Le piante sono più intelligenti degli uomini. Ecco le prove

Le piante sono più intelligenti degli uomini, anche se potrebbe sembrare un’affermazione azzardata, la scienza non ha dubbi: ecco le prove

Una ragazza in mezzo agli alberi

Dovremmo cambiare il nostro approccio alla conoscenza del mondo che ci circonda, secondo il prof. Stefano Mancuso, biologo, e smetterla di considerarci specie superiore, dotata di intelligenza e spiritualità mentre il resto ne sarebbe privo. In gioco c’è la nostra sopravvivenza.

Nella nostra concezione l’uomo è un animale dotato di intelligenza e per questo superiore agli altri animali. Abbiamo deciso anche che noi abbiamo una spiritualità, un’anima mentre il resto della vita sul pianeta non ce l’ha. Più recentemente è sorto un movimento di pensiero, spesso su posizioni vegetariane e vegane, per cui tutti gli animali hanno i nostri stesi diritti e non possiamo utilizzarli come cibo ma rispettarli e proteggerli. Queste persone hanno deciso per questo di cibarsi solo di vegetali, come esseri che non possono aspirare allo stesso rispetto degli animali, almeno non tanto da non diventare cibo per noi.

Dal punto di vista scientifico il nostro modo di pensare è che gli animali sono esseri superiori perché sono appunto animati, ovvero hanno la facoltà di potersi muovere nell’ambiente. Questo permette loro di adattarsi meglio alle difficoltà ambientali e di potersi difendere, per esempio con la fuga, se non esistono altre opportunità. Una pianta non può muoversi e questo la rende più fragile, più attaccabile, quindi deve essere non intelligente, l’intelligenza non le servirebbe a niente. Tutto infondato.

Le piante, sono intelligenti in altri modi

Quando ho sentito parlare di un altro modo di essere intelligente del mondo vegetale sono rimasto sorpreso e incredulo. Di fatto noi siamo portati a valutare tutto, noi e il mondo attorno a noi, con il nostro metro di giudizio. È normale.

È logico ma non è, mi si passi l’ironia, intelligente. Siccome noi abbiamo un cervello, un cuore, due occhi, due orecchie, due gambe, due braccia immaginiamo che questa sia la struttura migliore per vivere sulla Terra. Che una pianta bloccata su un terreno e impossibilitata a muoversi e priva di un cervello non sia neanche paragonabile alla nostra struttura biologica. Non è così.

Il professor Stefano Mancuso, biologo, dirige il Laboratorio di neurobiologia vegetale all’Università di Firenze, sostiene che le piante possano offrire un modello per la modernità, le piante sono intelligenti e sono di capitale importanza per il benessere della vita umana, sia dal punto di vista biologico che psicologico.

Le piante sono il 98,5% del peso di tutta la vita del pianeta

Se potessimo pesare tutta la massa degli esseri animati, mettendo insieme animali, mammiferi, insetti, rettili, pesci, uccelli, tutti, il peso sarebbe pari allo 0,3%n dell’intera vita esistente sulla Terra.

Prendendo in considerazione i funghi, tutti i funghi, arriveremmo all’1,3%, quindi i funghi valgono in peso più di tutti gli animali. Se prendessimo le piante, tute le forme vegetali esistenti arriveremmo al 98,5%!

Se l’intelligenza è una prerogativa degli esseri dotati di cervello, il 98,5% della vita sarebbe fatta da entità organiche stupide, che reagiscono in maniera meccanica all’ambiente? È possibile mai? La Bibbia dice che Noè salvò gli animali dal diluvio universale ma non le piante. Questo evidenzia il nostro modo di pensare, tipico delle leggende di tutte le culture, sia chiaro. Però fu un ramoscello d’ulivo che gli indicò la fine del diluvio e quando scese dall’arca la prima cosa che fece fu piantare un albero di vite. Olivo e Vite, vedete che simboli forti abbiamo nel nostro vissuto collettivo. Lo stesso Aristotile riteneva il mondo vegetale più prossimo a quello inorganico poi dovette ricredersi perché anche le piante si riproducono. Generalmente il nostro modo di pensare è fermo ad Aristotile.

Gli umani sono la specie più stupida mai apparsa sulla Terra

Dal punto di vista evolutivo noi non consideriamo mai che la nostra specie ha solo 300.000 anni vi vita su questo pianeta e che la vita media delle specie che lo abitano, media eh, è di 5 milioni di anni. Voi onestamente pensate che l’uomo sarà in grado di raggiungere i 5 milioni di anni, per restare in media con le altre specie? Io non credo. Dovremmo quindi abbassare la cresta e diventare più umili. Dobbiamo anzi ammettere che noi siamo la prima specie apparsa sulla Terra che rischia seriamente di autodistruggersi e danneggiare anche l’ambiente in cui vive compromettendone gli equilibri, duramente conquistati, nel corso della millenaria evoluzione.

