Figlia Nicolini scrive a Raggi: non cancellate l’Estate romana

“Per favore non fatelo! Lasciate Roma ancora in grado di stupire, di far innamorare di sé anche le sue cittadine e i suoi cittadini”

figlia nicolini scrive a raggi

L'Estate romana

Renato Nicolini, ex assessore alla Cultura del comune di Roma, morto nel 2012, è considerato l’ideatore dell’Estate Romana. La manifestazione è stata concepita nel 1977 per avvicinare il grande pubblico alla cultura. La figlia di Nicolini scrive alla sindaca di Roma, Virginia Raggi: 

“Ho esitato un paio di settimane prima di scrivere queste righe. E forse non l’avrei fatto se non fossi stata stimolata dalle numerose reazioni che ho letto sui social media.

Da parecchi anni infatti nolente o volente ho lasciato la città di Roma trasferendomi a Francoforte sul Meno così come ho pensato che, in linea di massima, non sarebbe toccato a me difendere l’opera di mio padre Renato Nicolini, nota come Estate romana.

Dopo aver letto le presunte ragioni che hanno portato a voler ‘superare’ l’Estate Romana per creare ‘Romarama’ non ho potuto fare a meno di prendere parola. Se non altro per cercare di uscire da quella condizione di sbigottimento, sorpresa e amarezza con cui ho reagito apprendendo questa notizia”.

Inizia così la lunga lettera, pubblicata sulla rivista Micromega, che Ottavia Nicolini scrive alla sindaca di Roma, Virginia Raggi, e al vicesindaco con delega alla Crescita culturale, Luca Bergamo, a proposito della loro decisione di togliere il nome Estate romana alle manifestazioni estive nella Capitale.

Figlia di Renato Nicolini scrive a Virginia Raggi

“Voi affermate di voler andare oltre quell’esperienza – scrive Ottavia Nicolini – ma così facendo non vi rendete conto che, cancellando il nome dell’Estate romana, avete di fatto contribuito a dissipare e sprecare uno dei pochi tesori nascosti che la città di Roma aveva ancora da offrire ai suoi abitanti.

Con questa scelta avete deciso di tagliare quel filo immaginario e simbolico con il passato per fare un salto nel nulla, visto che il termine Romarama di per sé non evoca nulla se non un brand da supermercato in stile giapponese e/o una città rognosa (grazie alle macchie presenti sul gatto) o al più grama quale Roma(g)rama o Romamara sembra ormai esser diventata”.

Continua Ottavia Nicolini: “Intendiamoci, sicuramente il vicesindaco ha ragione nel constatare che le manifestazioni culturali dell’Estate romana riproposte a partire dagli anni ’90 da Gianni Borgna erano ben diverse da quell’effimero durato nove anni con cui mio padre stesso, ironicamente, amava ricordare il periodo del suo assessorato (tutt’altro che futile) con cui dal 1979 al 1985 sotto le mitiche giunte rosse di Argan, Petroselli e Vetere, la città di Roma si è affermata sul panorama internazionale come centro propulsore di cultura”.

E ancora: “Esisteranno sì e no a mala pena una decina di testi tra libri e riviste che hanno cercato di ricostruire quegli anni, interrogando il successo dell’Estate romana nella sua complessità e analizzandola nei suoi risvolti politici, urbanistici e storici.

Se infatti ‘il fenomeno di Nicolini come Assessore alla Cultura’ è prettamente incastonato in quella particolare costellazione storica della fine degli anni ’70 e inizio anni ’80 che ha reso indubbiamente unica e irripetibile quella stagione, ciò non toglie, a noi posteri, il compito di indagare quella miscela per cercare di riproporla in una nuova versione aggiornata, riveduta e corretta al tempo presente”.

Tuttavia, cosi’ in un altro passaggio della lettera, “questa Amministrazione, annunciando Romarama, non mi sembra assolutamente intenzionata a proseguire questo cammino, preferendo dunque ancora una volta dissipare e sprecare l’ennesima cosa buona presente nella città.

Anzi, essa sembra piuttosto intenzionata a volersi frettolosamente liberare dal confronto (scomodo) con il passato, disfacendo e buttando giù a caso, come un bambino, qualsiasi costruzione che appare alla sua vista, dimostrandosi in questo del tutto incapace di discernere ciò che di buono si era costruito e sedimentato nel tempo da quello che invece deve essere cambiato per far spazio a una nuova visione di città.

Ma qualsiasi teoria psicologica a buon mercato insegna che non ci si può liberare del passato senza prima aver fatto i conti con esso. E su questo punto, in quanto figlia, permettetemi di darvi dei consigli”.

Ottavia Nicolini spiega poi che “non è stato facile neanche per me confrontarmi con la figura di mio padre, con quel padre assente privatamente e presente pubblicamente, capace di stupire con poco e di farsi perdonare anche le carenze pù evidenti grazie alla sua ironia e al suo sorriso.

Eppure dalla sua morte in poi, come capita in qualsiasi elaborazione del lutto, ho cercato di ricostruire diversi passaggi per cercare di appropriarmi di ciò che avrei voluto conservare e ciò che invece avrei voluto dimenticare.

Permettetemi allora di mettervi a parte delle mie riflessioni sul segreto del successo dell’Estate romana, riflessioni che non hanno assolutamente la pretesa di indicare una via quanto piuttosto di mostrare principalmente un atto di cura nei confronti di un padre che non c’è più, come capita a tutte quelle persone che si vogliono prendere cura del proprio passato”.

Gli elementi decisivi dell’Estate Romana

“Tre sono stati gli elementi decisivi che hanno dato vita a quell‘esperienza generazionale unica e irripetibile dell’Estate romana dal 1976 al 1985.

A) il suo carattere di novità; B) l’energia immaginativa che ha saputo sprigionare e C) quella che si potrebbe definire come la creazione di una cittadinanza pubblica felice”.

Nella lettera che la figlia di Nicolini, Ottavia, scrive alla Raggi, spiega ogni punto, ricordando tra l’altro che “il primo segreto dell’Estate romana ha poggiato dunque in prima istanza sulla possibilità di questo incontro inedito tra classi sociali diverse”.

Vi è poi il “senso di meraviglia” e “l’attivazione di una esperienza culturale di felicità pubblica che è stata in grado di creare una comunità di cittadine e cittadini innamorati della propria città, andando oltre il concetto di mera cittadinanza”.

Infine, dunque, “cancellare l’Estate romana significa allora seppellire l’ennesimo tesoro nascosto di questa città, non amarla, lasciarla incustodita e alla mercé di qualsiasi offerente. Farla diventare un ennesimo contenitore senz’anima che deve essere riempito per intrattenere il turista e il cittadino qualunque.

Come in qualsiasi altra città del mondo. Per favore – questo l’appello – non fatelo! Lasciate Roma ancora in grado di stupire, di far innamorare di sé anche le sue cittadine e i suoi cittadini e soprattutto di mostrarsi nella sua unicità spettacolare in una calda sera d’estate”. (Dip/ Dire)

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