Al Teatro Greco va in scena “Figli di un Dio minore”

Premio Festival Borgio Verezzi 2016, Premio Persefone Speciale del Presidente Maurizio Costanzo e Targa “Carmelo Rocca” dal pubblico giovane 2016

Teatro Greco di Roma dal 9 al 19 febbraio 2017 va in scena “Figli di un Dio minore” di Mark Medoff, traduzione di Lorenzo Gioielli, con Giorgio Lupano e Rita Mazza e con Cristina Fondi, Francesco Magali, Gianluca Teneggi e Deborah Donadio

Premio Festival Borgio Verezzi 2016, Premio Persefone Speciale del Presidente Maurizio Costanzo e Targa “Carmelo Rocca” dal pubblico giovane 2016, dopo aver commosso le platee italiane nella scorsa stagione, torna a Roma, a grande richiesta, il racconto della storia d’amore fra l’insegnante logopedista James e l’allieva Sara.

Lo spettacolo, unico nel suo genere perché si rivolge tanto agli udenti che ai non udenti, pone con delicatezza e poesia l’attenzione su una minoranza invisibile, quella dei sordi e getta luce su quella sottile linea in cui universi comunicativi si incontrano.  

Il testo teatrale “Figli di un Dio minore” di Mark Medoff è stato scritto nel 1978 e messo in scena negli Stati Uniti nel 1980: quella versione in lingua inglese fu ospitata al Festival dei Due Mondi di Spoleto sempre nel 1980 (unica rappresentazione di questo testo in Italia), mentre la trasposizione cinematografica, interpretata da William Hurt, meritò nel 1986 cinque nomination agli Oscar e la protagonista femminile Marlee Matlin vinse per quell’interpretazione l’Oscar e il Golden Globe.

Gli anni nulla hanno potuto sull’attualità e la freschezza di un testo, tuttora inedito nel nostro Paese, che ha oggi la forza di un classico contemporaneo. La commedia, per la regia di Marco Mattolini, calibra perfettamente i momenti emozionanti a quelli sentimentali ed ironici, raccontando il delicato testo di Mark Medoff che negli anni Ottanta fu un pluripremiato film con William Hurt e Marlee Matlin: la storia d’amore fra Sara, una ragazza sorda (Rita Mazza) e il suo logopedista professor James (Giorgio Lupano). Lo spettacolo è frutto di un intenso lavoro da parte dei protagonisti che attraverso la parola, le immagini, i segni, i giochi di luci e ombre riescono a suscitare un turbinio di emozioni e a presentare una commedia davvero originale e coinvolgente.

Note di Regia: Non ricordo quando ho letto per la primavolta “Figli di un dio minore”.  Provo a ricostruire. Deve essere stato all’inizio degli anni ’ 80, prima che uscisse il film (1968) il quale, nonostante la grande interpretazione di William Hurt e del premio Oscar Marlee Matlin, mi deluse nel  suo  aver    hollywoodianamente    privilegiato  la storia  d’ amore, comprimendo  molto    tutti  gli  aspetti  socialmente  emblematici  che  attraverso  i  sordi, riguardano  tutte  le  minoranze  oppresse.  Mi era piaciuta invece la versione francese che avevo visto in precedenza a Parigi: la sua scarna essenzialità, le emozioni e i significati affidati ad un gruppo di affiatatissimi attori, i tanti ambienti suggeriti dal movimento di poche panche e qualche sgabello.  L’avevano intitolata Les enfants    du silence. Mi chiesi perché avessero sacrificato un titolo poetico e significativo come Children of a lesser God.  Da quegli anni lontani ho cercato invano, a piùriprese, di “montare” il progetto: proponendolo a produttori, attori, festival, sforzandomi di sottolineare come    il testo ha il pregio di affrontare una tematica importante, senza mai annoiare, alternando momenti di emozione con situazioni ironiche e divertenti. A chi mi chiede perché non ci sia riuscito fino ad oggi a realizzare il progetto, nonostante il successo del film e l’Oscar assegnato alla sua protagonista, rispondo candidamente che molto è dipeso dal fatto che dei due protagonisti la ragazza deve essere sorda, condizione indispensabile e sacrosanta imposta dall’ autore e l‘ uomo deve conoscere    la lingua dei segni. 