Siamo in poche parole non i più intelligenti ma i più stupidi. Come sempre accade i più stupidi non si rendono conto di esserlo e si comportano come fossero i più furbi, facendosi del male. Tra l’altro giova ricordare che sono le piante a produrre ossigeno, un prodotto di scarto del loro metabolismo. Quindi noi dipendiamo dalla presenza delle piante, perché senza ossigeno non potremmo vivere e grazie al loro prodotto di scarto!

Una diversa organizzazione per resistere meglio e più a lungo

Le piante sono organismi pionieri, dice Mancuso. Usano pochissima energia, e ne producono più di quanta ne consumano. Sono autotrofe, cioè energeticamente autosufficienti, perché la loro sopravvivenza in termini di nutrimento, contrariamente alla nostra, non dipende da altri esseri viventi. Le piante da fiore (angiosperme) sono la grande maggioranza e sono apparse sul pianeta dopo l’apparizione dei mammiferi. Questi sono organismi molto moderni ed evoluti.
Sono molto, molto diverse da noi su due dimensioni fondamentali: lo spazio e il tempo. Le piante nascono e muoiono nello stesso posto: sono organismi sessili, cioè con radici.
Quando sei radicato e non ti puoi muovere allora devi essere davvero bravo a saper reagire alle avversità ed avere strategie più sofisticate di quelle che può mettere in atto un animale, che di fronte a un attacco si può nascondere o rispetto a un incendio è in grado di fuggire.

Se avessero organi singoli come i nostri: un cuore, un pancreas, un cervello, un fegato… se chi ti attacca ne mangia uno tu sei perso, muori. Le piante non sono strutturate come noi, evolutivamente sono anzi migliori di noi, perché non hanno organi singoli. Non sono individui. Etimologicamente individuo significa “in dividuus” ossia non divisibile. Le piante sono modulari. Se tu ne recidi una parte (la talea) da lì la pianta è in gradi di riprodursi, di continuare a vivere. Hanno diffuso in tutto il loro corpo le funzioni che noi animali abbiamo concentrate in singoli organi. Il fatto che non possano fuggire ha reso possibile che abbiano sviluppato una maggiore sensibilità rispetto alla nostra verso i pericoli. Le piante avvertono prima di noi un pericolo in maniera da porvi riparo in tempo.

Le piante, sono così intelligenti che apprendono e comunicano

Si pensava, sbagliando, che le piante a differenza da  noi, non possono imparare e comunicare, non hanno la parola. Ma la parola non è l’unica forma per comunicare. Ancora una volta noi usiamo la nostra condizione per giudicare dall’alto il mondo, ritenerci figli di un Dio, specie eletta e giudicare cosa è giusto e cosa no e cosa è primo nella gerarchia della vita e cosa viene dopo.

Le piante possono percepire 20 diversi parametri chimici e fisici, possono memorizzare e imparare. Sono stati eseguiti esperimenti in laboratorio da cui si desume che le piante imparano dall’esperienza e reagiscono diversamente quando si ripete lo stesso evento che sanno non essere pericoloso. Comunicano tra loro con le molecole, non con il linguaggio fonetico, ma con un sistema più sofisticato del nostro che ci appare così evoluto e invece pecca di molti limiti.

L’uomo comunica con la parola ma non per questo ci si intende alla perfezione. Gli equivoci e gli errori sono all’ordine del giorno e si pensa che la telepatia sarebbe un sistema più evoluto per comunicare. Infatti lo attribuiamo agli extraterrestri nei film di fantascienza. Probabilmente invece è un sistema più ancestrale e più profondo, solo che forse lo abbiamo perduto, grazie alle nostre conquiste culturali che ci hanno allontanato dalla natura.

