Governo, Salvini suona il De profundis e Conte in conferenza stampa si arrabbia

Mattarella convoca Conte al Quirinale, poi la durissima nota del vicepremier: “Troppi no, restituiamo la parola agli elettori”

Alla fine il redde rationem è arrivato al termine di quella che era sembrata una giornata densa di indiscrezioni più che di fatti. Una giornata che si era aperta con la convocazione improvvisa – ma non troppo inattesa – del Premier Giuseppe Conte al Quirinale. Mezz’ora di colloquio che con tutta probabilità era stato richiesto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per verificare la sussistenza delle condizioni per proseguire con l’esperienza del Governo gialloverde. Sui contenuti del dialogo non erano state rilasciate dichiarazioni, anche se è difficile pensare che il Capo dello Stato volesse semplicemente fare all’inquilino di Palazzo Chigi gli auguri per i suoi 55 anni.

A quel punto, consumato il drammatico strappo tra Lega e Cinque Stelle sulla Tav, il vicepremier Matteo Salvini aveva già pronunciato quello che è stato ribattezzato come “editto di Sabaudia”. Dal comune pontino, dopo aver affermato di essere orgoglioso del lavoro svolto nei 14 mesi di Governo, il segretario del Carroccio aveva stigmatizzato i recenti e reiterati “No” dei grillini che avevano rotto qualcosa nell’alleanza. Ed era tornato a evocare la crisi di Governo, precisando però che "l’ultima delle cose che ci interessano è chiedere qualche poltrona in più. Anzi, le sette poltrone della Lega sono disposizione degli italiani, o si possono fare le cose o la parola torna al popolo".

Sembravano più che altro parole utili a disinnescare ante litteram le mine del MoVimento, già pronto a rinfacciare alla Lega l’intenzione di porre fine all’esecutivo solo per sete di potere. Sembrava in effetti che il vero obiettivo del Carroccio fosse un rimpasto. E, d’altronde, il Capitano aveva a sua volta incontrato il Presidente del Consiglio, e secondo alcuni retroscena gli aveva chiesto le teste dei Ministri Toninelli, Trenta, Bonafede – e forse anche Tria.

Una richiesta che avrebbe potuto far saltare il banco, ma che era stata smentita da una nota di via Bellerio. Di fatto, però, c’era attesa. Un’attesa spasmodica. Entrambi i vicepremier avevano annullato i rispettivi impegni per restare nella Capitale, e tra gli onorevoli leghisti non tirava affatto aria di ferie – semmai di mobilitazione. A tutto ciò si era aggiunto il silenzio istituzionale di Conte, che sembrava solo attendere istruzioni dai suoi azionisti di maggioranza.

E finalmente, in serata, è arrivata la nota del Ministro dell’Interno che ha suonato il De Profundis per l’esecutivo. «Inutile andare avanti a colpi di no e di litigi, come nelle ultime settimane, gli Italiani hanno bisogno di certezze e di un governo che faccia» ha tuonato. «L’ho ribadito oggi al presidente Conte: andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav e dai ripetuti insulti a me e alla Lega da parte degli “alleati”, e restituiamo velocemente la parola agli elettori».

Troppe, e troppo ampie erano ormai le divergenze in quello che fin dall’inizio era sembrato un assurdo ircocervo. Economia, giustizia, politica interna, politica estera. E, su tutto, l’incapacità tanto ideologica che genetica dell’alleato grillino di comprendere le necessità e la volontà del Paese. L’Alta Velocità è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Ora la palla passa a Mattarella, che dovrà decidere come gestire la crisi. I tre maggiori partiti, Lega, M5S e Pd si sono già detti pronti al voto anticipato, che dunque resta lo scenario più probabile.

E si attende anche la prossima mossa del Premier Conte, che certo sperava di passare una giornata completamente diversa. Buon compleanno Presidente. E, per citare Giacomo Leopardi, "La tua festa / ch’anco tardi a venir non ti sia grave".

*La foto del Presidente Conte dal sito del Governo

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