verità-onestà-sincerità non sono più ideali da rincorrere ciecamente. Tutti scendono in piazza per difendere il loro diritto alla menzogna: gli scheletri stanno bene nell’armadio.

E Ypokritài è come lo ‘Spray della verità’: divertente ma tragico, esilarante ma drammatico.

Mentre i sei ragazzi cercano di superare rancori e discussioni, Cigliano racconta al pubblico un’altra realtà oltre quella dell’Ypocrisia. Si tratta delle difficoltà che tutti i giovani gruppi teatrali autogestiti devono fronteggiare per allestire e mettere in scena (se ci riescono) uno spettacolo.
È attravero la voce di Arnoldo Foà, che Cigliano denuncia il lassismo delle istituzioni nei confronti delle arti e dello spettacolo.

Io vi consiglio di non perderveli, questi ragazzi.
Ludovica di Donato, Alessandra Cosimato, Gabriele Carbotti, Lorena Scintu, Cristiano Priori e Fabrizio D’Alessio al Petrolini non ci sono più, ma il 12 aprile saranno a Formello, unica data.

L’INTERVISTA A:

DEBBY, LUDOVICA DI DONATO:

1) Lo spray della verità ha un ruolo importante nello spettacolo, e nel gruppo. Spalanca il sipario sull’Ypocrisia del gruppo. Perché tanta ricerca della verità in un mondo fatto di ipocrisia?
La stessa Debby risponde: "non ha senso che un'invenzione basata sulla verità abbia tanto successo in un mondo basato sull'ipocrisia". Nessuno lo/la vuole. Si fanno manifestazioni contro il gas e fondamentalmente contro la verità. Perché se la verità venisse a galla, cosa accadrebbe veramente? Ai nostri personaggi questo accade. Non credo ci sia una vera ricerca della verità. Senza saperlo forse sono ipocriti anche in questo. Fanno un po' finta, si convincono di qualcosa che possa andare bene a loro stessi e agli altri. E credo che valga per loro quanto per noi, personaggi della nostra vita. La verità quella vera la conosciamo solo noi stessi. Forse.

2) Questo spettacolo è assolutamente ironico, ma ad un attento osservatore non sfugge una denuncia sociale. Fate vivere al pubblico un 'dietro le quinte' difficile e burrascoso. La realtà dei gruppi teatrali meno conosciuti è la stessa?
Personalmente ti dico che secondo me c'è anche di peggio. I sei personaggi, sono anche troppo scoperti. Spesso si incombe in persone molto più subdole e cattive direi. Loro alla fine dei giochi esplodono, per un attimo la Verità se la dicono. Nella vita reale (soprattutto quella teatrale) non sempre è cosi. Però non è neanche giusto fare di tutta un'erba un fascio. Ho avuto e ho la fortuna di lavorare con attori (in primis i miei colleghi di Ypokritai) estremamente sinceri, che credono in quello che stanno facendo e che soprattutto credono nella forza di un gruppo, di una coesione. E non è poco. Le compagnie meno conosciute vengono aiutate poco; non portano e non hanno profitto, non posseggono il celeberrimo 'nome di richiamo', le istituzioni tendono ad ostacolarne la crescita e in una situazione come questa è necessario e fondamentale avere l'appoggio del proprio gruppo per non mollare mai.

3)Fingere sul palco e finire per portare la finzione nella vita di tutti i giorni: è un rischio che può correre un attore?
No, distinguiamo le due cose. L'attore porta in scena una storia verosimile, con un bagaglio di emozioni, sentimenti, reazioni, il tutto mixato con tecnica, prove e calcoli matematici (quasi). Non porta in scena falsità. Un buon attore crede veramente in quello che sta succedendo in scena. Ma il nostro mestiere richiede anche controllo, ascolto, memoria. La vita di tutti i giorni è un'altra cosa, è un altro mondo. L'attore è per prima cosa un essere umano con una sua personalità e una propria indole e poi sale sul palco. Parliamoci chiaro; non c'è bisogno di essere attori per condire la propria vita di falsità.

