Sentenza Usa, il rabbino: “Per ebraismo aborto non è sempre concesso né sempre proibito”

Nell’ebraismo, rispetto al cristianesimo, vi sono posizioni più articolate in merito all’interruzione di gravidanza volontaria

Riccardo Di Segni

Riccardo Di Segni

Cosa ne pensa l’ebraismo ortodosso della sentenza della Corte suprema americana sull’aborto?

“Nell’ebraismo non tutti gli aborti sono permessi e non tutti sono proibiti. Certamente l’ebraismo ortodosso non accetta la posizione della totale libertà di decisione sostenuta ideologicamente da molti gruppi né i rigori assoluti degli antiabortisti”, spiega il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, intervistato da Shalom, il magazine online della Comunità ebraica romana.

Rabbino Di Segni

Aborto, il rabbino: “Tutelare anche la salute psicofisica della madre”

Nell’ebraismo, ricorda Di Segni, “l’aborto è un evento negativo. La perdita di un feto è considerata una disgrazia. Vi sono delle condizioni nelle quali questa disgrazia può essere il male minore, a fronte di mali peggiori. Ed è il caso in cui bisogna scegliere tra il feto e la vita della madre, e la preferenza è per la madre. In tutte le altre situazioni c’è una discussione articolata e non c’è sempre unanimità.

L’opinione prevalente è che si debba tutelare non solo la vita ma anche la salute fisica e mentale della madre messa a grave rischio da una gravidanza. Su alcune situazioni drammatiche come il riscontro di gravi malformazioni fetali le opinioni non sono unanimi. Se a seguito di uno stupro c’è una gravidanza indesiderata, c’è chi permette l’aborto”.

Aborto nell’ebraismo, complicato invocare il diritto religioso

In Italia, continua il rabbino capo di Roma, “l’aborto è permesso e l’ebrea che vuole abortire o non abortire decide usando lo spazio di libertà concessole dalla legge. Se dovesse tornare il divieto in alcuni casi (come ora negli Stati Uniti) ci troveremmo in difficoltà ma sarebbe complicato invocare il diritto religioso.

È un po’ quello che è successo con i referendum sulla procreazione assistita, in cui la legge proibisce cose a noi permesse (come la diagnosi preimpianto). In quel caso abbiamo fatto sentire la nostra voce per rappresentare che non si può sempre parlare in nome della religione come se tutte le religioni la pensassero allo stesso modo”.

Di Segni tiene a far conoscere il pensiero ebraico perché “esiste una tendenziosa contrapposizione manichea tra religione e laicità, dove per religione si intende quella cattolica. Il nostro pensiero non può essere omologato a quello di altri, come qualcuno sta tentando di fare. Mi sta bene dire che le religioni sono unite a tutelare gli indifesi. Ma quando c’è una donna incinta per aver subito una violenza chi è l’indifeso?”.