Le alghe in cucina, inaspettato alleato della salute

Le alghe da cucina si sono imposte come un ingrediente speziato originale e brioso. Sono nella nostra gastronomia da tempo, anche se molti pensano che siano un’invenzione orientale

Le alghe in cucina, inaspettato alleato della salute

Le alghe da cucina si sono imposte come un ingrediente speziato originale e brioso. Sono nella nostra gastronomia da tempo, anche se molti pensano che siano un’invenzione orientale. Sono nella dieta degli ultracentenari di Okinawa.

Fino a qualche anno fa se trovavi delle alghe nel piatto pensavi a uno scherzo. Le alghe erano erbacce che davano fastidio quando si faceva il bagno e a volta finivano sulle spiagge e marcivano puzzando e creando problemi ai bagnanti d’estate.

Poi è arrivata la cucina cinese e quella giapponese e le alghe fritte nel piatto.  La più famosa è l’alga nori (Porphyra tenera), quella che avvolge il sushi e che, essiccata e sbriciolata, diventa anche un ottimo condimento per minestre e insalata. Viene venduta in fogli. È un vero mix di vitamine A, C e B, acidi grassi omega3 e minerali benefici come manganese, zinco, selenio, oltre allo iodio. Per questo è molto di moda.

Le alghe le troviamo anche nella cucina italiana

Anche nella gastronomia italiana usiamo le alghe. Le zeppoline napoletane per esempio sono un piatto di frittelle di pasta cresciuta, che si prepara con le alghe, la lattuga di mare fresca (Ulva lactuca).

Sono un impasto con farina, lievito di birra, acqua gassata e alga e poi il tutto fritto nell’olio extravergine di oliva. Si trovavano per Spaccanapoli e nei quartieri spagnoli a poche lire.

La lattuga di mare è entrata nella cucina sarda e in quella pugliese. Per esempio negli spaghetti con gamberi, bottarga e lattuga di mare fritta o per condire gustosi piatti di tonno al ristorante da Nicolo a Carloforte, cucina tabarkina (migranti genovesi).

Le alghe si sposano bene con le linguine con cipolla e limone. Si mettono nel soffritto e rosolate velocemente danno alla pasta un profumo di mare inconfondibile. C’è chi le mette nel ripieno dei ravioli emiliani o chi, sulla costa laziale, ci condisce i tagliolini con le alici e le fave.

Ricetta di Gianfranco Pascucci al Porticciolo di Fiumicino. Uno dei pochi che nell’hinterland romano sa come trattare il pesce.

È ricca di sostanze utili al nostro organismo

La lattuga di mare è ricca di calcio, ferro, sali minerali, carotenoidi e vitamina B12, tanto che viene utilizzata anche per la produzione di integratori. Gli chef la conoscono bene e la usano ormai sempre più spesso.

Sul Delta del Po l’aggiungono agli gnocchi con vongole e calamari. È una verdura che riesce ad arricchire e a dare luce a qualsiasi piatto di mare come una spezia.

Se fate il classico risotto di mare o gli spaghetti allo scoglio una lattughina di mare tritata ci sta a meraviglia. Sorprenderà chi l’assaggia e farà guadagnare punti a chi la usa.

Le alghe rosse non sono inquinate è una specie a parte

La chiamano mauru, nella zona di Acireale e a Catania, un’alga rossa locale (Chondrus crispus, Calliblepharis jubata, Grateloupia filicina e Gigartina acicularis) che si prepara condita semplicemente con acqua e limone.

Un concentrato di profumo di mare. Una volta se ne trovavano tante, ora con l’inquinamento, sono diventate rare e costose. Chi le ha scoperte sono i botteghini dello street food, il cibo di strada.

Da noi c’è dai tempi di Roma antica, figuriamoci se ci impressionano le parole inglesi! Come mangiare con le mani, lo facevano i romani come lo fanno tutt’ora i berberi e certe tribù arabe o caucasiche.

