Crisi di Governo: più dell’onor potrà la poltrona?

Dopo la cena tra Zingaretti e Di Maio entra nel vivo la trattativa Pd-M5S, il programma è tutto un (inquietante) programma

Per dare un’idea dell’irritazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sta girando sui social una vignetta che si potrebbe definire “sottotitoli sleali”: raffigura il Capo dello Stato davanti al microfono, con le braccia larghe e un’espressione apparentemente sconcertata, ed è corredata dalla didascalia (finta, naturalmente): “Adesso avete rotto…”

Che la traduzione dal lessico quirinalizio sia quantomeno verosimile lo potrebbe indicare l’ultimatum lanciato dal Colle ai partiti della “trattativa”: avete tempo fino a martedì, poi sciolgo le Camere.

È ironico che questo aut aut stia costringendo a un superlavoro proprio coloro che si oppongono alle elezioni per paura di doversi trovare un lavoro. Tra l’altro, a quanto sembra l’accordo sarebbe anche in salita.

Il leader dem Nicola Zingaretti aveva presentato tre punti «irrinunciabili» che sono magicamente tornati cinque dopo le vibranti proteste dei renziani. Se il segretario ha difficoltà con numeri così semplici, figuriamoci nel momento in cui dovesse mettere mano alla Manovra.

Nel frattempo, l’ex Premier Matteo Renzi si è scagliato contro il presidente del partito (e suo successore a Palazzo Chigi) Paolo Gentiloni, accusandolo di voler sabotare la possibile intesa col M5S. A conferma della vocazione tafazzista del Partito Democratico e dei suoi capi.

Zingaretti, per dirne un’altra, aveva l’occasione per sbarazzarsi una volta per tutte dell’ex Rottamatore, invece ne ha inconsciamente assecondato tutte le strategie, dimostrando definitivamente che, se c’è un leader al Nazareno, non è di certo il Governatore del Lazio. È l’altro Matteo che fa e disfa a suo piacimento, e il suo annuncio di non voler entrare nell’eventuale Governo giallo-rosso dovrebbe allarmare, non certo rassicurare: sarebbe infatti un modo per tenersi le mani libere senza doversi intestare decisioni impopolari e futuri fallimenti – molto probabili, in un esecutivo che metterebbe insieme perdenti e incompetenti.

Peraltro, se come affermava James Freeman Clarke «un politico guarda alle prossime elezioni» (in senso negativo, perché uno statista guarda alla prossima generazione), in questo caso anche i politici sembrano latitare. L’intesa tra due partiti in declino e caratterizzati dalla cupio dissolvi, infatti, molto probabilmente ridurrà sempre più i rispettivi bacini elettorali e al contempo porterà valanghe di voti alla Lega – oltre a essere terribilmente deleteria per l’Italia.

Su questo aspetto basta vedere i punti su cui Pd e MoVimento potrebbero trovare la quadra. Dall’abolizione dei Decreti Sicurezza alle baggianate ambientaliste alle ossessioni giustizialiste, il programma è tutto un (inquietante) programma, che pare scritto apposta per solleticare gli istinti onanistici dell’house organ ufficioso dei Cinque Stelle – che significa travagli(o) per il resto del Paese.

Il primo incontro tra le delegazioni dem e pentastellate (o di pidioti e grullini, come amabilmente si apostrofavano prima di scoprire la comune passione per il dolce far niente) si è svolto in un clima definito positivo e costruttivo. Il tempo però stringe, e il Quirinale aspetta. È l’insostenibile leggerezza di essere Mattarella.

Tra pochi giorni si saprà tutto: anche se, più dell’onor, avrà potuto la poltrona.

La foto del Presidente Sergio Mattarella dal sito del Quirinale

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