Lo spirito impuro e la parola di Gesù:”Taci! Esci da lui!”

Il Vangelo di oggi ci mette fortunatamente davanti a una Parola di calibro: è la parola di Gesù; chi l’ascolta se ne accorge subito

Il Capocordata in montagna

Il Capocordata

Il primo capitolo del Vangelo di Marco (Mc. 1, 21-28) descrive una “giornata tipo” di Gesù a Cafarnao, dalla mattina sino al tramonto del sole. Cafarnao è il villaggio in cui Gesù viene accolto in casa da Pietro. Cafarnao significa “villaggio della consolazione e della bellezza”: il suo destino si compie in Gesù, vero consolatore, Gesù il più bello dei figli dell’uomo: è lui che porta una Parola capace di lenire il dolore e donare consolazione.

Il sabato

In giorno di Sabato Gesù insegna nella sinagoga di Cafarnao (v. 21). Il sabato è un dono straordinario che Dio ha fatto a Israele. Interrompendo ogni lavoro, il fedele manifesta la sua fede in Dio. La tradizione ebraica ricorda che il sabato viene accolto con l’accensione delle candele; Gesù entra nella sinagoga portando la vera luce, e si presenta nella sinagoga di sabato, compiendo questa attesa.

L’insegnamento

Nella sinagoga Gesù insegna, vale a dire compie una delle sue attività principali. La missione di Gesù è quindi qualificata come un ministero della Parola, attraverso il quale si illumina la mente degli ascoltatori e li si introduce alla vera sapienza. La parola di Gesù, tuttavia, non è solo una comunicazione di informazioni, ma si presenta come un’azione efficace: “Insegnava loro come uno che ha autorità” (v. 22). Il termine “exusia” indica la capacità e il potere di un governo effettivo: questo tipo di potere è esercitato con la parola, perché realizza quanto enuncia; la Parola che è capace di avere un effetto concreto nella realtà.

Lo spirito impuro

Un uomo che aveva uno “spirito impuro” (v. 23) comincia quindi a gridare. Il demonio che abita nell’uomo si manifesta con un grido scomposto: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il Santo di Dio” (v. 24). Ma Gesù non è venuto per “rovinare” ma per salvare e dare la vita. L’appellativo “Santo di Dio” è usato dallo spirito impuro per esaltare ancora di più il distacco e la distanza di Dio dall’uomo, senza riconoscere che Dio è santo perché ama il peccatore. La santità di Dio si manifesta perfettamente in Gesù, il quale si avvicina agli uomini proprio perché non vuole che nessuno sia perduto.

Taci! (v. 25)

Gesù non si limita a rispondere, ma rimprovera con autorità lo spirito impuro, senza entrare in dialogo, ma costringendolo a tacere. La tradizione cristiana ha collegato questo atteggiamento di Gesù al consiglio saggio di far tacere i pensieri che provengono dal maligno. Dopo questo segno, la gente rimane stupita e confusa di fronte alla straordinaria autorità di Gesù: “un insegnamento nuovo, dato con autorità” (v. 27).

In ambiente ebraico si praticavano gli esorcismi (cacciare i demoni), ma il rituale prevedeva che l’esorcista fondasse la propria azione sul nome di Dio e non su di sé. Al contrario Gesù si rivolge allo spirito impuro in maniera diretta manifestando così la forza della sua Parola sulle tentazioni e sulle forze che tengono l’uomo prigioniero.

Una parola autorevole

Valanghe di parole si rovesciano su di noi ogni giorno sotto forme diverse: il loro peso specifico, però, si fa sempre più evanescente. Sono parole “leggere”, che scivolano via. Sono parole “interessate”, dettate da un vantaggio concreto che si propongono. Sono parole “gridate”, parole che vorrebbero catturare l’attenzione, attirare consensi.

Il Vangelo di oggi ci mette fortunatamente davanti a una Parola di calibro ben diverso: è la parola di Gesù, una parola autorevole, di cui si avverte il peso, l’efficacia, la forza. Non viene pronunciata per esprimere delle idee; non è la parola dei dotti, la parola astuta degli intelligenti. E’ piuttosto una parola che va dritta alla persona: raggiunge l’intelligenza, scalda il cuore, ne cambia la vita. Ed è questo che la rende autentica, vera. Porta con sé un vigore, un’energia, un dinamismo, capace di trasformare la realtà.

Chi l’ascolta se ne accorge subito, coglie la differenza che la distingue e ne resta ammirato, stupito, perché si accorge di trovarsi davanti a qualcosa di grande, di potente, che riesce a sbaragliare le forze del male. E’ una parola generata dall’amore: un amore smisurato, disinteressato, limpido. E’ proprio questo che costituisce la sua diversità: reca con sé l’amore di Dio, un amore che, se accolto, guarisce, trasfigura, fa vivere in modo nuovo.

E’ una parola colma di luce: rischiara l’esistenza, ma senza abbagliare; indica la strada, ma senza costringere; illumina anche gli anfratti del cuore, ma senza ferire. E’ una parola creatrice: sottrae a tutto ciò che distrugge gli uomini, a quello che si oppone a Dio, a quanto intacca la possibilità di crescere e di raggiungere una pienezza. Il discepolo di Gesù non può fare a meno di questa Parola: essa è il suo cibo, la sua risorsa, la sorgente di una saggezza sconosciuta.

O Signore, ce ne accorgiamo anche noi, oggi, quando permettiamo alla tua Parola di rivelare e guarire le malattie che ci portiamo dietro da troppo tempo e di spalancare davanti a noi gli orizzonti inesplorati del tuo splendido progetto d’amore.

Purtroppo siamo diventati “sordi” a questa Parola, perché frastornati da tante “chiacchiere” inutili e accattivanti.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Ficco, 2024; Laurita, 2024.