A Milano, cuochi che non conoscono la storia ma vanno in televisione, lo chiamano finger food perché fa tendenza, ma non fatevi prendere in giro, non hanno inventato niente.

Poi vanno in giro vantandosi di non usare l’aglio in cucina, così le signore della “Milano dell’apparire” approvano un cuoco che invece dovrebbe conoscere e valorizzare la gastronomia mediterranea, dove l’aglio non può mancare!

Ma “il mondo è bello perché è avariato” diceva Totò e oggi questo motto si adatta molto bene al livello di certi cucinieri, non chiamiamoli chef, perché non sono a capo di niente.

Il vero Made in Italy è la conoscenza, il saper fare dell’artigiano

Tra le alghe d’importazione in Italia si sta diffondendo la spirulinaalga verde azzurra di piccole dimensioni, d’acqua dolce, di origine messicana.

Il vegetale più ricco di proteine che si conosca. Sono state avviate le prime coltivazioni in Toscana e in Puglia nella speranza che la nostra gastronomia, in futuro, ne tragga giovamento. Dobbiamo ricordare che la gran parte dei prodotti che compongono quello che tutti chiamiamo Made in Italy, arrivano dall’estero.

I pomodori, le patate, il caffè e il cacao dall’America, la pasta dalla Cina, le spezie dall’Oriente, le bufale dall’India, anche se ormai sono qui da 1.000 anni e sono state selezionate come una razza a parte.

Tutto quello che utilizziamo in cucina è frutto di contaminazioni culturali e trasformazioni che diventano tradizioni. Ci dovrebbero riflettere i sostenitori dei valori etnici nazionali. Tutto nella storia dell’umanità è frutto di scambio e di contaminazione.

Noi stessi siamo i discendenti di un miscuglio di popoli che si sono avvicendati nel nostro Paese. Non li sto neanche a ripetere, ma se volete farlo voi provate, poi vi renderete conto che essere Italiani, geneticamente, non significa niente di omogeneo.

È anche il bello della biologia, la biodiversità. Quindi quello che ci identifica è altro dalla genetica. Il genio non sta nel prodotto che nasce in casa ma nel know how, ovvero nel come lo tratti, come lo allevi, come lo utilizzi, come lo trasformi.  I

Il vero Made in Italy è la conoscenza, il saper fare, che nessun cinese potrà copiarci. O l’apprendi da un artigiano regionale o non ce l’avrai mai. Chi sono i primi copiatori del Made in Italy all’estero? Gli Italiani emigrati o i loro discendenti. Perché sanno come si fa il vino, il salame, il prosciutto, il formaggio… se non lo sai non viene bene.

Le qualità delle alghe in mano agli chef

La varietà di alghe orientali utilizzabili in cucina è molto ampia: oltre all’alga nori c’è la kombu (Laminaria digitata o Laminaria japonica), è un’alga bruna molto usata come base del dashi. Si trova essiccata e si può usare anche cruda come spuntino da sgranocchiare. È ricca di iodio e contiene molte fibre sazianti per questo è consigliata nelle diete. La wakame (Undaria pinnatifida), simile a uno spago, da mangiare cruda nelle insalate estive.

È un’alga bruna, ingrediente principale della zuppa di miso e nel ramen. Ottima anche per condire il riso e con il tofu. È ricchissima di iodio e apporta molte fibre. Per questo è indicata nelle diete perché sazia e stimola la digestione.

La dulse (Rhodymenia palmata), alga rossa che si trova anche nel Nord Europa, da cuocere al vapore o saltata in padella. Ricca di ferro, potassio, vitamine A e C l’alga dulse è un ricostituente e un immunostimolante naturale. Si mangia cruda e bollita ed è ottima nelle frittate, nelle zuppe di verdura e nelle torte salate. L’alga arame è dolce e delicata e per questo molto piacevole in tutte le ricette. Viene venduta sotto forma di lunghi filamenti. Da saltare in padella e mangiare come contorno al seitan o al tempeh, l’arame aiuta anche a far scendere i valori della pressione sanguigna.