Le piante sono intelligenti perché percepiscono i cambiamenti

Se definiamo intelligenza la capacità di percepire i cambiamenti esterni e di agire nella maniera più adeguata, allora dovremmo dedurre che le piante sono molto più intelligenti di noi. Dice il professor Mancuso “che anche una muffa, il Phisarum polycephalum, un organismo unicellulare sa trovare la strada più breve per raggiungere il suo cibo favorito (avena) in un labirinto.” Se metti un topolino in un labirinto impiega del tempo per trovare l’uscita, commettendo degli errori, ma poi impara. Un organismo vegetale, una radice per esempio, no, sa sempre dove andare e non perde tempo.
Il tempo delle piante è più lento. Tuttavia quando acceleriamo il loro tempo, usando una ripresa in time-lapse, vediamo che si muovono, eccome. In maniera stupefacente. Sanno sempre come e perché muoversi. Le piante insomma dimostrano che il nostro modo di essere e di pensare è vittima della nostra supponenza e riduttività a leggere il mondo attorno a noi. Siamo esseri limitati e pensiamo di essere superiori, abbiamo una intelligenza concentrata in un organo e ci riteniamo in grado di essere un modello per la natura, quando siamo solo una delle tante forme di vita presenti sulla Terra e neanche la più evoluta biologicamente. La più pericolosa si, ma soprattutto per noi stessi. Per il pianeta la nostra possibile estinzione non è fonte di preoccupazione, affatto, lui c’era prima e ci sarà dopo la nostra dipartita. La Terra ha davanti a sé qualcosa come 5 miliardi di anni prima che la stella nana chiamata Sole estingua la propria riserva di gas e imploda gettando nel buio l’intero sistema solare. La Terra ha tutto il tempo per scordarsi del nostro inutile passaggio, con tutte le nostre credenze, ideologie e ritualità.

Le piante agiscono come una rete

Sono un’alternanza di nodi e connessioni – sostiene Mancuso – qualcosa di completamente differente rispetto alla struttura degli animali, ma costituite da colonie di moduli, del tutto simili alle strutture adottate dagli insetti sociali, esempio virtuoso di organizzazione comunitaria.” Dovremmo anziché ritenerci superiori imparare dal sistema di funzionamento delle piante. Noi continuiamo a distruggere ettari di bosco al ritmo di 3.000 al giorno. Diminuiamo gli spazi di vita di altri esseri viventi per cementificare e inquinare. Poi veniamo sopraffatti da frane e inondazioni per nostra stessa colpa, per aver distrutto il territorio in cui noi stessi viviamo e averlo reso pericoloso per la nostra stessa vita. Vi sembra una specie superiore quella che si comporta così? Neanche le api o le formiche arrivano a tanto.

Conosciamo appena il 20-30 per cento delle piante che esistono sul pianeta. Di queste, il 70 per cento è in via di estinzione. Come molte delle specie animali del resto. Noi usiamo energia (ossigeno) e farmaci (principi attivi) che vengono dalle piante. Noi dipendiamo dalle piante e non solo non possiamo dimenticarcene, dobbiamo cambiare modo di pensarci e di pensarle se vogliamo continuare a evolverci.

Il dilemma: Sono intelligenti allora meglio non mangiare le piante?

Mancuso risponde: “Noi abbiamo il nostro posto nella catena alimentare e le piante hanno il loro. E poi: il fatto che la cipolla sia buona ci persuade non solo a mangiarla, ma anche a prendercene cura e a coltivarla. Ho la sensazione che il tema sia un altro. Forse varrebbe la pena di smettere di far fuori biodiversità vegetale. Forse potremmo chiederci se l’agricoltura intensiva, oltre a esaurire il suolo e a desertificarlo, non renda le piante più stupide, cioè più incapaci di reagire in modo autonomo alle avversità esterne. Soprattutto, dovremmo recuperare rispetto e meraviglia per la vita che ci circonda, animale e vegetale. E ricordarci che abitiamo il nostro pianeta non da soli, e che il pianeta non è per niente solo nostro. Potremmo paragonare l’uomo ad un bambino con in mano un martello: non sapendolo usare bene, lo utilizza per distruggere ciò che gli sta intorno. Abbiamo uno strumento potentissimo in mano, il nostro cervello, ma dobbiamo imparare ad usarlo davvero bene”.

In definitiva siamo tutti parte della catena alimentare, le piante, gli animali e i funghi hanno tutti un loro posto, noi stessi siamo cibo per i batteri quando moriamo o cibo per una belva se attaccati per essere mangiati. Dovremmo evitare gli allevamenti intensivi, l’industrializzazione dell’agricoltura, tornare a un’economia circolare in cui non vi siano sprechi e produzione di rifiuti dannosi per la vita sul pianeta, come le plastiche che ormai inondano i mari. Dovremmo cercare di essere meno stupidi e di non credere di essere una specie superiore. È un processo lento ma inevitabile se vogliamo sopravvivere. L’alternativa è la nostra estinzione e in quel caso, diciamolo, non sarebbe poi un gran male.