Dna, Generale Garofano: “Subito una legge per la banca dati”

Intervista al Generale Luciano Garofano, comandante del Ris di Parma dal 1995 al 2009, che chiede la banca dati del Dna

L’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio, un arresto a cui si è giunti attraverso l'analisi di tracce di Dna lasciate dall'omocida sugli indumenti della ragazza, ha mosso di nuovo le aspettative di chi ritiene fondamentale una banca dati del Dna .

Abbiamo sentito il Generale Luciano Garofano, che dal 1995 fino al 2009 è stato comandante del R.I.S. di Parma (Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche), chiamato sulla scena di molti casi giudiziari avvenuti negli ultimi decenni nel nord Italia (la strage di Erba, il serial killer Bilancia, il caso Cogne).

D- Il valore del test del Dna, se è così importante perché non diventa una consuetudine?

R– Credo che questo sia uno dei grandi misteri di questo paese, io mi sono speso moltissimo insieme ai colleghi della polizia per avere una banca dati del Dna, pensate che una bozza di legge era pronta dal 2004 siamo nel 2014 e ancora non abbiamo una banca del Dna… Siamo il fanalino di coda del mondo. Il Dna non è la panacea ovviamente ma è lo strumento più potente dal punta di vista investigativo e se è vero che questa indagine è il risultato della coniugazione delle indagini tradizionali con quelle scientifiche, è ancora più vero che se non fosse stato isolato quel Dna da quei pantaloni non avremmo avuto alcuna idea investigativa da esplorare. E’ uno strumento irrinunciabile, ora dobbiamo aspettare gli esiti conclusivi ma vi posso dire per essere stato protagonista allora con i miei uomini del Ris di Parma che questo risultato è sicuramente certo, cioè quella traccia sui leggings corrisponde a questo signore, poi dovrà essere lui a dover spiegare e a dimostrare come ci è finita.

D- Quindi lei dà per sicuro il risultato del Dna e cioè dire “quella traccia corrisponde al 99,9%” è un modo scaramantico oppure c’è una possibilità minima dello 0,1% che il responsabile possa essere anche un gemello ignoto?

R- E’ una forma di cautela, perché in realtà noi esprimiamo in termini numerici la compatibilità, perché lo facciamo sulla base di studi di popolazione ma visto che oggi si analizzano più di trenta regioni del Dna, io posso dire che quel 99% è certezza, cioè a fronte delle analisi che abbiamo fatto delle regioni che oggi analizziamo quel Dna può essere solo di quel soggetto, è una forma di cautela dire 99% ma è certezza.

D- Le tracce fisiologiche e lo sperma dell’assassino, sono rimaste tre mesi sulla biancheria della ragazza prima che il corpo fosse ritrovato, in balia degli elementi, se il corpo fosse stato trovato dopo  sei mesi o un anno, quelle tracce sarebbero state comunque utili per risalire al Dna?

R– Certo e questo rafforza l’attenzione che noi inquirenti dobbiamo porre sulla scena del crimine, anche una scena del crimine apparentemente devastata, contaminata e soprattutto gli indumenti delle vittime, esibiscono sempre tracce fondamentali, ora siccome l’analisi del Dna nel frattempo è diventata sempre più sensibile e sempre più affidabile, ricordo che sono state fatte analisi  su ossa di migliaia di anni fa, c’è una specificità incredibile, anche tracce contaminate e comunque esposte alle intemperie oggi possono avere una risposta. Non tutto è scontato, bisogna avere capacità in laboratorio ma insomma rispetto a 20 anni fa, quando abbiamo iniziato questo tipo di analisi, oggi veramente avviene quasi l’impossibile. E’ bene sempre avere un atteggiamento ottimistico e soprattutto sulla scena del crimine e poi in laboratorio coi reperti della vittima essere estremamente attenti a preservare anche quel poco che abbiamo a disposizione.

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