Quando ho proposto il testo a Giorgio Lupano, giovane attore di solida formazione che si è fatto esperienza e nome attraverso la gavetta teatrale e alcune fortunate fiction, non mi è sembrato vero di sentire il suo sì entusiasta.  Insieme siamo andati in cerca di una produzione professionale che accettasse una protagonista sorda, senza nome, altri due attori giovani sordastri da aggiungere a due professionisti udenti sulla cinquantina. Dopo più di due anni siamo riusciti  a  unire  le  forze  di  due  imprese teatrali  solide  e  coraggiose  che  hanno  accettato  di  farsi  carico  di  una  ulteriore  sfida:  quella  di   promuovere  e finanziare,  assieme    all’ Istituto  Statale   Sordi  di  Roma,   un  seminario  propedeutico, precedente  all’inizio  delle  prove    che, rivolgendosi  ad  attori,  esperti  di  comunicazione, interpreti professionisti sordi ed udenti si  ponesse  l’ obbiettivo di studiare le modalità per rendere lo spettacolo il più accessibile possibile alle persone sorde e agli udenti senza l’ uso di sovra titoli o di interpreti segnanti a fianco del palcoscenico.

I sette incontri di una giornata ciascuno, con la partecipazione attenta e costante di una ventina di persone, hanno consentito il confronto tra i due mondi sulle diverse tematiche della messa in scena in uno scambio vivace e continuo. Così è avvenuto, ad esempio, che si è sperimentato, sotto la guida del compositore, la percezione delle vibrazioni di vari tipi di musica in una grande platea attraverso il supporto materiale di un palloncino tenuto tra le mani.

Si è partiti dal confronto tra il film e la commedia.  Si  sono   esplorate  diverse  possibili soluzioni  nella  traduzione  e  l’ adattamento    del  testo  dall’ inglese  all’ italiano  alla  LIS  che fossero le più linguisticamente e teatralmente efficaci, nonché le divergenze e convergenze fra  la  lingua  dei  segni  e  l’espressione  teatrale  sperimentate  sia  in  un  contesto  di  dialogo ravvicinato  che  in  quello  ampio  palco-platea  dei  teatri  Sala  Umberto  e Brancaccino, coinvolgendo gli attori, con minore o maggiore esperienza, nelle prove di singole scene. Ci si confrontati anche sulla parte visuale dello spettacolo, utilissima alla comprensione dei sordi anche nelle scene solo parlate. 

L’apporto determinante  della  mediateca  dell’ ISSR  e  il    seminario  stesso  sono  stati  anche preziosi   per   la   ricerca   degli   attori   a   partire   dalla   protagonista   Rita   Mazza,   una professionista  italiana  costretta  a  emigrare  in  Francia  e  Germania  per  avere  maggiori possibilità di lavoro, hanno fornito l’occasione per individuare tra le persone sorde gli altri due  interpreti  e  gli  stagisti  che  seguiranno  le  prove  a  fianco  di  regista,  aiuto-regista, disegnatore luci, scenografo-costumista, musicista. 

Sono molto grato a tutti loro per avermi messo in condizione di conoscere da vicino    un mondo e delle realtà umane, espressive, professionali che arricchiranno con la loro diversità il lavoro di tutti. Spero di saper sfruttare al meglio l’occasione di fare un teatro che sappia colmare la distanza, spesso assai forte, fra rito e funzione, riunendo nella partecipazione  e  nel divertimento la comunità del pubblico più diverso. Marco Mattolini

TEATRO GRECO Via Ruggero Leoncavallo, 10 – 00199 ROMA

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