Coronavirus: Ma il rischio è reale? C’è il pericolo caduta libera per l’Italia

Un allarme ha senso alla prima doverosa segnalazione di un’emergenza. Ribadirlo più tardi è inutile, anzi controproducente

Nessun messaggio al mondo trasmette solo ciò che intende consapevolmente trasmettere. Da un lato infatti può trasmettere altri elementi o sentimenti o umori che sfuggono all’autocontrollo conscio dell’emittente: dall’altro può suscitare nel ricevente o nei riceventi associazioni mentali, sentimenti, ricordi, attese, speranze o delusioni del tutto difformi dalle aspettative di chi emette il messaggio. Il misfit tra emittente e ricevente è tanto più disfunzionale quanto più il messaggio implica contenuti di forte valenza emotiva.

L’attuale diffusione epidemica dell’influenza da Coronavirus si accompagna ad una parallela diffusione “epidemica” di messaggi sull’andamento del contagio e sulle misure di contrasto, che ha oramai assunto una rilevanza ed un livello di conflittualità tale da sovrapporsi come un pesante, inamovibile involucro sulle vicende specifiche della malattia: in altre parole, la guerra sanitaria contro l’epidemia sta decisamente convertendosi in una turbinosa guerra tra messaggi in grado di provocare nella collettività le più svariate, alternanti, perplesse, confuse, impulsive modalità di reazione.

Alla naturale paura del contagio epidemico si aggiunge quindi l’incertezza derivante dal divario di opinioni e di proposte, in ordine al contrasto all’epidemia, tra i politici ma anche tra i tecnici. L’incertezza produce a sua volta ansia e ulteriore paura, innescando una pericolosa spirale di nevrosi di massa che certamente non rappresenta la condizione di spirito più augurabile di fronte alle sfide di un’epidemia che potrebbe tradursi in pandemia planetaria, tale da mettere in crisi la capacità di risposta dei servizi sanitari.

Cosi, le cronache ci attestano stuoli di persone sanissime che al primo insignificante disturbo affollano e bloccano ogni possibile sede di assistenza sanitaria, come pure, per contro, numerosi viaggiatori delle linee aeree che irresponsabilmente si imbottiscono di Tachipirina per eludere i controlli termoelettronici effettuati allo sbarco. Nei luoghi classificati come “focolai” e sottoposti ad una sorta di coprifuoco, c’è perfino chi soffre talvolta la fame pur di non esporsi all’ambiente esterno, mentre altri eludono ripetutamente le restrizioni di circolazione, incrementando il rischio del contagio.

Ma anche tra i politici e i tecnici si riscontrano le posizioni più svariate, tali da far confondere le idee ai cittadini. Accenniamo prima ai medici di più notoria expertise sul problema. La Dottoressa Gismondo dell’Ospedale “Sacco” di Milano si fa portavoce dei medici che valutano l’attuale epidemia come non più preoccupante di qualsiasi altra epidemia annuale di influenza. Il Dottor Burioni e la Dottoressa Capua, con molti altri, paventano invece la possibilità di una pandemia ad alto tasso di letalità, e quindi invocano dai politici d’Italia e del mondo intero le più drastiche misure coattive di contenimento.

I politici antigovernativi criticano le vere o presunte imperfezioni delle misure antiepidemiche attuate dal Governo, mentre quest’ultimo ovviamente sostiene a spada tratta la validità e la tempestività delle azioni poste in essere.

A nostro sommesso avviso, è vero che certe misure iniziali potevano essere meglio organizzate, ma è ancora più vero che una perfezione ineccepibile è di fatto impossibile, specie in tempi ristretti e di fronte ad eventi del tutto anomali, e che gli accorgimenti adottati in Italia sono stati molto più drastici e restrittivi rispetto a quelli adottati dagli altri paesi europei, buona parte dei quali -guarda caso- stanno ora ripercorrendo le stesse vie cautelative già seguite dall’Italia.

Ma a questo proposito ci si trova di fronte ad uno strano paradosso. Proprio il Paese più rigoroso nelle misure di contrasto si trova ad ospitare un numero di contagiati e di deceduti per complicanze di gran lunga più elevato rispetto ad ogni altro Paese europeo. Ne è conseguita una sequela di disdette di soggiorni turistici in Italia, un rovinoso calo dei contatti commerciali e dei viaggi aerei, un crollo del 6% della Borsa di Milano ed una funerea previsione al ribasso del PIL di quest’anno e del prossimo.

In pratica, la nevrosi di massa si è pericolosamente avvicinata ad una condizione di panico e ad un circolo vizioso dalle conseguenze sicuramente infauste. Non siamo affatto convinti della plausibilità di questo pessimismo che alimenta sé stesso ma che “a monte” è alimentato dai messaggi allarmistici cui la collettività ha conferito una credibilità esasperata.

In effetti, un tasso di letalità del 3% circa in Cina, dell’1% scarso in altri Paesi e del 3% in Italia ma solo per pazienti tra i 77 e gli 88 anni d’età, a fronte di un virus inedito contro il quale nessuno risulta vaccinato, risulta perfino inferiore a quello riscontrabile in certe annate di influenza “normale”.

Che fare allora? Non essendo né un politico né un tecnico non dispongo di ricette risolutive. Ma credo che agire con drastico rigore, diramando però solo messaggi costruttivi e propositivi -facendola finita con ormai tardivi, inutili e ansiogeni messaggi d’allarme, come pure con gli interminabili dibattiti radotelevisivi- migliorerebbe decisamente la situazione complessiva.

*Articolo curato da Gaetano Arezzo.

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