Religione, “Chi viene a me non avrà più fame”

di Il capocordata

Comincia in questa domenica la lettura (Gv. 6, 24-35) della discussione, nella sinagoga di Cafarnao, sul pane di vita tra Gesù e i Giudei, dopo la moltiplicazione dei pani e la notturna traversata del mare, durante la quale Gesù rivela ai discepoli la sua gloria (vv. 19-20).

Una sequenza di domande e risposte

Più che un discorso sul pane di vita è una discussione: si contano infatti sette volte in cui i Giudei domandano e Gesù risponde; e risponde in modo tale da suscitare delle reazioni, via via sempre più negative, che si esprimono in nuove domande e obiezioni. Alla fine l’ottava domanda viene rivolta da Gesù ai discepoli: “Volete  andarvene anche voi?” (v. 68). E come risposta si staglia la professione di fede di Pietro: “Tu solo hai parole di vita eterna” (v. 69).

La sequenza delle domande-obiezioni e delle risposte di Gesù permette di intravedere uno sviluppo tematico abbastanza lineare. Dopo aver invitato i Giudei a procurarsi “il cibo che rimane per la vita eterna” (v. 27), aiutato anche dalle loro domande e obiezioni, Gesù spiega in profondità le varie parti di cui si compone la sua esortazione, fino a giungere a livelli assolutamente inediti, che richiedono un’accoglienza e una nuova fede in lui, fede che troverà solo nei discepoli. Il testo che si legge oggi include le prime quattro domande, con le relative risposte di Gesù. Dopo la quarta domanda si legge comunque solo l’inizio della risposta, che così viene a fungere da conclusione del testo odierno.

I Giudei non sanno dove Gesù sia (“quando la folla vide che Gesù non era più là” v. 24), tornano a Cafarnao e lo cercano (“si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù” v. 24). La loro prima domanda rievoca al lettore il racconto precedente, cioè la rivelazione notturna di Gesù ai discepoli affaticati a remare: “Rabbì, quando sei venuto qua?” (v. 25). Gesù, come il Signore nel deserto, rivela ai discepoli la sua gloria quando cammina sulle acque e dice loro di non temere, ed essi lo accolgono sulla barca.

Un segno da vedere

Nella sua risposta Gesù esordisce invitando i Giudei a rettificare la loro intenzione: “voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati” (v. 26). Per prima cosa denuncia il loro essere ripiegati sulla ricerca di un vantaggio materiale e povero, che non risponde davvero alle loro reali esigenze. Saziarsi per un giorno significa solo rimandare il problema della fame, e del suo senso, sia fisico che spirituale. Gesù dice di aver dato loro piuttosto un “segno da vedere”, di aver aperto loro una via alla verità, e va avanti spiegando che cosa voleva condividere con loro.

“Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna” (v. 27). Con il suo segno, egli voleva consegnare loro un cibo nuovo, cibo capace di offrire la vita eterna. Questo cibo egli li invita a prendere, e a prenderlo da chi può darlo, il Figlio dell’uomo: “che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di lui il padre, Dio, ha messo il suo sigillo” (v. 27). Su di lui Dio ha posto la sua piena e definitiva autorizzazione. Fin qui l’annuncio dell’argomento di cui Gesù vuole parlare. I Giudei allora domandano che cosa devono fare per compiere le opere richieste da Dio, e Gesù risponde dicendo che occorre credere in Colui che Dio, il Padre, ha mandato.

Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo?” (v. 30). I Giudei chiedono a Gesù un segno per dimostrare la sua autorizzazione divina. Dio ha dato da mangiare ai loro padri nel deserto un pane dal cielo. Con questo essi oppongono la loro tradizione religiosa, gli eventi del passato e le loro interpretazioni canoniche, all’esperienza del presente. Oppongono qualcosa che sanno a qualcosa che stanno vivendo. Usano il grande passato di Israele per misurare il presente e non sono propensi ad accettare la possibilità che nel loro presente possa avvenire qualcosa di nuovo, di assolutamente inedito eppure coerente con il passato, un passato che a rigore non è proprio loro, ma dei loro antenati.

Gesù, infatti, ribatte opponendo i soggetti e poi i tempi del donare il pane dal cielo. Proprio perché non è stato Mosè ma Dio a fare questo, occorre disporsi ad accettare ogni nuova rivelazione in questo presente, in particolare il dono del nuovo cibo per la vita eterna, e colui al quale Dio ha affidato tale cibo perché lo distribuisca a tutti, fino all’eterna sazietà: “Non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio…Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo” (vv. 32-33).

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