Antonino Cannavacciuolo, lo chef napoletano famoso anche per la sua carriera televisiva, come presentatore del programma Cucine da incubo e giudice nel noto talent Masterchef, che della cucina ha solo l’apparenza, ha al suo attivo delle pietanze in cui riesce a coniugare la tradizione napoletana con le alghe.

Gli gnocchetti di baccalà, con alghe e tartufo di mare per esempio, sono un primo ricco di gusto e profumi ma anche di fonti minerali e vitaminiche. Il branzino con alga nori e l’alga spaghetto di mare.  Grazie alla sferificazione poi le alghe marine vengono trasformate in una specie di caviale di mare, che potrebbe andare bene anche per i vegani.

Potrebbero essere uno dei cibi del futuro!

Le alghe sono una delle prime forme di vita apparse negli oceani e sulla Terra. Sono le principali produttrici di ossigeno: grosso modo ne esistono 30.000 specie, ma molte di esse, specie il cosiddetto fitoplancton, sfuggono ancora ad una classificazione per via delle loro dimensioni microscopiche.

Per molti le alghe, facili da coltivare e anche da conservare, ricche di ferro, vitamine, minerali e proteine vegetali saranno uno dei cibi del futuro. Un alimento per tutti e sostenibile perché non richiede uso di terreni e concimi chimici e, soprattutto nel caso delle microalghe come la spirulina, ha moltissima resa produttiva.

Sono un condimento facile che consente di sostituire il sale, possono entrare nella formula di hamburger ma anche per sostituire la carne, in alternativa ai legumi e perfino nelle birre.

Qui non parliamo di tutte le specie ma solo delle alghe commestibili, quelle che usiamo in cucina. Indicate per chi segue una dieta priva di proteine animali, possono contribuire con un notevole apporto proteico e sono anche ricche di vitamine e minerali.

Abbiamo già citato la wakame, la nori e la dulse. Ne restano altre quattro, la kombu che viene utilizzata cruda o cotta, e si sposa bene coi legumi o nelle zuppe; l’agar agar usato come addensante nella preparazione dei dolci; la kelp, un’alga ricca di iodio, ottima bollita con poi aggiunto sesamo, peperoncino e salsa di soia e la salicornia, l’asparago dei poveri.

Uno dei cibi degli ultracentenari dell’isola di Okinawa

Ci sono anche delle controindicazioni. Le alghe assorbono dall’acqua le sostanze nutritive ma anche tutto il resto. Nel caso della kelp bisogna fare attenzione alla quantità di iodio. La tiroide lo usa per produrre ormoni, i quali a loro volta influenzano il metabolismo, la formazione ossea e il cervello.

Valori troppo bassi o troppo alti di iodio possono alterare il funzionamento corretto della tiroide. Chi ha di questi problemi eviti le alghe. La salicornia, si trova sulle rive delle lagune, nelle zone salmastre. Come dice il nome sa di sale.

Chi ha problemi con il sale deve farci attenzione. Se ricordo bene è quella che cresce nella baia dell’Abbazia di Mont Saint Michel, in Normandia, quella che si allaga con le maree. Quando il mare si ritrae le pecore se la mangiano e così il loro latte viene già salato.

La vidi una volta mentre giravo un servizio per un programma che facevo per la7 nel Gargano, vicino a un lago salato. In effetti si suoi fiori sembrano dei piccoli asparagi. Dicono che la si usi anche per produrre combustibile ecologico per gli aerei.

Nelle alghe sono presenti ottime percentuali di acidi grassi polinsaturi, che aumentano il trofismo e il benessere dei tessuti, pelle per prima. Quindi sono disintossicanti e perfette dopo un periodo in cui abbiamo abbondato con i cibi grassi e nello stesso tempo anti-invecchiamento.

In particolare l’alga bruna ito-mozuku, entra anche fra i cibi consumati abitualmente dai centenari dell’isola di Okinawa in Giappone, una delle Blue Zone, in cui si vive più a lungo e meglio e forse sono anche il segreto della pelle liscia e giovane delle donne orientali.