Calcio e fase 2, la Serie A in rivolta contro Governo e Cts

I club ritengono impraticabili le norme del Protocollo per la ripresa e chiedono modifiche. Il Presidente del Coni Malagò ottimista per la ripartenza, non per la conclusione

caos calcio

Stadio di calcio

Quello tra calcio e fase 2 è uno di quei rapporti che nascono logori, in cui la scintilla non scocca mai fin dal principio. Ultimo casus belli è il protocollo stilato dal Comitato tecnico scientifico e approvato dalla Federcalcio, con indicazioni «da considerarsi stringenti e vincolanti». Un documento pensato per favorire la ripresa degli allenamenti collettivi e poi del campionato, ma che al momento sta creando solo perplessità ed esasperazione.

Calcio e fase 2, la rivolta dei presidenti

«Il campionato di Serie A ripartirà il 13 giugno al 99,9%» ha affermato con ottimismo Giovanni Malagò. Aggiungendo però che «una volta ricominciato, non so quando finirà, ci vorrebbe la palla di vetro». Dichiarazione che, al netto della prudenza del Presidente del Coni, indica piuttosto lo scetticismo di chi non sa se l’annata si potrà concludere.

La Lega Serie A, infatti, è in rivolta contro il Governo e il Cts, le cui regole giudica come minimo di difficile applicazione. Tanto che, nella riunione con Figc e medici del calcio, è stato chiesto esplicitamente di modificare almeno tre punti. Si tratta del ritiro in “clausura”, della quarantena di squadra in caso di positività di un tesserato e della responsabilità penale dei medici sociali.

Questi i nodi che il Presidente della Federcalcio Gabriele Gravina ha ricevuto il mandato di sottoporre al Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora. Il quale però, nel frattempo, ha ribadito che «i calciatori non sono come le commesse di un supermercato, lì è possibile distanziamento sociale, mascherine, guanti in caso di un positivo. Nel calcio no, è uno sport di contatto».

È fin troppo ovvio che la priorità sia rappresentata dalla salute, e su questo aspetto non c’è naturalmente da discutere. La diatriba, in effetti, riguarda le soluzioni individuate dagli esperti governativi.

Conte contro Conte

Per esempio, il ritiro precampionato che dovrebbe portare all’ormai celebre bolla protettiva viene ritenuto impraticabile per motivi puramente logistici. Sarebbe infatti troppo complicato trovare un albergo a uso esclusivo per due settimane – eccezion fatta per la Juventus che ha a disposizione il J-Hotel. Tanto che società come Inter, Milan, Roma e Napoli hanno già annunciato l’intenzione di non riprendere neppure gli allenamenti di squadra.

La Beneamata è la società che guida la fronda contraria alle scelte dell’esecutivo rosso-giallo. Il che suona vagamente ironico, considerato che entrambi hanno per condottiero un Conte – il bi-Premier Giuseppe e il tecnico nerazzurro Antonio.

C’è poi la questione dell’isolamento di due settimane dell’intero collettivo nel caso di positività di un singolo giocatore. Se ciò accadesse, il campionato verrebbe nuovamente bloccato, e diventerebbe impossibile portarlo a termine. «Anche perché con 124 partite, spostamenti continui, in 40 giorni è quasi impossibile che non salti fuori un positivo» ha spiegato più di un patron.

Infine, c’è la protesta dei medici sociali, che non hanno alcuna intenzione di farsi trattare da capri espiatori. Soprattutto se si pensa che gli esperti governativi in genere finora non hanno esattamente offerto prove memorabili. Per dire, le perle dei tecnici includono i 5 metri tra due ombrelloni e i 4 metri tra i tavoli dei ristoranti – quando negli autobus si sta distanti un metro.

La Serie A vorrebbe piuttosto un protocollo maggiormente ispirato alle linee guida della tedesca Bundesliga, che risolverebbero tutti i problemi. Ma, evidentemente, c’è momento e momento per seguire la Germania.

Calcio e fase 2, il tackle della politica

Dal momento che il calcio è un’industria molto importante del Paese, con un indotto assai significativo, era inevitabile che la ripresa coinvolgesse anche la politica. Tra tutti i partiti, quello che forse si sta spendendo maggiormente per la ripresa è Italia Viva.

Neanche il Pd, però, sta con le mani in mano, e per bocca della deputata Patrizia Prestipino ha lanciato un appello al Governo. «La politica si assuma le sue responsabilità, il Ministro ci dica se si riapre o non si riapre».

In effetti, un intervento dell’esecutivo sarebbe opportuno anche per fornire gli strumenti legali contro eventuali, assurdi ricorsi. Così come sarebbe auspicabile stabilire anticipatamente il da farsi in caso di fine prematura e definitiva della stagione.

L’opzione migliore sarebbe probabilmente quella di non assegnare il tricolore, limitandosi a fissare i piazzamenti necessari alla Uefa per delineare le prossime Coppe europee. Al contempo, si dovrebbero bloccare retrocessioni e promozioni, anche se sarebbe ingiusto verso il Benevento che sta dominando la Serie B. Potrebbe però prendere il posto del Brescia, visto che il presidente Massimo Cellino ci tiene tanto a finire tra i cadetti.

È una provocazione, sia chiaro. Che però mette un luce un ulteriore discorso, quello degli egoismi e dei personalismi.

Tra salute ed egoismo

«Se facciamo 2-3 partite e poi chiudiamo, abbiamo fatto un doppio danno», è stato il j’accuse del patron dell’Udinese Giampaolo Pozzo. «Ripartire è l’interesse forse di 2-3, qualcuno vuole vincere lo scudetto al posto di un altro, altri vogliono entrare nelle coppe».

Bersaglio privilegiato e innominato del numero uno friulano era il suo omologo laziale Claudio Lotito. Il presidente della Lazio sta spingendo più di tutti per la ripartenza, il che è comprensibile, considerata la quasi irripetibilità delle attuali condizioni di classifica.

In effetti, i biancocelesti potrebbero anche essere già usciti dal seminato, se è vero che hanno organizzato partitelle “tre contro tre”. In barba alle regole sul distanziamento sociale e al fatto che erano stati autorizzati solo gli allenamenti individuali.

La Procura Federale ha avviato le indagini e potrebbe aprire presto un fascicolo. Intanto ha attivato un pool ispettivo col compito di verificare «che gli allenamenti dei club professionistici» si svolgano «secondo quanto previsto dai Protocolli».

Insomma, tra calcio e fase 2 continua a non correre buon sangue. E, visto il periodo – e la persistenza di certi bislacchi comportamenti -, non sarebbe male avere, accanto ai test sierologici, anche dei test seriologici.

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