ANDREA, GABRIELE CARBOTTI:

1) Più volte, durante lo spettacolo, intervengono voci esterne. Si tratta di interviste al potente di turno, che riferisce di iniziative e progetti per il teatro e per i giovani puntualmente disattesi. Qual è la situazione, oggi?
Intanto è un onore poter dire che la voce del 'potentone' è niente di meno che il grande Arnoldo Foà, che prestò la sua meravigliosa interpretazione sia dalla prima edizione dello spettacolo, pensate, 18 anni fa circa.
Per rispondere alla domanda posso dire che la buona volontà palesata dalle istituzioni sta portando a qualcosa di interessante per il Teatro giovane, speriamo che in un modo o nell'altro il meccanismo meritocratico faccia emergere realtà di spessore. Per quanto riguarda noi.. Seguono aggiornamenti succosi.. A proposito di "salvare i talenti"!

2) Si fa spesso riferimento al “nome di richiamo”. Quanto conta nella realtà? E quanto condiziona lo spettatore nella scelta dello spettacolo cui assistere?
Fate un giro per i botteghini teatrali, guardate la fila. Quella più lunga è sicuramente per un reduce dell'isola dei famosi o un'attore di fiction. Non parlo di qualità, perchè a volte i risultati sono eccellenti, ma è un dato di fatto che il pubblico si senta più sicuro di investire una propria serata in un nome che ha modo di vedere in tv, a volte è un bene, a volte no. Ma è così anche nelle compagnie 'off'. C'è roba bellissima, ma c'è anche un'infinità di immondizia.

3) L’Ypocrisia del gruppo è in qualche modo assimilabile all’Ypocrisia che viviamo noi tutti ogni giorno?
Eccome! Questo spettacolo, pur parlando di un ambiente non frequentato da tutti, ha la forza di entrare nel cuore di qualunque spettatore, proprio perché le 'persone' descritte nel testo, sono VERE. Reali. Del resto l'autore Patrizio Cigliano è proprio intorno alla verità che ha costruito il suo lavoro.

SARA, ALESSANDRA COSIMATO:

1) Voi raccontate di un difficile e burrascoso 'dietro le quinte', sia per quanto riguarda i rapporti personali, sia per quanto riguarda l'allestimento. Un gruppo giovane, senza 'nomi di richiamo', come fa ad emergere oggi?
Un gruppo giovane oggi non emerge. Le difficoltà sono troppe, e c'è chi molla. Noi stiamo resistendo ma a fatica perché il lavoro che c'è dietro ad uno spettacolo è molto impegnativo e il guadagno è nullo. E' un traguardo già riuscire a portare a teatro addetti ai lavori che possano apprezzarci e magari sperare in un lavoro futuro; per noi è come una vetrina. Però non si può vivere così a lungo.

2) Questo spettacolo ha 18 anni. Pirandello faceva delle maschere le protagoniste dei suoi romanzi già dai primi del '900. Insomma: l'uomo non cambia mai. C'è da aver paura davvero di questo 'Spray della verità'?
Beh, per quanto mi riguarda se si potesse vivere la vita con estrema sincerità e verità tra tutti, io camperei meglio. Ma questo si sa non è' possibile, soprattutto in una società corrotta come la nostra.
Questo spettacolo secondo me arriva perchè è molto più interessante la verità della finzione, è come quando si guarda al telegiornale una tragedia dietro l'altra, il commento che viene da fare è davvero che la realtà supera la fantasia. E il teatro fa esattamente questo,riproduce la vita con le sue verità nascoste.

3) Sara si fidanza con Debby per convenienza: per lei anche fare da assistente è un modo come un altro per farsi notare. Quante Sara ci sono nel mondo dello spettacolo di oggi, e quanti talenti sacrifica la furbizia delle varie Sara? Fino a che punto il 'nome di richiamo' può prevaricare sul merito?
Risponderò raccontando un episodio che mi è successo un anno fa. Ero stata presa per girare tre pose in una fiction ma prima di poter gioire e di averne la sicurezza ho dovuto aspettare che la 'raccomandata di turno' senza aver sostenuto il provino decidesse che tre pose per lei erano troppo poche e quindi decidesse di lasciare a me il lavoro. Ecco di episodi come questo(e anche più gravi) il teatro e il cinema italiano sono pieni. Dipende da noi, da quanto ancora ci andrà di resistere.

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